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In ricordo di Don Gallo.

Creato il 23 maggio 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

La scorsa estate ho avuto l’enorme privilegio di conoscere ed intervistare Don Gallo. Mi ha dedicato, nonostante la stanchezza per i

Intervista a Don Gallo

Don Gallo

continui viaggi e i tempi serrati che l’incontro prevedeva, un’ora abbondante di conversazione. Era una calda sera d’agosto e mai avrei potuto immaginare di ritrovarmi qui, ora, a dover scrivere queste righe. Ricordo la curiosità che provavo nei suoi confronti, ricordo le mie domande scomode e le risposte schiette che mi ha dato con somma semplicità, ricordo il mio stupore nel constatare quanto vivace e lucido potesse essere un uomo di ottantaquattro anni. Immerso in una nuvola di fumo del toscano che ha accompagnato ogni sua battaglia, Don Gallo ha toccato certe corde nel mio profondo che talvolta nemmeno io ricordo di avere. Si è interessato a me e al mio lavoro, era sinceramente interessato a conoscere quale fosse il mio punto di vista rispetto a quanto mi raccontava. Cercava, dall’alto delle sue esperienze di vita e della saggezza dettata dagli anni, il confronto con me, poco più che un ragazzo. In momenti simili si tende a ricordare i gesti eclatanti che hanno reso un uomo un simbolo vivente: Don Andrea che fuma le canne, che canta con Manu Chao, che dopo la celebrazione della messa intona Bella Ciao. Si ricorda con orgoglio il suo attivismo politico, reso ancora più eclatante dalla sua posizione all’interno della Chiesa. Si piange la scomparsa del prete degli ultimi, del prete favolosamente atipico che tutti noi vorremmo avere nella parrocchia sotto casa, di colui che meglio di chiunque altro ha saputo raccontare Fabrizio De Andrè. Dal mio piccolo punto di vista posso essere orgoglioso di avere un qualcosa in più per cui essere triste oggi. La memoria di un uomo umile, dall’altissimo senso della giustizia, che in poco più di un’ora ha saputo trasmettermi la potenza della sua passione verso il genere umano. Per questo gli sarò sempre grato.

Riproponiamo la nostra intervista del 23 Agosto scorso.

Don Gallo, lei è un prete di strada, in contatto ogni giorno con una moltitudine di persone e di storie. Forse proprio per questo ha delle idee diverse e contrastanti rispetto a quelle dei suoi superiori: che cos’è oggi la Chiesa di Roma?
Sono prete cattolico da cinquantadue anni, la mia adesione alla Chiesa è totale con le sue luci e con le sue ombre, perchè la Chiesa è per me una casa. La mia non è una contestazione, il mio è amore: prendiamo atto che il momento non è felice. La Chiesa romana è ormai una piramide, basata unicamente sul principio di autorità del Papa; è spontaneo farsi delle domande. Io ho vissuto in pieno il Concilio Vaticano II, i cui documenti sono stati approvati e ora sono dottrine. Quella apportata dal Concilio è stata una rivoluzione copernicana, la Chiesa da quel momento avrebbe dovuto essere “semper gloriosa, semper penitens, semper reformanda”. Il mio grido è questo, non sono stati rispettati gli esiti del Concilio, è stata frenata la primavera della Chiesa!

E la coscienza personale?
Il primato della coscienza personale ormai è dottrina certa. La tua coscienza non è dipendente da nessuno, non si può e non si deve ridurre il dono che Dio ci fa, la fede, ad un principio di autorità come può essere quello papale. Giovanni Paolo II ha frenato l’applicazione dei dogmi del Concilio Vaticano II, Ratzinger ha completato il processo. Mi dicano quello che vogliono, io non taccio.

Non teme la scomunica?
Certo, ma io non taccio. Savonarola come me chiedeva cinque secoli fa la riforma di una Chiesa simoniaca. Noi come Chiesa dobbiamo camminare insieme al popolo, non dobbiamo difendere in modo autoreferenziale, imporre, costringere. Quel grande inno che è Imagine di John Lennon mi ha colpito e commosso durante la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi, ricordiamoci di essere una grande famiglia umana. Capisce? Non posso tacere, ho ottantaquattro anni e lotto per la mia Chiesa, quella di Gesù.

