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In Francia vince la corrida!

Creato il 27 settembre 2012 da Dragor

 

 

AFFICHE NIMES~2

 

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   Buone notizie per i bovini. In Francia qualcuno non sarà allevato come un pollo in batteria, sgozzato e appeso a testa a giù per morire dissanguato dopo 2 ore di sofferenza. Qualcuno di loro vivrà una vita meravigliosa in immensi spazi verdi, potrà riprodursi liberamente e conoscerà una morte gloriosa nell’arena dopo 20 minuti di lotta. Se fossi un bovino non avrei dubbi, sceglierei la corrida. Visto che l’uomo alleva i bovini per ucciderli, la corrida è sicuramente la morte migliore. Anche perché è preceduta da una vita migliore.

   Lo ha pensato anche la Corte Costituzionale francese, dichiarando in risposta alle richieste animaliste che la corrida non ha niente di anticostituzionale. Certo, se in Francia c’è qualcosa di anticostituzionale è la macellazione hallal e kasher. Ma è protetta dalla religione, quindi intoccabile. Ecco perché l’animalismo piagnucoloso da salotto non se la prende con loro ma con la corrida. Purtroppo gli aficionados si sono dimenticati di costruire una religione sul Dio Toro, cosa che li metterebbe al riparo da ogni contestazione.

   Io amo gli animali. Morirei per il mio gatto, ho rischiato la pelle per salvare le tortorelle dal piombo dei cacciatori e i cigni dalla morsa del ghiaccio, La corrida è il mio modo di amare il toro bravo:  una buona vita, una buona morte. Ne ho viste nelle arene di quasi tutta la Spagna, compresa la famosa Maestranza di Siviglia, l’antica plaza di Ronda e l’arena sovrana, quella di Madrid dove si consacrano i matadores. E naturalmente ad Arles e Nîmes, le più ispaniche delle città francesi. Le ho viste anche a Fréjus, a pochi chilometri da Nizza, prima che il sindaco le sopprimesse. Ho visto molte corride ma quelle memorabili, con la perfetta fusione fra l’uomo, l’animale e la musica, si contano sulle dita di una mano.

   Non dimentichero’ mai la prima, avevo 9 anni ed ero a Gerona con mia madre e mia nonna. C’era il cielo plumbeo e aria di festa. Mia nonna era aficionada fin da quando i cavalli dei picadores non erano protetti da gualdrappe di cuoio e a quell’epoca sveniva alla prima goccia di sangue. Adorava Rafael Peralta, il rejoneador, e mi raccontava di quando gli aveva offerto la rosa da appuntare sul dorso del toro.

   Dopo quella volta a Gerona, per anni ho sognato di fare il torero. Mi vedevo aspettare statuario le carica di un toro bravo di 600 chili e farmelo sfilare accanto con un elegante molinete della capa fra gli olé della folla. Una volta sono entrato in una piccola arena dove si liberava un torello dalle corna smussate per la gioia dei bambini che lo facevano correre agitando stracci. Sono uscito con il sedere blu…

Dragor


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