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Incastri e case capienti

Creato il 30 novembre 2010 da Lacapa

Quando le Dears sono arrivate a Edimburgo, tirava un vento che trascinava via qualunque cosa. Loro erano imbacuccate – ma neanche troppo, le incoscienti – e si tiravano dietro un trolley ciascuna più due valigie grandi, perché io avevo detto loro di star leggere, per una settimana, e loro mi ascoltano sempre, e si vede.

Insomma, camminavamo lungo Leith Walk con queste raffiche gelide che ci sferzavano la faccia e, accanto a noi, passavano tipi in magliettina a maniche corte e pantaloncini, che correvano come se niente fosse, come se la temperatura percepita fosse la stessa che in Sicilia in un giorno di primavera.

Dearfriend Porno, quando ha visto il primo, ha dato di matto: «Un pazzo, un pazzo, un pazzo!», ha cominciato a gridare per la strada, inseguendo il povero corridore che, troppo preso dal suo impegno sportivo, di lei non s’è neanche accorta. Dovevate vederla, Dearfriend Porno, tutta devota alla denuncia del male assoluto rappresentato dai pazzi maratoneti scozzesi.

Oppure dovevate vedere Miamiglioreamica che s’è innamorata di un edificio e non ha fatto altro, per sette giorni, che fotografarlo in tutte le sue diverse angolazioni, con qualunque tipo di luce e di effetto: gliel’ho spiegato più volte che era un albergo, soltanto un albergo. Di lusso, è vero, ma pur sempre un albergo. Ma lei non riusciva a farne a meno: ci passava davanti e poi… click! Ha smesso solo quando ha scoperto il negozio con le decorazioni di Natale vicino alla stazione dei bus, ché evidentemente ritrarre solo un soggetto le sembrava uno spreco e allora ha deciso di dedicarsi a due.

E SeMiRilasso? Sostava per minuti interminabili, ogni volta che poteva, davanti alla stessa vetrina di un negozio di un brand internazionale, una roba che pure nel paesino più piccolo del Molise te la ritrovi uguale, e osservava quell’unico maglioncino, decantandone le lodi e la perfetta fattura. Visto che costava cento sterline, però, ha dovuto convenire circa un difetto incolmabile del capo d’abbigliamento più bello che le avesse mai visto: non era cucito con filo d’oro.

DearLowe teneva la contabilità, badava che le Dears non finissero sul lastrico e s’innamorava di attempati percussionisti che trasudano fascino da tutti i pori, che sorridono e continuano a suonare. «Ce l’ha scritto in faccia che è uno che ci sa fare», diceva DearLowe, mentre io bevevo mezzo litro di sidro tutta sola, ché al pub con la carta non si potevano pagare meno di cinque sterline e io ero l’unica coi contanti.

Le Dears sono rimaste con me per una settimana, e alla fine stavo per impazzire: una stanzetta più lunga che larga, in tre in un letto, due per terra, il bagno che s’allaga perché la doccia si intasa, la cucina sempre sporca, il computer da dividere, la spazzatura che si moltiplica senza una ragione apparente, gli appuntamenti dati in un posto e loro che vanno in un altro, i miei colleghi trattati malissimo, le mie coinquiline torturate di domande, il disordine, i miei cappelli che non erano più miei, le gomitate nella notte, SeMiRilasso che russa, Miamiglioreamica che prima di uscire deve sistemarsi i capelli col fon, DearLowe con le scarpe rotte e Dearfriend Porno che lasciava i giornali aperti davanti al gabinetto.

Ma poi uscivamo e, dopo esserci fermate in ogni ridicolo e costosissimo negozio di souvenir idioti, ridevamo già di tutto e ci divertivamo. Come quella sera che, dopo Scozia – Sud Africa di rugby, eravamo sedute al tavolo accanto coi giocatori della nazionale sudafricana e alcuni ex atleti, attualmente manager e roba del genere. E nello stesso pub c’erano pure il percussionista di cui s’è innamorata DearLowe (ma pure io, e pure Dearfriend Porno, e pure Miamiglioreamica, e pure SeMiRilasso) e il cantante-chitarrista coi capelli cotonati e la voce sensuale, che diceva che SeMiRilasso era molto carina, e diceva pure altro, ma SeMiRilasso non l’ha capito e lui le ha sorriso e le ha detto: «Don’t worry».

Oppure quell’altra sera, alla festa nella living room del residence dove abitavo io: volevano sapere tutti delle mie amiche italiane, perché erano divertenti e allegre, e non parlavano una parola d’inglese, la qual cosa le rendeva una compagnia ancora più gradita, ché comunicare in lingue diverse regala un ventaglio di situazioni buffe quantomeno colorato. E se è così da sobrie, figurarsi da sbronze in discoteca, con la musica alta, un’altra birra in mano e la stanchezza accumulata addosso.

Nonostante tutto, le Dears in Scozia non sono state male. Ne sono sempre più convinta: basterebbe una casa abbastanza grande, e poi saremmo le coinquiline perfette.

Mi piacciono gli scambi di opinione, anche se sono critici, mi piace partire da una ricetta, magari di una regione diversa dalla mia, o di una nazione diversa, e scoprire mille altre cose che mi erano sfuggite o che semplicemente conosce solo chi è nato e cresciuto in un certo luogo. Mi piacciono le relazioni che si creano e che si approfondiscono fino a diventare vere amicizie


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