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Impressionismo narrativo: L'ospite segreto di Joseph Conrad
Creato il 23 luglio 2012 da Alessandro Manzetti @amanzettiIl titolo di questo articolo è in parte provocatorio, non so quanto sia corretto parlare di impressionismo narrativo, termine o visione strettamente connessa con le arti figurative. Alcuni saggi e parte della critica letteraria hanno utilizzato questo accostamento; in realtà non credo che questa sovrapposizione sia del tutto applicabile, almeno con un metro universale, ma nel caso di Joseph Conrad, e particolarmente del suo racconto L'ospite segreto, penso di essere andato oltre la mera provocazione, di poter dunque contare su alcuni buoni motivi per parlare di impressionismo narrativo.
Non sto qui a presentarvi Joseph Conrad (1857-1924), uno dei grandi maestri della narrativa, molti di voi avranno certamente letto le sue opere più note, come il romanzo Cuore di tenebra, in primis, ma anche la Linea d'ombra, Lord Jim, Nostromo e tanti altri lavori. L'articolo di oggi vuole presentare un racconto breve di Conrad, che magari potrà essere sfuggito alle vostre letture, L'ospite segreto (The Secret Sharer) scritto dall'autore nel 1909, pubblicato a puntate sull'Harper's Magazine nel 1910 e successivamente all'interno dell'antologia Twixt Land and Sea (1912). Ma attenzione, non si tratta di un'opera minore, L'ospite segreto è uno dei racconti più interessanti di Conrad, almeno mio avviso (e non solo). Per chi non conosce l'autore, per capirci, questo racconto è una istantanea del miglior Conrad, da gustarsi in poco più di cinquanta pagine. Poi, riprendendo il discorso sul presunto impressionismo narrativo, L'ospite segreto mi sembra quanto mai adatto allo scopo.
Riprendendo alcuni concetti, o visioni artistiche, dell'impressionismo in campo pittorico, e spostando questa lente speciale sul mondo letterario, il legame che rende possibile questa mutazione è il simbolismo narrativo. Opere letterarie caratterizzate dalla descrizione delle sensazioni, delle emozioni, di tutto ciò che specchia la vita mentale dei personaggi, possono essere definite impressioniste. Esempi di autori che possono essere ricondotti a queste tematiche se ne possono fare diversi, dalla poesia alla prosa, da Virginia Wolf a Verlaine, da Lawrence a Mallarmè, e poi, appunto, Joseph Conrad. Ma ora vado dritto verso l'obiettivo, senza più tentennare; ho deciso di parlarvi dell' Ospite segreto, e c'è molto da dire.
Per iniziare è interessante sapere che questo racconto, impressionista nel contenuto, ha una doppia ispirazione dal mondo reale. Questo mi fa sorridere pensando a uno dei temi centrali del racconto, che è proprio quello del doppio (o meglio del doppelgänger), spesso utilizzato in letteratura. Il racconto è ispirato a fatti storici e alla personale esperienza dell'autore; gli episodi sono due: nel 1880 Conrad fu costretto da una situazione di emergenza a assumere il comando di una nave in un porto dell'Estremo Oriente, l'altro episodio riguarda l'uccisione di un marinaio a bordo della nota Cutty Sark (che faceva la spola tra Shangai e Londra col suo prezioso carico di tè) da parte del secondo del capitano ES. Wallace, che poi riuscì a fuggire.
Proponendovi un semplice plot de l'Ospite segreto rischierei di farvi immaginare una storia di mare, un vecchio racconto d'avventura. D'altronde il protagonista è il capitano di una nave e il suo equipaggio, gli eventi si muovono intorno a un mancato disastro durante una tempesta, al salvataggio di un naufrago; è dunque facile, a prima vista (ma anche in una lettura troppo superficiale), materializzare alcuni stereotipi narrativi, sentire già nella gola i sapori delle nostre esperienze di letture simili. Ma presentare in questo modo l'Ospite segreto è improponibile: è necessario sottolineare il forte valore allegorico e simbolico che Conrad sceglie di dipingere, naturalmente a bordo di una nave, sopra il suo amato oceano. Cercherò di riuscirci, aiutandomi anche con diversi estratti del racconto, che sono pubblicati a completamento dell'articolo.
