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In tempi di crisi risponde Apollinaire...due parole di spiegazione
Creato il 21 febbraio 2012 da AmdusciaPrima di proseguire con l'abituale rubrica sono a questo punto necessarie due paroline di spiegazione del perchè e del per come questo progetto sia nato.
Occorre, ovviamente, spendere qualche riga sull'autore a cui fa riferimento.
Wilhelm Albert Włodzimierz Apollinaris de Wąż-Kostrowicky è stato sicuramente un uomo che ha dovuto fare della cultura un'esigenza di vita. Figlio naturale di una contessa polacca (Angelica de Wąż-Kostrowicky) e di un ufficiale italiano fu costretto fin da piccolo a confrontarsi con l'angoscia di una situazione monetaria in perenne crisi che lo spinse ben presto a seppellirsi nelle letture. Fu proprio la sua cultura, acquisita da autodidatta che gli fornì la spinta giusta per proporsi come educatore privato presso una famiglia tedesca della Renania e a risanare in parte le finanze della famiglia che di abbondante aveva solo i debiti e la fama che consegue nel possedere un titolo nobiliare.
I suoi scritti giovanili, intrisi dello stupore di un giovane che si affaccia al mondo attirarono l'attenzione di illustri scrittori tra cui Alfred Jarry che ben resto lo introdusse nel ben più ricco di stimoli ambiente culturale della Parigi del primo novecento. Avanguardista di pensiero e nello stile finì subito con l'appoggiare le emergenti correnti artistiche del Cubismo (era buon amico di Picasso) e del Dadaismo. Appassionato di novelle erotiche e, in senso lato, di tutto ciò che concerne il sentimento e il trasporto rivisita il De Sade, esplora la Londra tra la fine del '700 e i primi dell'800 fornendo aneddoti esilaranti tratti dalle cronache d'epoca sulla condotta di vita della dissoluta nobiltà inglese con il suo "I bordelli di Londra: cronache libertine". Appassionato di storia, oltre che di poesia, scrive un lungo romanzo sui Borgia e poi ancora poesia, poesia e poesia; sia in stile classico che in verso sciolto che senza punteggiatura, soggetto, verbo e sostantivo nel tentativo di avvicinarsi al nuovo stile retorico del Futurismo Rampante.
Quello che però contraddistingue la sua narrativa sta proprio nel fatto che, nonostante nei suoi scritti vi sia un'insofferenza sottile nei confronti della borghesia emergente e ancora peggiore nei confronti della nobiltà (acquisita o di nascita) Apollinaire non offre nessun tipo di critica sociale o morale.
"Le Undicimila Verghe", venuto alle stampe nel 1907, si rifà esplicitamente alla "Justine" del De Sade che,per sua stessa ammissione, si definiva un "moralizzatore" o perlomeno un fondatore di una nuova morale, eppure quegli eccessi morbosi, quel fascino perverso per la degradazione del corpo e dello spirito in Apollinaire vengono a mancare. Nonostante ecceda abbondantemente nella descrizione di dettagli privatamente anatomici e del loro utilizzo massiccio sul campo, la sua prosa è irridente ma non cerca mai di urtare la sensibilità del lettore. Le vicende che coinvolgono l'Hospodar Mony Vibescu (autoproclamatosi Principe nonostante "hospodar" voglia dire in romeno "Ufficiale Burocratico") terminano costantemente nella farsa e i personaggi goderecci (sia uomini che donne) si alternano ai "personaggi da operetta" ben lontani dai dottori insigni e depravati scelti dal De Sade per le sue storie.
Ancora, Apollinaire scrive molta poesia tralasciando gli importanti temi ottocenteschi dello struggimento e del dramma. Delicatezza e violenza si alternano in un caleidoscopio di sensazioni in cui l'amore e le ripercussioni agro-dolci che ne seguono la fanno da padroni.
Nei contenuti di questa rubrica , invece, non troverete nulla di tutto ciò.
Buona parte della produzione letteraria di Apollinaire non offre nessuna soluzione o riflessione sui problemi della sua epoca. La sua prosa è ancorata al presente, al "vissuto" ed evita sapientemente,a d esempio, di offrire spiegazioni sulle situazioni economiche e politiche che spinsero l'europa nella prima guerra mondiale, nonostante questo argomento fosse oggetto di analisi da parte di un buon numero di intellettuali e artisti dell'epoca.
I racconti e le storie che troverete sotto questa rubrica non seguono lo stile di Apollinaire e non vogliono in nessun modo essere un prosieguo della sua attività letteraria. Il comun denominatore di tutto ciò che (spero) leggerete sta nell'idea di fondo che molto spesso ciò che ci circonda, ci inquieta o ci trascina non ha sempre un fine causale e non è nemmeno un accumularsi di piccoli effetti. "Noi diamo un senso alla realtà ma, in sè, la realtà non avrebbe senso" diceva il grande sociologo austriaco Max Weber, perciò è solo attraverso la volontà che voi (e probabilmente io stesso) riusciremo a trovare un senso nascosto dietro le parole che leggeremo e che, sappiatelo, apparterrà solo a noi...e a noi soltanto.
E che si possa tutti, prima o poi, considerare la realtà e i suoi problemi come la ebbe a definire lo stesso Apollinaire parlando della guerra: "Un Grand Spectacle".