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Il tremore corre sul tweet

Creato il 01 febbraio 2013 da Greeno @greeno_com

Il 31 gennaio il tweet del giorno è stato il seguente:

tweet_garfagnana

Il messaggio è stato scritto sul profilo del Comune di Castelnuovo di Garfagnana (LU), con l’obiettivo di avvisare la popolazione locale del rischio di fenomeni sismici nella notte. La “soffiata” circa l’alta probabilità di un evento sismico sarebbe arrivata addirittura dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri col supporto della Protezione Civile. Rimandando la cronaca dei fatti ad altre fonti di informazione, basti dire che migliaia di persone hanno trascorso la notte fuori di casa. Su queste pagine, più che raccontare i fatti, ci interessa confrontarci sui fatti. C’è qualcosa che non torna. E qualche domanda va fatta. Andiamo con ordine.

La cosa che ci sorprende più di tutte è l’avere dato alla popolazione una comunicazione assolutamente emergenziale sulla scorta di una previsione scientificamente impossibile. I terremoti non possono essere previsti se non con un’approssimazione quasi aleatoria e solo se contemplati all’interno di una fenomenologia già in atto. La possibilità che si verifichi uno sciame sismico dopo una forte scossa iniziale ha il conforto della scienza, che per fortuna ha sempre buona memoria. Intuire la portata, la ricorrenza e la cronologia di questi fenomeni non è un esercizio scientifico. Potete chiamarlo diversamente, scegliete voi. Terroristico, informativo, preventivo o chissà come.

Ciò detto, cos’altro c’è di anomalo in tutta questa faccenda? C’è di strano che, secondo questa logica, in Emilia dovrebbero dormire fuori di casa tutte le notti. Come a L’Aquila, forse. Già, L’Aquila… qui c’è un’altra anomalia. Qualcuno parla dell’eredità di quella triste storia come di “frutto avvelenato”, i cui semi avrebbero attecchito in questa. Bisogna mettersi d’accordo: o la scienza può fare previsioni circa i terremoti, o non può farne. La scienza non può farne, diciamo noi. Ma per questo non può essere rimproverata.
Chi rimproverare, dunque? C’è, innanzitutto, qualcuno da rimproverare? E se il terremoto ci fosse stato davvero e quel tweet avesse salvato decine o centinaia di vite umane?

earthquake

Il terremoto, per come era temuto, non c’è stato. È rimasta l’informazione, una quota di parole apocalittiche su un fatto che poi non si è verificato. Come accadeva in un racconto pubblicato da Greeno qualche settimana fa.
Su questo, allora, vogliamo riflettere. Può chiamarsi informazione ambientale questa? Da un punto di vista deontologico, a nostro giudizio, non stiamo parlando di informazione. Stiamo parlando di profezie che si autoavverano (nel peggiore dei casi), di colpi di fortuna (nel migliore), di “mettere le mani avanti” (nell’uno o nell’altro).
Chi verrebbe informato? E su cosa? E come, col supporto di quali fatti? Ci pare una situazione quantomeno grottesca. Francamente, lieti che il pericolo sia stato scongiurato (ma da chi poi?), ci viene da pensare al pericolo che avremmo corso se le scosse di terremoto si fossero verificate davvero. Vi invitiamo, in tal senso, a immaginarne le conseguenze in futuro. Ecco, prendetevi un minuto per pensarci.
Le previsioni meteo dovrebbero contenere una rubrica sulle previsioni sisma. Vivremmo in regime di allarme permanente. Si costruirebbe un sistema di controllo delle “informazioni” ambientali più complesso e oneroso di quanto costerebbe progettare un piano nazionale di investimenti in tecnologie anti-sismiche.
Il terremoto non c’è stato. Grazie al cielo. C’è stata soltanto qualche scossa fortunatamente anoressica. E una notte di paese dormita attorno ai falò. Dove rinsaldare i legami di vicinato e consanguineità. Ma la prossima volta, cosa succederà? Chi informerà chi? E su cosa? E chi pagherà le conseguenze, se qualcuno dovrà pagarne? Difficile dirlo, ma pur sempre meno che prevedere un terremoto.

brainwashed

A margine di questa storia, rimangono alcune evidenze nel merito della comunicazione ambientale sulle quali iniziare a costruire, se possibile, quel superamento dialettico che il nostro portale riconosce come irrinunciabile. La più importante ha a che fare con i criteri di notiziabilità dei fatti, ed è una storia che ci sta terribilmente a cuore. Perché, oltre a stranirci la produzione di un messaggio come quello del Comune di Castelnuovo, ci preoccupa (e non ci vergogniamo a dirlo) il risalto che a questo fatto è stato dato su tutte le prime pagine dei media nazionali. E facciamo fatica a capire se la notizia in sé sia stata il rischio di nuove scosse in Garfagnana, l’eccezionalità della previsione, i numeri della mobilitazione o l’allarme lanciato da un’istituzione per la prima volta via Twitter. E se non si ha chiaro questo, c’è da chiedersi davvero “di che informazione si sta parlando?”. Allora bisognerebbe iniziare a dare notizie, più che a fare notizie. In questo confidiamo in una maturazione definitiva dell’audience, che bolli una volta per tutte come improprie questo genere di speculazioni informative, o svarioni che dir si voglia (volendo presumere l’innocenza delle fonti).

Un’ulteriore rivelazione che da questa faccenda può scaturire è la spia di una grande preoccupazione di noi comunicatori ambientali. La pervasività e “orizzontalità” dei new media dovrebbe assimilare la lezione del superamento dei vecchi strumenti. Ma può anche non essere così. E se Twitter genera più cortocircuiti informativi della vecchia televisione vuol dire che di passi da fare ce ne sono ancora tanti. Se un terremoto dev’esserci, auguriamoci che sia per il meglio. E diamoci da fare.


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