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Basta il titolo a spiegare di quale libro parlerò oggi. Asimov e Io robot, un'accoppiata conosciuta quasi da tutti. Un romanzo, questo, che negli anni (ricordate che è stato pubblicato nel lontano 1950) ha fatto parlare di se, ha dettato legge nel campo della letteratura di fantascienza, e si è guadagnato quella fetta di immortalità che solo i migliori ottengono.
È quindi naturale che, vista la mia passione per la fantascienza, arrivassi a parlarne, prima o poi. La prima intenzione era quella di dedicargli una sorta di recensione/dossier, ma visto che il tempo9 a mia disposizione è poco e non ho ancora trovato il modo di rileggerlo, la farò slittare a data da destinarsi. Però un paio di parole voglio comunque spenderle, prima di lasciarvi all'incipit. Io robot è una raccolta di racconti, con protagonisti gli stessi personaggi, che ruotano tutti attorno alla stessa ambientazione. Questa raccolta ha avuto una storia travagliata, almeno per quanto concerne il titolo: Asimov, nel 1939, legge un racconto dal titolo Io robot, scritto da Eando Binder, dal quale trae ispirazione per un suo racconto breve con protagonista un robot, dal titolo Robbie. L'editore, però, si rifiuta di pubblicarlo, fino a un anno dopo in cui vede la luce sulla rivista Super Science Stories. In quell'occasione il titolo viene modificato in Uno strano compagno di giochi (Strange Playfellows), cosa che non viene digerita dallo stesso Asimov. Solo nel 1950 esce finalmente la raccolta completa, anche stavolta, sempre contro il volere di Asimov, rubando a piene mani il titolo del racconto di Binder. Unica consolazione per Asimov, che riesce a mantenere il titolo originalmente scelto per il primo racconto, Robbie. E il resto, si sa, è storia…
"Novantotto, novantanove, cento." Gloria riabbassò le braccia paffute con le quali si era schermata gli occhi e battendo le palpebre nella luce del sole. Poi si allontanò cautamente dall'albero cui si era appoggiata, cercando di guardare contemporaneamente in tutte le direzioni. Girò il capo per controllare un folto cespuglio alla sua destra, poi arretrò ancora per poter frugare con lo sguardo negli angoli meno illuminati. Il silenzio era profondo, rotto solo dall'incessante ronzio degli insetti e, di tanto in tanto, dal grido solitario di qualche uccello che sfidava coraggiosamente il sole di mezzogiorno. "Scommetto che è rientrato in casa," si imbronciò Gloria. "Eppure gli ho detto un milione di volte che non è leale." Strinse le labbra, mentre un cipiglio severo le riempiva la fronte di rughe, e si avviò a passo deciso verso la casa che sorgeva al di là della strada. Udì troppo tardi il fruscio che si levava alle sue spalle, la caratteristica cadenza ritmata dei passi di Robbie. Si girò in tempo per vedere il suo compagno di giochi spuntare trionfante dal nascondiglio e correre verso l'albero.
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