di Claudio Marsilio
Se è vero come è vero che gli italiani sono un popolo di esterofili, tra non molto non si troverà nessuno che abbia votato per partiti vicini all’ideologia Europeista o che abbia mai mostrato d’amarla: “Bruxelles, ma quando mai? a me poi i cavoletti fanno schifo…”
Intanto, in originale controtendenza rispetto ai risultati elettorali europei, l’Italia si conferma la più fedele tra le nazioni al Dogma Eurocratico, premiando la formazione più vicina alle sue oligarchie, il PD del berluschino Renzi. Un risultato straordinario, oltre il 40%, nonostante (anzi forse per merito di) un’astensione uguale o di poco superiore alla stessa cifra.
In effetti, a ben guardare, è proprio l’area del non-voto quella che in tutta Europa ha mietuto i consensi maggiori: Francia 47%, Italia 40, Germania 42, fino ai picchi olandesi dove ha votato appena il 37% degli aventi diritto oppure il Regno Unito, dove all’affermazione degli euroscettici dell’UKIP si è aggiunto un mostruoso 54% di astenuti, che nella maggior parte del popolo britannico sono oltretutto feroci avversari della Commissione Europea.
Insomma, per quanti sforzi faccia l’Unione Europea non riesce a farsi riconoscere dai suoi cittadini, ed anziché avvicinare, respinge.
Dal 7 febbraio 1992 ad oggi, nonostante un allargamento a 28 paesi ed una moneta condivisa da 18 dei suoi stati membri, i risultati sono deludenti: percepita come un’istituzione tutt’affatto democratica, con un parlamento senza potere ed una Commissione sovrana su tutto e non eletta da alcuno, l’UE, di concerto con la sua istituzione parallela ed autonoma, la BCE, ha contribuito in modo massiccio ad aumentare la povertà, il senso di insicurezza e precarietà, la disoccupazione e l’immigrazione incontrollata; con le sue politiche invasive fatte di regolamenti e “consigli interessati”, di sanzioni e trattati, ha umiliato le identità nazionali e le specificità culturali dei popoli europei, attirandosene inevitabilmente l’ostilità.Alla prima occasione elettorale, è arrivata la sberla.
Per carità, si tratta appena d’un buffetto per le Oligarchie finanziarie che sovrintendono alle decisioni prese dagli organi dell’Unione, e lo spiega bene Alexandre Delaigue in un suo articolo ripreso da M. Blondet nel suo sito Effedieffe (solo per abbonati), dove scrive: “Quanta strada percorsa dall’inizio della crisi dell’euro! Certi Paesi periferici hanno le loro finanze pubbliche messe sotto la tutela integrale dell’Europa. La BCE tiene in soggezione i governi europei, eliminando i dirigenti che non le convengono con l’assoggettarli alla pressione dei mercati [qui vanta l’estromissione di Berlusconi. ndr]. Tutti i Governi hanno ceduto un potere considerevole, trasferendo alla Commissione il diritto di sindacare sui bilanci nazionali. Nel quadro dell’Unione Bancaria, i Governi hanno messo fine alla stabilita relazione con le loro banche nazionali, conferendo alla BCE la cura di regolarle e all’Europa il potere di salvarle o di colarle a picco”. L’economista-ideologo si prende gioco degli ingenui che lamentano il deficit di democrazia dell’Unione Europea: ‘Non è perché è poco democratica che l’Europa è impopolare; in realtà, è perché è impopolare che il processo di costruzione europea non può essere democratico’.”
E più avanti spiega cosa può accadere se dovessero affermarsi in Europa movimenti o partiti “euroscettici”:«La prossima tappa del processo può essere di vedere un governo nazionale estremista arrivare al potere sulla base di un programma anti-europeo, per spaccarsi il muso e constatare che non ha altra scelta che crepare e fare come gli si ordina, come hanno fatto tanti prima di lui».Straordinario esempio di chiarezza e faccia tosta, di chi sa cosa si sta preparando per i popoli europei e non teme nulla.
