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Immobili “immobili”

Creato il 26 novembre 2011 da Oblioilblog @oblioilblog

 

Immobili “immobili”

Ben 141 sono gli immobili confiscati alle “cosche” mafiose in Piemonte, ma il 40% sono ancora fermi in attesa di essere restituiti alla società.

A Torino, L’edificio in corso Novara 9, doveva essere destinato al ministero degli interni, ma un’ipoteca lo blocca. “Buona parte dei beni confiscati in Piemonte sono gravati da ipoteche oppure sono occupati. Altri sono in pessime condizioni”, spiega Francesca Rispoli, responsabile della segreteria regionale di Libera, associazione antimafia. Eppure sono ottimi strumenti per le forze dell’ordine e per la società civile.

Ma tanti altri sono gli esempi di immobili confiscati alla mala vita e ancora fermi in attesa di assegnazione. Spesso case e magazzini sono riassegnati alle forze dell’ordine o ai vigili del fuoco.

Gli immobili fino ad ora assegnati sono stati utilizzati per centri di aiuto per disabili e scuole.

Un esempio è l’edificio confiscato a Salvatore Belfiore, fratello di Domenico mandante dell’omicidio del procuratore Torino Bruno Caccia. Nel terreno circostante si coltivano ortaggi ed erbe aromatiche, ma si allevano anche animali e si produce il miele a marchio “Libera Terra”. Con il ricavato si sostengono progetti simili.

Il dato preoccupante è la percentuale di immobili confiscati che non vengono riassegnati a causa della burocrazia che rende lunghi i tempi di riassegno, causando una perdita di agibilità degli immobili stessi. La percentuale è del 39,2.

L’altro problema è la mancanza di fondi nella casse dei Comuni. I Comuni più piccoli non possono fronteggiarle e quindi rinunciano”. Di mezzo ci si mettono anche gli ex proprietari: “Si vendicano, come è successo alla Cascina Caccia. I Belfiore, prima di lasciarla, hanno sradicato i termosifoni e mandato in cortocircuito il sistema elettrico”. E non è un caso isolato.

Ad ostacolare la confisca definitiva dei beni (cosa contraddittoria) c’è il codice anti mafia che pone a 30 mesi il tempo limite che deve trascorrere dal sequestro alla confisca. l rischio è che i beni tornino ai soggetti cui sono stati sottratti, vanificando così il lavoro svolto dalle forze dell’ordine e dalla magistratura”, sostiene l’Osservatorio di Libera Piemonte.

“Ridestinare un bene è un aiuto alla collettività e un segnale di presenza alla società civile” afferma Alberto Perduca, procuratore aggiunto di Torino che coordina il gruppo anti-riciclaggio. Continua dicendo: “Gli accertamenti patrimoniali devono essere più solidi, così che le difese non possano contrastarli e i giudici possano decidere rapidamente”.


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