Il lavoro in questione è uno studio da cartomante, anzi "cartomanzia, scienze occulte e grande esorcista", a Palermo. Lei è F.G., grande maga dunque. Nel 1996, appunto 15 anni fa, la questura di Palermo aveva fatto chiudere il suo studio perché la cartomanzia, la lettura delle carte, rientrerebbe tra quelle attività di ciarlataneria vietate da un regolamento applicativo della legge sulla pubblica sicurezza (T.U.L.P.S., il testo unico del 1941). La legge è molto chiara: il mestiere di ciarlatano comprende ogni attività che speculi sulla credulità della gente o sfrutti e alimenti i pregiudizi popolari. Ed elenca pure le varie professioni del ciarlatano: «gli indovini, gli interpreti di sogni, i cartomanti, coloro che esercitano giochi di sortilegio, incantesimi, esorcismi, o millantano o affettano in pubblico grande valentia nella propria arte o professione, o magnificano ricette e specifici, cui attribuiscono virtù straordinarie o miracolose».
Per questo motivo, se non altro perché è la legge a dirlo, il questore palermitano decise 15 anni fa di chiudere lo studio di F.G., con relativo divieto di fare pubblicità e propaganda sulla stampa, alla radio e in tv. La grande maga ed esorcista fece subito ricorso al Tar e ora il tribunale amministrativo le ha dato ragione. Annullando la decisione della questura di applicare la legge. Misteri dell'occulto.
Il Tar di Palermo dice di aver aderito all'orientamento interpretativo secondo cui l'attività di cartomante (e chiromante, veggente o occultista) è da sanzionare solo se costituisce manifestazione di vera e propria ciarlataneria. La questura avrebbe dovuto accertare e valutare in concreto (come?, ndr) che davvero F.G. stesse speculando sulla creduloneria e sulle superstizioni della gente.
Al di là del solito linguaggio legal-burocratese, vale la pena leggere per esteso una parte della sentenza 1944/2011 del Tar.
«Deve ritenersi necessaria una approfondita analisi della fattispecie concreta per verificare se tale attività concretizza un abuso della credulità popolare e dell'ignoranza. Tale analisi deve tenere conto del mutato contesto storico e sociale rispetto al momento, in cui è stata introdotta quella normativa, di cui è, peraltro, espressione la stessa giurisprudenza, che è giunta a ritenere ammissibili le attività di cui di discute in quanto fonte di reddito e quindi soggette al prelievo fiscale al pari di qualsiasi attività professionale. È stato, in particolare, affermato che l'attività di cartomante è indifferente per l'ordinamento giuridico, non essendo contraria al combinato disposto degli art. 121 T.U.L.P.S. e 231 del relativo regolamento, se non quando sia manifestazione di vera e propria "ciarlataneria", con la conseguenza che i proventi dalla stessa derivanti rientrano tra quelli "di lavoro", con conseguente obbligo della loro annotazione nelle scritture contabili, la cui omissione è penalmente sanzionata»In sostanza, la giustizia italiana ha tempi così lunghi che ormai svolgere il mestiere di cartomante è lecito, a patto che lo si faccia nel rispetto della legge, chiarendo la totale assenza di fondamento scientifico e senza scadere nell'esercizio abusivo di professioni. Altrimenti oltre ai presupposti di ciarlataneria c'è ben altro.
Il paradosso è che la cartomante potrebbe ora chiedere un risarcimento allo Stato per i 15 anni di mancati guadagni. Chissà se aveva previsto anche questo.