Come non temeva nulla il commissario liquidatore Mario Monti quando affermava nel febbraio 2011 che “l’Europa ha bisogno delle crisi, per fare dei passi avanti nella cessione delle sovranità”. Il progetto è chiaro, manifesto.
A questo progetto provano ad opporsi intellettuali, scrittori, movimenti d’opinione e partiti, dapprima in corsa solitaria, oggi sempre più numerosi.
Differentemente dagli affiliati al Progetto di cui sopra però, i cosiddetti “euroscettici”combattono la loro battaglia ognuno in ordine sparso e con modalità differenti.
Basta vedere dove si collocano al Parlamento europeo i deputati neoeletti: nel Gruppo “Europa della Libertà e della Democrazia” troviamo il Front National francese con la Lega Nord ed il PVV olandese, l’UKIP con il MoVimento5Stelle; Fidesz del “deprecato” Viktor Orban, addirittura con la Merkel nel PPE. Gli altri movimenti identitari o nazionalisti in ordine sparso nel gruppo dei “Non Iscritti”. In Finlandia, dove è più facile incontrare un alce che scambiare una parola con un essere umano, il partito dei Veri Finlandesi, il PS del bonario Timo Soini (considerato il Tea Party scandinavo!) strappa un dignitoso 13% ma si iscrive nel Gruppo dei “Conservatori e Riformisti europei”.Anche sull’€ e sull’Unione conservano posizioni diametralmente opposte, tra favorevoli, miglioristi e contrari alla moneta unica. Una tale armata Brancaleone può spaventare l’Oligarchia al servizio dell’Impero (come lo definisce Alain Soral)?
E soprattutto se è capitanata da una signora che usa il franco francese come una clava e che – come ha giustamente ricordato Nicoletta Marina Forcheri nel suo blog – “nasconde una difesa razzista delle frontiere per ciò che riguarda la presunta superiorità francese ma sfracella tutte le altrui frontiere per quel che riguarda l’esercizio della “grandeur de la France” quando si tratta di utilizzare gli altrui paesi come pattumiera e o riserva di ingegno: prova ne sia la zona franco e il ruolo arraffato più con le cattive che con le buone di “guida” del mediterraneo, scippato all’Italia; la ritrovata supremazia in Libia dopo gli attacchi NATO francesi al paese e il massacro criminale in diretta del suo leader Gheddafi, il tutto a discapito delle aziende italiane a vantaggio delle quali Berlusconi aveva siglato un accordo; per non parlare di quei paesi come Mali, Cote d’Ivoire, Comore, Ghana e tutti gli altri che facenti parte grazie al “fascistissimo” De Gaulle della zona franco devono subire il saccheggio quotidiano delle loro risorse attraverso l’imposizione di una moneta coloniale, o CFA, stampata, prestata e usurata dal Tesoro francese alle sue colonie, pena l’invasione militare del paese, o il golpe organizzato dalla Légion étrangère, per conto dell’Esagono, il quale diventerà sempre più protezionista per le SUE frontiere, scacciando a Ventimiglia gli stessi poveracci provocati dalla sua politica imperialista violenta e razzista in Afric, mentre pretenderà sempre di più l’apertura totale delle frontiere altrui, come quando ci compra la banca centrale italiana, parmalat, gucci, ERG, gli ATO per l’acqua, MPS, intesa, la grande distribuzione tutta, le centrali elettriche, gli inceneritori, i rigassificatori, le trivelle e fracking ovunque per non parlare della discarica mortale e criminale nella terra dei fuochi.”
Lo stile di Nicoletta è un po’ forte, ma non si può negare che sia chiara e diretta.
Alla fine, tutti questi movimenti e partiti, sono essenzialmente tenuti insieme da un tratto comune, distintivo, che Francesco Filini ha individuato perfettamente: “La cosiddetta indipendenza dei padani o dei veneti nasce per motivi fiscali, economici. Non ci sono aspetti culturali se non quelli rientranti nella sfera del folklore, che sono fastidiosi corollari sub-culturali utili alla pancia del popolino.