Il protagonista del racconto è un giovane capitano (Conrad non cita mai il suo nome), al suo primo viaggio al comando di una nave. Proprio durante la prima notte in mare, mentre il capitano era di guardia sul ponte, scopre un uomo (stavolta l'autore ci concede il nome: Leggatt) in acqua vicino alla nave e, anche se l'uomo ammette candidamente di essere un latitante accusato di omicidio, lo aiuta a sfuggire alla cattura portandolo a bordo e nascondendolo nella sua cabina. E' questo incontro, l'arcana relazione che i due uomini instaureranno, a rappresentare il cuore del racconto e gli intenti simbolici dell'autore. Le interpretazioni possibili de L'ospite segreto sono davvero molte, e la critica letteraria le ha già praticamente proposte tutte. Quelle che a me sembrano più aderenti allo spirito dell'autore riguardano senz'altro il tema centrale del doppio, del "secondo capitano" che consente a Conrad di dipigere un ritratto di un giovane uomo durante la propria auto affermazione, o la conoscenza di sè. Ma il dualismo tra i due protagonisti, il capitano e Leggatt (da "legate" - emissario), l'"uomo fantasma", richiama facilmente anche il contrasto tra il conscio e l'incoscio, che Conrad riesce a rendere in pieno, incidendo la psiche umana con un affilato bisturi narrativo, tanto da farci guardare bene dentro.
Il racconto evoca grandi atmosfere, Conrad compone una oscura sinfonia utilizzando strumenti di diversa natura e cassa armonica: i dialoghi bisbigliati tra i due protagonisti nella cabina, il rumore del mare, della notte e delle vele, le incursioni del cambusiere e i passi delle guardie sul ponte, gli sguardi senza parole, il mistero della follia. Leggat esiste davvero? Questa è la prima domanda che si accende nel cervello del lettore, come anche, lentamente, in quella del capitano che a tratti teme di avere trasformato ombre in uomini e i suoni dell'oceano in confidenze di uno sconosciuto, atterrate, sottovoce, nel suo alloggio. Insomma, l'ospite esiste davvero oppure no? La natura duale del giovane e incerto capitano è la risposta che offre Conrad alle tante domande che il racconto suscita, specie per il ruolo del misterioso Leggat. Il passaggio dalla giovinezza alla età adulta, che viene dipinto dall'autore con allegorie e modernismo, può portare anche alla definizione (se proprio è necessario) de L'ospite segreto come romanzo di formazione. La timidezza del capitano, i suoi dubbi, sono sostenuti dallo splendido alter ego materializzato da Conrad, dal suo irrazionale, dall'istinto, dal coraggio. Leggatt, in fondo, è ciò che manca per far sbocciare "il capitano perfetto". Corde oniriche tengono magicamente appeso il racconto, sospeso tra il sogno e la realtà; il finale "aperto", che non intendo rivelare, porta anche a riflessioni sull'etica e sulla giustizia, a largo raggio. La liberazione del doppio, usato in modo assai diverso dal Dorian Gray di Wilde, ci fa comprendere il vero senso di questo impressionista viaggio nella psiche umana che Conrad ci propone.
