Nella prima mattinata di domenica è morto suicida Cosimo Catalano, quarant’anni, esponente delle ‘ndrine piemontesi nonché imputato
Attribution: Daniele Mosna.
nella maxi operazione Minotauro. Catalano, già ricoverato in ospedale sabato sera per un forte stato di agitazione, domenica mattina è uscito di casa di buon’ora e, percorsi a piedi due chilometri e mezzo, si è buttato da un cavalcavia sulla Torino-Pinerolo nei pressi dello svincolo per Voghera.Curioso caso di corsi e ricorsi, perché esattamente un anno fa moriva suicida Giuseppe Catalano, padre di Cosimo ma soprattutto potente capozona della ‘ndrangheta, anche lui arrestato nel giro di vite della Minotauro.
La famiglia Catalano, originaria di Siderno in provincia di Catanzaro, era a capo di un fitto sistema di clientele e protezioni che, prima di essere stroncato dalla Minotauro, aveva il suo perno nel Bar Italia di via Veglia, luogo in cui avvenivano gli incontri tra criminalità e politica (Porchietto e Bertot, entrambi del Pdl). Giuseppe, una delle figure chiave dell’operazione antimafia messa in atto nel 2011, era stato anche uno dei primi ad essere condannati: insieme a lui Franco d’Onofrio, che dalle parole dello stesso Catalano risultava essere il boss della locale di Nichelino. All’interno della gerarchia mafiosa, il peso specifico di Cosimo era di gran lunga inferiore rispetto a quello del padre, lo ammettono gli stessi inquirenti che investigano sul suicidio. Quali sarebbero le motivazioni di un gesto così definitivo? Le prime ipotesi parlano di depressione in seguito alla confisca dei beni di famiglia voluta dal Tribunale di Torino (il Bar Italia sopra citato ora è gestito da Libera).
Il suicido di Catalano figlio fa pensare a quanto detto da Roberto Saviano solamente poche settimane fa al Salone del Libro di Torino. L’autore di Gomorra sosteneva che, secondo la mentalità mafiosa, la trafila giudiziaria e l’eventuale carcere non rappresentino una tragedia per l’inquisito ma una grande opportunità di mostrare a chi rimane fuori la propria fedeltà, la propria aderenza alle logiche della società criminale. Conseguenza di ciò, sempre secondo Saviano, la riconoscenza incondizionata della famiglia mafiosa nei confronti dell’incarcerato, che non sarebbe così rimasto solo ed anzi, si sarebbe legittimato e fortificato più che mai. Alla luce di quanto visto fino ad ora, sembra che questa teoria in Piemonte non regga. Nel frattempo, la Minotauro procede con lentezza e scarsi risultati nell’aula bunker delle Vallette e proprio oggi esce uno sconcertante dossier di Libera sulle cosche della ‘ndrangheta in Valle d’Aosta. I tentacoli della Piovra non indietreggiano di un millimetro.
Articolo di Matteo Fontanone