Il successo di Erdoğan

Creato il 31 marzo 2014 da Istanbulavrupa

Il rischio di un tracollo era reale, ma Recep Tayyip Erdoğan e il Partito della giustizia e dello sviluppo hanno vinto anche le amministrative di ieri. A spoglio praticamente concluso - ma i dati sono ufficiosi, non ufficiali - l'Akp si attesta infatti tra il 45 e il 46%, circa 4 punti meno delle politiche del 2011 ma 7 in più rispetto alle amministrative del 2009, seguito dal Chp kemalista al 28%, dal Mhp nazionalista al 15%, dal Bdp/Hdp filo curdo con circa il 5%. Quel che è più importante, però, è che il partito del premier conserva le due città decisive di Istanbul e Ankara: la prima nettamente, la seconda sul filo del rasoio dopo che i due contendenti - il sindaco uscente dell'Akp, Melih Gökçek e lo sfidante Chp, ma ex Mhp, Mansur Yavaş - avevano entrambi proclamato la vittoria in serata. Le operazioni di spoglio sono state in effetti caotiche: silenzio da parte della Suprema commissione elettorale (Ysk), dati contrastanti diffusi dalle agenzie di stampa, segnalazioni di irregolarità comunque episodiche, black-out sospetti; sul trionfo politico di Erdoğan non ci sono però dubbi: le elezioni erano sostanzialmente un referendum sulla sua leadership politica, la risposta è stata nel complesso positiva. Pe il resto, ognuno ha mantenuto le proprie roccaforti: l'Akp in Anatolia centrale, il Chp e il Mhp prevalentemente sulle coste, il Bdp a Est.

La campagna elettorale è stata durissima e ha messo alla prova la tenuta del sistema democratico turco, ancora in fase di costruzione. Tutto è partito dall'inchiesta anti-corruzione del 17 dicembre, che ha toccato le alte sfere del governo e direttamente la famiglia del primo ministro: sono seguiti avvicendamenti di massa dei magistrati e delle forze di polizia responsabili, accusati di aver costituito uno "Stato parallelo" agli ordini dell'imam Fethullah Gülen, che vive negli Usa; una campagna di delegittimazione attraverso registrazioni scottanti e incriminanti diffuse online; la riforma in tutta fretta dell'organo di governo della magistratura - sottoposto all'esecutivo - e una legge restrittiva su Internet; il blocco di Twitter, voci su di un video a luci rosse con Erdoğan e una miss, una registrazione di una conversazione tra i vertici politici e militari sulla politica siriana, il blocco conseguente di YouTube.

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