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Il vagare – di Franz Krauspenhaar

Da Fabry2010

Il vagare – di Franz Krauspenhaar

Vago come un pazzo, come Pasolini
per la Tuscolana, io per le serpi dei
miei desideri, per i cuscini, la lingua
fuori e le montagne dei miei avi,
che guardano furenti, rosse di sole
come guardiane degli ultimi cimiteri
di guerra, quando vennero i russi.

Io vago per i Sudeti mai più stati,
per le razze che mi sudano addosso,
per il mare d’Ulisse di mia madre
da una scogliera di sere allontanate.

Vago per la mia disperata sete, per
l’amore che non mi basta, quello
che non ho avuto, l’ostia del carnale
sacramento, le sfere dei tuoi occhi
mitralici. Mi sbaglio o sono vagante
tra stelle perse, che si sconfiggono
tramite domande senza risposta,
mentre il mio desiderio diventa gogna
e una passione diventa crocifissione.

Vago per queste mie vie decennali,
come un Bruno Cortona a ferragosto
senza le sigarette, senz’altro che noia
burrosa nel calore estivo, spintonato
da troppi anni senza quiete, l’amore
di migliaia di cani senza padrone, di mille
boschi senza pioggie e scoiattoli verdi.

Vago per il ricordo di mio fratello,
che fu ucciso dalla sua propria pelle,
scorticata dal sensibile senso del niente,
che a noi normali fa un male relativo.

Vago nel ricordo di mio padre, il soldato
tedesco, bruno e scolpito sorriso mesto,
la sua dolcezza di profugo in un mondo
di profughi, d’ogni età, prezzo, animo.

Sono chiuso nel mio mondo a pensarti
come un indomabile braccio teso, dentro
futuri possibili, mentre brucio come
se il fuoco mi fosse entrato dentro tutto,
e mi avesse bevuto, e io fossi la benzina
di un riepilogo, di tutta la mia rozza vita
postulata da una fiamma eretta sul cielo,
unica e irripetibile; e senza salvagente
continuassi a vagare per onde e stelle
e cieli rivisti, rimontati dentro la mia sete
e la tua sete, vagante anch’essa perchè
inestinguibile, forse. Vago per il percorso
del tuo corpo con la fame dell’assassino,
del dio destino, del ladro di pochi copechi,
vago per il tuo monte urlando il giuramento
col cuore spaccato, ma sempre sincero
come una fonte, un masso fermo, l’ultimo
ricordo di un nostro amato defunto.

[Immagine: Franz Krauspenhaar - Autoritratto da un'estrema lontananza.]



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