A pochi anni di distanza dalla nascita della Psicologia Ambientale, un nuovo modo di progettare prende terreno spostando il fulcro dell’attività dalla esclusività del progettista a una dialettica tra lo stesso e i destinatari.
Questo nuovo sistema di progettazione nasce verso la fine degli anni’80 e prende il nome di “progettazione sociale” (social design). L’obiettivo è quello di creare un metodo più inclusivo e maggiormente centrato sui bisogni dell’utente finale in modo da creare spazi che siano affini con le esigenze e richieste di quest’ultimo.
La progettazione sociale fonda la sua esistenza sul fatto che spesso la progettazione di un edificio assume un significato differente per l’architetto e per il “non-architetto”; i criteri di valutazione e le aspettative delle due parti possono essere molto diverse tra loro essendo centrate, per alcuni architetti, esclusivamente sulle qualità estetiche o tecnologiche dell’edificio a scapito, purtroppo, della vivibilità degli spazi.
La storia riposta che già nel XXVIII secolo l’esigenza di questa forma di progettazione iniziava a farsi strada; è questo il caso, ad esempio, della Narrenturm dell’Università di Vienna. L’ edificio fu costruito nel 1784 su richiesta dell’imperatore Giuseppe II e destinato a divenire il primo ospedale psichiatrico inteso come luogo di segregazione e cura per pazienti psichiatrici. Tuttavia la sua forma circolare e la disposizione delle camere lungo la circonferenza non fece altro che amplificare le urla dei degenti provocando un aumento delle crisi, dei sintomi e di conseguente stress per il personale. La progettazione architettonica dell’ospedale creò così una situazione ambientale insostenibile e ad oggi l’edificio è destinato al museo di anatomia patologica (Costa M. 2010).