Cos’è che unisce l’Italia oggi?
La Costituzione, scritta in quattro mesi e mezzo da gente di matrici diverse e talvolta opposte eppure così unificatrice.

Colgo l’occasione per addentrarmi nella politica. Un recente articolo del Giornale, feudo principale della destra berlusconiana, l’ha accusata di essere “il prete burattinaio che influenza le scelte di Doria, il sindaco di Genova.”
Tramite una trasmissione radiofonica ho risposto all’articolo, chiedevo un faccia a faccia televisivo con il giornalista, per chiarire le sue posizioni. Non ha mai risposto. Senza contare che quando Doria ha nominato la giunta, dei dodici assessori ne conoscevo soltanto uno, i restanti undici continuo a non conoscerli!

Il Giornale, sempre in quell’intervista, la definisce “comunista aromatizzato al vangelo”. Quant’è difficile essere un prete orientato politicamente in una curia così conservatrice?
In quanto cittadino devo coniugare ogni giorno l’impegno di fede con l’impegno civile. In Chiesa si parla di fede, fuori non si può non parlare di attualità e politica. Mi sento molto inadeguato, senza contare che “comunista” e cose simili sono titoli gratuiti. Vado d’accordo con chiunque, l’importante è che l’obiettivo propritario di entrambi sia il bene comune, la giustizia, la pace. Se uno di sinistra dicesse sì al referendum di Pomigliano e sì alla TAV non camminerei con lui. A Torino non avrei mica votato per Fassino! Quest’accusa di comunismo non ha senso, so bene cosa fosse il comunismo della rivoluzione sovietica, in più sono entrato da giovane tra i partigiani, io la democrazia l’ho vista nascere a diciassette anni, non vorrei solo vederla morire.

Voterebbe Bersani nelle presidenziali 2013?
Ho creduto in Bersani dopo la caduta di Veltroni, ho cercato di sostenerlo, volevo davvero che costruisse qualcosa. Vedevo Veltroni scrivergli per mezzo del Corriere, Fassino per mezzo della Stampa. Ce l’avevano una sala a Roma in cui parlare? L’ho anche detto a Bersani, piuttosto una sala gliel’avrei data io, per mettersi d’accordo. La gente aspettava la pratica della democrazia!

Ogni giorno entra in contatto con realtà dolorose e difficili. A cosa si appiglia per continuare a combattere?
Io ho una grande passione per l’uomo, in questo mare agitato credo in tre grandi cose, ho tre grandi bussole a bordo. Il Vangelo, la Costituzione, ed infine un Vangelo laico. Cos’è il Vangelo laico? La poesia, la musica, una voce che si ispira agli ultimi, una brezza non violenta senza fini di lucro, l’anticapitalismo, l’ansia e l’inquietudine per la giustizia sociale, la solidarietà e i diritti della persona. Non l’elemosina, non la beneficenza: il mio terzo Vangelo è il Vangelo secondo De André.

Nel sistema di Don Gallo al centro c’è l’uomo. Mi ricorda la filosofia di Feuerbach, all’interno della quale tuttavia l’uomo escludeva Dio e viceversa. Dov’è che Dio e l’uomo si incontrano?
Nell’uomo, in tutti gli esseri umani! Lo dice la parola stessa, “incarnazione”. Dio si mescola all’uomo e cammina al suo fianco, lo irradia con la sua luce. Si ricorda quel bellissimo quadro di Van Gogh, il Seminatore? Ecco, il contadino che semina è l’uomo, il Sole sullo sfondo equivale a Dio. I raggi del sole illuminano il seminatore e lo riscaldano. Ma pensa che i raggi facciano distinzioni, che si posino soltanto su qualcuno, che evitino i gay, i trans, i divorziati, gli handicappati, i tossici, le puttane, gli emarginati? No, i raggi del Sole illuminano tutti allo stesso modo.

Intervista e articolo di Matteo Fontanone.


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