E come ogni volta.
Come ogni maledettissima stagione invernale.
Così come arriva Novembre, che decreta l'inizio.
Eccola subito lì.
Ecco che arriva Aprile a decretare la fine.
L'intrinseca necessità di contenere un termine perentorio, un limite temporale stabilito a priori, in un momento di inizio.
Come in tutte le cose, come in tutto il vivere.
Come se non fosse possibile il trascorrere di così tanto tempo attraverso quella che diventa una percezione falsata, resa poco attendibile dal personale significato attribuito a questo susseguirsi di ore, giorni, mesi. Un significato quindi solo "tuo". Unico. Che diventa un tempo infinitesimamente breve.
Arriva l'ultimo giorno.
La vista del paesaggio all'orizzonte.
L'ultimo pensiero dedicato al vissuto, al momento di essere lì, così in alto.
A 2600 metri. Dove le regole di vita sono un filo diverse, dove non ci sono uffici, orari, cemento, dove nessuno ti dice cosa devi o non devi fare, non ci sono doveri, frustrazioni, obblighi, dove tutto quello che è e che vivi è tale per il semplice fatto di aver avuto la possibilità di scegliere di dedicare del tempo, a questa tua passione.
Scegliere di vivere questa immensa bellezza, dove puoi portare con te le persone che ami, fare quello che ti va, in modo infantile - se vuoi - ma senza tante pretese, senza tante domande. Metterti alla prova, essere serena, senza problemi, con la tua tavola e la voglia di essere esattamente lì dove sei, con tutta te stessa. Imparare cose nuove, provare e riprovare. Fino alle ultime forze. Fino a che le gambe fanno male.
Con il sorriso delle persone con te che disarma e illumina gli occhi.
Come i colori del tramonto dietro il Grostè.
Tutto inizio' in un soleggiato giorno di Settembre, con una disperata ricerca di quella che sarebbe diventata la nostra casa-vacanze invernale, a Dimaro, in Val di Sole, e con l'aver poi trovato un pittore pazzo che stendeva mutande sugli alberi in giardino. [...]
Se dovessi elencare un po' di cose, così, random, come faccio ogni volta che finisce una stagione (un po' per la mia mania degli elenchi, un po' per poter fermare qualche attimo di suprema meraviglia, imprimendo il cuore e la memoria di nostalgia), ecco. Scriverei, all'incirca, queste cose.
Snowboard, in primis, la colazione allo Stoppani, la corriera che non passa mai, La Silvia e il secchio di spritz delle 16.00, la fatica, l' Ursus Park, la Mastellina - solo se agli 80 km/h - e solo con le due cunette da saltare alla fine, la tagliata del Dolomiti, la Mery e i suoi cagnoni, le terme, le lezioni con Giacomo, la neve fresca - tutte le volte che c'è stata, il mini kicker costruito al Tonale in un soleggiato venerdì di Gennaio, i nuovi grab e i nuovi trick provati e riprovati, i nuovi amici, Just Dance, il pigiama di Boni e i gatti per casa, la muffa sui muri, Cocco-Landia, la tendina della doccia - che come faremo senza, il Chiks on Board, Pschhhht, i film d' horror, il pandoro Mattonato, Team Chi(a)ppettes - con relativa giacca, i racconti di Robbi Villani durante il viaggio in ovetto - 25 minuti di puro delirio quotidiano, i legamenti stirati dai press, le cartelle, sbagliare sempre la velocità sull'ultimo salto, il divano con i microbi. La Pasticcera. Il bar a Daolasa, la pizza alla Spleuza. Il tramonto. Il freddo di casa, risolto a fine stagione. Gli insulti ripetuti a Dino Stanchina. Le noci e gli orsetti. Quel familiare, inconfondibile "profumo" di casa.
E come ogni volta, come ogni maledettissima volta.
Succede sempre.
Anche questa stagione è finita.
Lo sapevo.
(Certo, ma non mi ci abituero' mai, ai finali delle cose belle).