Sono stanca come donna di combattere contro una pubblicità che non smette di evocare facili e banali doppi sensi sul corpo delle donne.
Questa volta il fatto succede a Riccione, in occasione della manifestazione “Notte Rosa” prevista per il prossimo 3 luglio dove la gieffina Cristina Dal Basso posa in lingerie nera molto sexy accanto alla scritta “fiGA’ e bomboloni…
Ho decisamente poca voglia di controbattere al cattivo gusto dell’accostamento verbale…ma facendo uno sforzo su me stessa, cerco di riflettere per demolire quelle pubblicità che fanno leva sul desiderio sessuale per indurre ad un acquisto.
Sappiamo che la Riviera è in ginocchio a causa della crisi e del maltempo, quindi passi per l’iniziativa dei bomboloni distribuiti gratuitamente nel corso dell’evento, ma che si ricorra per far clamore all’invenzione di una bevanda energetica a base di guaranà, battezzata per l’appunto con la provocatoria sigla “fi.GA.”: uno pseudo acronimo abbastanza eloquente…è più difficile da digerire.
La scelta, quindi, non casuale di Cristina Del Basso, la maggiorata che tanto orgogliosamente mette in mostra un seno gonfio e fuori misura come evidente “specchietto per le allodole”…perché il seno, lo sappiamo tutti, rappresenta, insieme ai glutei, la caratterizzazione sessuale più evidente del corpo di una donna, che porta con sé una serie di implicazioni psicologiche e sociali profonde, e che in questo caso ci pare abbondino esplicitamente…
La scelta poi dello slogan presente nella locandina pubblicitaria : “fi.GA. e bomboloni”, denota che l’uso della volgarità vada di pari passo con la mancanza di idee da parte degli autori e la mancanza di professionalità creativa. Per me l’utilizzo improprio del corpo, sia femminile sia maschile, sia infantile, è la rivelazione dell’incapacità del pubblicitario a trovare argomenti sostenibili e soluzioni creative in grado di impattare ed essere convincenti con gusto e originalità.
È una sua debolezza.

La creatività paga. In questo caso la mancanza di idee innovative, ha costretto banalmente a rimediare attraverso una campagna shock e volgare.
Credo che la pubblicità commerciale sia una questione di valori, di responsabilità sociale oltre che deontologica. Come ogni professione anche quella del pubblicitario è regolata da precisi obblighi etici perché essa rappresenta uno dei tratti distintivi della comunicazione sociale ed interpersonale dell’oggi, interagendo con il quotidiano valoriale dei ‘consumatori’ di ogni fascia di età.
Lungi dal voler fare moralismi, peraltro inutili, appare sempre più evidente la necessità di fare qualcosa che incida su questo dilagare di inutile e banale volgarità che offende il concetto di messaggio pubblicitario, segno artististico e energie creative.
A questa pubblicità strumentale che veicola messaggi che puntano solo ad un effetto pressoché immediato, che è partita per chissàdove, e chissà quando mai si fermerà: estrema, scioccante, e volgare, diciamo: Basta!
La pubblicità è l’arte d’insegnare
alla gente a desiderare certe cose.
Herbert George Wells
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