Ma i riferimenti storici e artistici che il racconto ci suggerisce sono tanti, pur nella struttura modernista. L'ospite segreto si presenta dunque come un lavoro davvero denso e ricco di contrasti, di simboli e allegorie, nella sua atmosfera di oscuro incanto. Conrad, tra le righe, suggerisce reminiscenze bibliche, storiche e artistiche: Il personaggio controverso di Leggatt, l'assassino costretto a un continuo vagare, fa pensare a un discendente letterario di Caino, mentre il nome della nave da cui Leggatt fugge, il Sephora, non è altro che il nome di una delle due levatrici incaricate dal Faraone di uccidere i figli maschi degli Ebrei. Alcune immagini sono splendidi cammei artistici, come la posizione seduta di Leggatt con la testa fra le mani che Conrad descrive in dettaglio in due occasioni, che appare come un omaggio al Pensatore di Rodin. Alcune immagini letterarie sono davvero notevoli, come i giochi di luci e ombre durante il primo incontro tra il capitano e il suo alter ego, che sembra un cadavere senza testa, in contrapposizione con il capitano visto dal basso, che appare come una testa senza corpo. L'autore continuerà a raccontare contrasti, ombre e dualismi anche in altre opere, come il racconto The Shadow Line, che vedrà di nuovo protagonista un giovane capitano, questa volta alle prese con un doppio diverso, con il "demone" del vecchio capitano della nave. Sia nell' Ospite segreto che in The Shadow Line Conrad, pur se in modo diverso, affronta il passaggio complesso e affascinante dalla giovinezza alla maturità, quel momento in cui le scarpe, con sopra l'anima, superano una sottile linea d'ombra. L'articolo continua con la pubblicazione di alcuni estratti del racconto L'ospite segreto:
Estratti dal racconto L'ospite segreto di Joseph Conrad (1909) Titolo originale: The Secret Sharer: An Episode from the Coast Traduzione di Mario Curreli
Alla mia destra c'erano file di pali da pesca che facevano pensare a un misterioso sistema di steccati di bambù semisommersi, incomprensibile nella sua divisione del regno dei pesci tropicali, e d'aspetto bizzarro, come se abbandonato per sempre da qualche nomade tribù di pescatori, trasferitasi adesso all'altro capo dell'oceano; perchè non esisteva traccia d'abitazione umana a perdita d'occhio. A sinistra, un gruppo di sterili isolotti ricordavano le rovine di mura di pietra, torri e fortificazioni, con le fondamenta su un mare così blu da sembrare anch'esso solido, tanto tranquillo e stabile si stendeva ai miei piedi; perfino la striscia di luce del sole all'oceano splendeva liscia, senza quell'animato scintillìo che rivela una impercettibile increspatura. E quando girai la testa per dare uno sguardo d'addio al rimorchiatore che ci aveva appena lasciato all'ancora fuori dalla barra, vidi la linea dritta della costa piatta, attaccata a quel solido mare, orlo contro orlo, con una saldatura perfetta e non rilevabile in un piano livellato, metà marrone e metà blu, sotto l'immensa cupola del cielo (...)
(...) Quel sentirmi estraneo, che mi aveva reso insonne, aveva ispirato l'inconsueta disposizione, come se mi fossi aspettato, in quelle ore solitarie della notte, di prendere confidenza con quella nave di cui non sapevo nulla, dotata di un equipaggio di cui sapevo poco più. Attraccata di fianco a un molo, cosparsa come ogni nave in porto di un arruffìo di oggetto disparati, invasa da gente disparata della costa, miracolo se ero riuscito a darle un'occhiata. Ora, mentre fluttuava ripulita per l'altomare, la distesa del ponte di coperta mi parve bellissima sotto le stelle. Bellissima, spaziosissima per la sua stazza e molto accogliente. Scesi giù dal casseretto e mi misi a passeggiare nella parte centrale, mentre la fantasia mi dipingeva la prossima traversata attraverso l'Arcipelago malese, giù per l'Oceano Indiano e su per l'Atlantico. (...)
(...) La murata della nave formava un'opaca cintura d'ombra sull'oscuro, vitreo scintillìo del mare. ma vidi immediatamente qualcosa di allungato e pallido galleggiare vicinissimo alla scaletta. Prima che potessi formulare un'ipotesi, un lieve sprazzo di luminosità fosforescente, che parve provenire d'un tratto dal corpo nudo di un uomo, tremolò nell'acqua sonnacchiosa, con l'ingannevole, silenzioso gioco di un baleno estivo in un cielo notturno. Con un sussulto vidi rivelarsi al mio sguardo un paio di piedi, due lunghe gambe, un'ampia schiena livida, immersa fino al collo in un verdastro bagliore cadaverico. Una mano a fior d'acqua stringeva l'ultimo tarozzo della biscaglina. Era completo, salvo la testa. Un cadavere senza testa! Il sigaro mi sfuggì dalla bocca spalancata con un piccolo tonfo e un breve silenzio di tutte le cose sotto il cielo (...)