L’aspetto principale è un altro: i motivi per cui tanto i forconi siciliani quanto i padani sognano oggi l’indipendenza è lo stesso che mosse gli insorgenti di Vandea: un motivo fiscale. “Roma ladrona” è lo Stato ladrone, ma il problema a cui sistematicamente si sfugge è che lo Stato non “ruba” per sé, per tenere in piedi il carrozzone pubblico.
O meglio lo fa ma in maniera del tutto marginale.
Il cuore del problema è che lo Stato oggi è semplicemente l’agente riscossore del mondo finanziario. Le tasse non servono per erogare servizi (la cosiddetta spesa pubblica) ma per pagare i debiti ingenerati dall’emissione monetaria. L’unica indipendenza che ha senso oggi è quella dei popoli contro la finanza, la sfida della sovranità. È inutile continuare a ragionare su categorie e schemi che hanno fatto il tempo loro. Oggi abbiamo un’idea nuova che è destinata ad affermarsi, si chiama proprietà popolare della moneta. La vera sovranità monetaria.
La questione da porre è una questione di vera democrazia e di vera civiltà.”
Ad onor del vero, un solo partito ha avuto il coraggio di affrontare questo tema apertamente, in campagna elettorale, mentre altri strillavano contro o plaudevano alle magnifiche sorti e progressive della Commissione Europee: Fratelli d’Italia della promettente Giorgia Meloni.
Questo è il flyer che il noto Marco Scurria ha adoperato durante la sua campagna, il cui contenuto appare eloquente ai frequentatori più assidui del nostro blog:
Che l’euro appartenga ai popoli europei e non alla banca emettitrice noi non l’abbiamo sentito dire da nessuno, nemmeno da Carlo Sibilia del MoVimento5Stelle. È un vero peccato quindi che questa formazione politica, ed in particolare l’on. Scurria (autore delle celebri interrogazioni ad Olli Rehn e della lettera a Mario Draghi) non abbia potuto varcare la soglia del parlamento europeo per via del mancato raggiungimento della soglia di sbarramento, lasciando quindi ad altri – meno schierati su questo tema fondamentale – la lotta per la vera sovranità, in quella sede.
Lo scenario italiano dicevamo ad inizio articolo è infatti parecchio in controtendenza rispetto alle reazioni dei popoli europei; pur rispettando il successo dell’area dell’astensione, le forze politiche schierate con l’Oligarchia Europea (Forza Italia, Partito Democratico, NCD, Tsipras etc.) hanno ancora una maggioranza schiacciante nel paese, ed un eventuale referendum sulla moneta unica non so quale risultato otterrebbe, in queste condizioni…
L’area afferente a quella nebulosa che abbiamo fin qui descritto come “euroscettica” e che invece rappresenta autenticamente i desideri e le aspirazioni, nonché le identità dei singoli popoli, non dovrebbe più indugiare nel tentare di darsi un’organizzazione, una struttura, un’alleanza santa o laica che sia, contro questo nemico mortale. Deve smetterla di cercare la pagliuzza o la differenza nel programma dell’altro, e sforzarsi di unirsi su quanto li unisce. Qualche deficit comunicativo è imputabile ai singoli partiti, nella loro mancata affermazione alle ultime elezioni europee (e mi riferisco in particolar modo proprio ai Fratelli d’Italia, impegnati in mesi di discussioni e battaglie interne ad un’area defunta sulla proprietà d’un simbolo decrepito e del suo – a rigor di risultato – striminzito appeal elettorale), ma ora occorre cogliere l’attimo che sta sfuggendo e realizzare quel fronte democratico che necessita in questo Paese.
“Non mi interessa tanto da dove veniamo, quanto dove siamo diretti” ha recentemente detto il filosofo Diego Fusaro in un recente convegno romano.
Se il nuovista Renzi chiude la pratica della legge elettorale, alla frangia identitaria ed antagonista non resterà che leccarsi le ferite, o rientrare nei ranghi di rinnovate “case” per continuare a sopravvivere. Ancora per un po’.
Twitter @ClaudioMarsilio