Il Tartufo di Molière è stato rappresentato per la prima volta nel 1664, ma forse ancora oggi è la satira più feroce che mai sia stata scritta contro l’ipocrisia e il moralismo fanatico ostentato dai tanti, troppi personaggi influenti che si impongono nella società.
Molière con il Tartufo prende di mira tutti quei falsi devoti che, in opposizione ai libertini, amorali e atei, si riuniscono in congregazioni con lo scopo di tutelare la religione e e il buon costume.
La parola tartuffe denota sia il tartufo come tubero che la persona disonesta, e Tartufo, il protagonista della commedia, figlio di povera gente, è proprio un disonesto che, non avendo i mezzi per eccellere, si serve dell’ipocrisia per raggiungere i suoi scopi.
Come dice lo stesso Molière: “avendo pochi mezzi e molta ambizione, senza alcuno dei doni necessari per soddisfarla onestamente, risoluto tuttavia a saziarla a qualunque prezzo, sceglie la via dell’ipocrisia”.
Per Cesare Garboli il teatro è il luogo delle grandi avventure in un piccolo spazio, una sorta di microcosmo che fa grandi le storie.
Molière, per il critico viareggino, non è stato solo un oggetto di studio, ma, come lui stesso lo definì, un “incontro di seduzione”. Al teatro del commediografo francese, Garboli ha sempre prestato un interesse particolare, esclusivo.
A trecento anni di distanza Tartufo sorprende ancora per attualità di temi e situazioni. E’ un personaggio complesso e, perciò, moderno. Lo si comprende bene leggendo questi testi riuniti da Adelphi che incantano per la grande modernità e per l’estrema ricchezza di tonalità.
Cesare Garboli, Tartufo, Piccola Biblioteca Adelphi, Adelphi 2014.