Ad apertura di computer,al primo clic, mi compare la notizia, per altro prevedibilissima, dell'arrivo di numerosi immigrati ,questa notte, sulle spiagge della nostra piccola isola di Lampedusa.
E nelle poche e scarne righe ciò che risalta immediata è sopratutto la preoccupazione del nostro ministro degli Interni,Roberto Maroni, circa la sistemazione dei nuovi"arrivi" nei diversi centri di permanenza temporanei della penisola, pena il caos più totale ed ingestibile dell'ordine pubblico.
Ma l'Italia di questi tempi è già di per sé tutta un caos.E gli immigrati in verità c'entrano poco o niente.
La cosa, al di là del giudizio semplicistico, certamente è seria e anche se l'Italia, e con essa l'Europa, vive ,a mio dire, esageratamente la sindrome di assalto alla fortezza, una risposta intelligente e progettuale va subito pensata e realizzata per chi arriva da quest'Africa in fiamme.
Il caso Libia, e prima ancora quello tunisino ed egiziano, chiamano, tutti e tre ,l'Unione Europea a rispondere nell'immediato con senso di responsabilità ad un'emergenza che la Storia, avendo ripreso la sua inevitabile marcia(anche se qualcuno parlava anni addietro di "fine" della Storia), ci propone improrogabilmente.
Non può l'Europa , dopo il fallimento di Barcellona e dell'altra ancora più vistosa débàcle dell'Unione mediterranea, voluta da Sarkozy, giocarsi nuovamente la faccia.
L'unica politica possibile perciò, di fronte a questa emergenza, è l'agire unitario di tutti gli Stati membri.
Se questo non si farà, se prevarranno i particolarismi, non c'è Unione Europea.
E probabilmente non c'è mai stata.
Anche perchè la grossa crisi tunisina-libico-egiziana, che si è aperta nel Mediterraneo, deve politicamente trovare soluzione, prima o poi ,con tutti gli addentellati che non possono non riguardare anche l'Europa.
Allora la Commissione dell'UE , l'organo il più importante sotto il profilo decisionale, agisca.Non tramandi ancora. Non perda altro tempo.
Se l'Unione Europea, prima ancora che politica, si definisce una comunità di valori "forti" storicamente intesi, faccia e senza indugio.
Chi chiede ospitalità cerca solo per sé una ragionevole condizione esistenziale, dignità e rispetto per la propria persona e un possibile inserimento, effettivo e non marginale, nella nuova comunità ospitante.
E' chiedere troppo?
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)