(...) Presi un pigiama in camera mia, e, tornato sul ponte, vidi l'uomo nudo venuto dal mare, seduto sul boccaporto principale, splendere bianco nelle tenebre, i gomiti sulle ginocchia e il capo tra le mani. Gli ci volle un momento a nascondere il corpo bagnato in un pigiama dallo stesso disegno a righe grigie di quello che indossavo io, e a seguirmi come il mio doppio sul casseretto. Ci dirigemmo insieme verso poppa, scalzi, silenziosi. "Di che si tratta?", chiedi con voce soffocata, tirando fuori la lampada accesa dalla chiesuola e alnzandogliela all'altezza del viso. "Una brutta faccenda" (...)
(...) Non è tanto facile per un nuotatore come me suicidarsi annegando. Ho toccato terra sull'isolotto più vicino prima che la scialuppa si fosse staccata dalla fiancata della nave. Li ho sentiti remare qua e là nelle tenebre, chiamare, eccetera, ma dopo un pò ci hanno rinunciato. Tutto taceva e l'ancoraggio è divenuto tranquillo come la morte. Mi sono seduto su un sasso e ho cominciato a pensare. Ero sicuro che avrebbero ripreso le ricerche all'alba. Non c'erano nascondigli fra quei sassi e, anche se ci fossero stati, a che sarebbero serviti?. Ma ora che mi ero liberato di quella nave, non ci sarei più tornato. Così, dopo un pò, mi sono tolto tutti i panni di dosso, ne ho fatto un fagotto con una pietra dentro e l'ho gettato nell'acqua fonda sul lato esterno di quell'isolotto. Come suicidio a me bastava così. Pensassero quel che volevano, ma io non avevo intenzione di annegarmi. Intendevo nuotare finchè non fossi andato a fondo, ma non è la stessa cosa. Mi sono diretto verso un altro di questi isolotti, e è stato da lì che ho avvistato per la prima volta il vostro canale di fonda. Qualcosa verso cui nuotare. (...)
(...) Sentivo che stavo producendo una cattiva impressione, ma, col mio doppio giù dabbasso, era troppo logorante stare in coperta. E era quasi altrettanto logorante stare dabbasso. Tutto sommato, una situazione che logorava i nervi. Ma nel complesso, mi sentivo meno diviso in due, quando stavo con lui. Non c'era anima viva in tutta la nave a cui osassi fare le mie confidenze. Dato che i marinai erano venuti a conoscenza della sua storia, sarebbe stato impossibile farlo passare per chiunque altro, e una scoperta fortuita era adesso più temibile che mai... Dato che il cambusiere era occupato a apparecchiare la tavola per il pranzo, potemmo solo parlarci con gli occhi, quando tornai giù la prima volta. Più tardi, nel pomeriggio, facemmo un cauto tentativo a bisbigli. la quiete domenicale della nave era contro di noi; l'immobilità dell'aria e dell'acqua attorna a essa era contro di noi; tutto era contro di noi nel nostro rapporto segreto; anche il tempo, perchè la cosa non poteva andare avanti all'infinito. (...)
(...) Mi era talmente identificato col mio doppio segreto, che non accennai nemmeno alla cosa, in quei pochi, timorosi bisbigli che ci scambiammo. Pensavo che avesse fatto qualche leggero rumore di una specie o di un'altra. Sarebbe stato un miracolo se non fosse successo, di quando in quando. Eppure, per quanto apparisse disfatto, sembrava sempre perfettamente padrone di sè; più che calmo - quasi invulnerabile. Dietro mio consiglio, rimaneva quasi sempre nella stanza da bagno, che tutto sommato, era il posto più sicuro. Non poteva esserci veramente nemmeno l'ombra di una scusa perchè qualcuno ci entrasse, una volta che il cambusiere avesse finito le pulizie. Era un posto davvero minuscolo. A volte di stendeva sul pavimento con le gambe piegate, il capo appoggiato al gomito. altre volte lo trovavo seduto sul seggiolino, con il pigiama grigio, e i capelli neri rasati, immobile come un paziente galeotto. Di notte lo facevo passare nel letto, e bisbigliavamo tra noi, mentre i passi regolari dell'ufficiale di guardia passavano e ripassavano sopra le nostre teste. (...)
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