L'ebola oggi somiglia un pò alla peste di un tempo: la peste era grave e per lo più letale prima della scoperta degli antibiotici, le città, le navi infette venivano respinte, chiuse e lasciate al loro destino di morte, perché il non entrare in contatto in alcun modo era l'unica possibilità di salvezza.
La follia, talvolta anche criminale generata dal terrore del contagio è stata mirabilmente descritta da grandi narratori e non è difficile riconoscere la stessa psicosi collettiva oggi nella enorme paura del contagio di ebola nel mondo occidentale.
Il povero Eric Duncan ricoverato a Dallas, in USA, in caso di sopravvivenza alla malattia dovrà vedersela con le incriminazioni, per aver forse taciuto qualcosa in merito alle sue possibilità di contagio. L'uomo proveniva dalla Liberia e sembra che ai controlli di frontiera abbia negato di avere avuto contatti con possibili fonti di contagio.
Secondo logica se la persona fosse stata consapevole del contagio, l'avrebbe dichiarato subito per sottoporsi tempestivamente alle cure necessarie, ma sembra di riconoscere in questa volontà di incriminarlo il panico e la furia del "dagli all'untore" di manzoniana memoria.
Da un paio di giorni si continua a parlare dell'infermiera spagnola contagiata in ospedale, a Madrid, dove aveva fatto parte dello staff che si era preso cura di due missionari spagnoli rimpatriati dall'Africa e deceduti nell'ospedale madrileno, l'ultimo a fine settembre.
Quali precauzioni sono state insufficienti e dove i sistemi di sicurezza hanno fallito?
Naturalmente sono in corso indagini e si parla di potenziare la sicurezza dei sanitari coinvolti nella cura dei casi di ebola.
Cosa sia accaduto effettivamente non si sa, dato che l'OMS assicura che la trasmissione può avvenire solo per contagio diretto da fluidi corporei infetti o contatto con persone ammalate e non sembra probabile che un sanitario abbia messo a repentaglio la propria vita omettendo le protezioni necessarie rispetto a questo tipo di trasmissione conosciuta.
Intanto si diffonde la paura e si moltiplicano le segnalazioni di sintomi sospetti: i casi realmente dubbi transitano immediatamente in isolamento e quarantena.
In Italia il ministro della salute assicura che sono state adottate tutte le possibili misure di sicurezza condivise in ambito internazionale: secondo il prof. Aldo Morrone (direttore dell'istituto nazionale per la salute dei migranti) "non c'è nessun pericolo in Italia per la diffusione del virus ebola" ed il ministro Lorenzin spera di evitare allarmismi.
Secondo il Ministero della Salute è lecito formulare un fondato sospetto di infezione con la concomitanza di due condizioni:
- febbre elevata > 38°C
- permanenza negli ultimi 21 giorni in una zona infetta o contatto con persone (vive o morte) e/o fluidi corporei di persone infette ovvero animali (vivi o morti) considerati a loro volta, veri e propri serbatoi del virus.