A qualche giorno dalla guerriglia urbana che ha devastato alcune strade del centro storico di Roma forse è possibile avventurarsi in un’analisi più pacata degli avvenimenti e porsi qualche interrogativo circa la portata sociale e politica del movimento dei cosiddetti “indignados”.
Partiamo dal nome “indignados” che, come spiega in modo chiaro e approfondito Luca Sofri sul suo blog, probabilmente si sono visti appioppare questo nome da alcuni mezzi di informazione ai quali faceva comodo “colorare” il fenomeno con questo termine.
A pensarci bene però in Italia il termine “indignati” non sembra stonare con quello che si vede e si sente in giro.
Se cerco nel dizionario Hoepli online (mi perdoneranno quelli di Wikipedia Italia) il vocabolo “indignazione” ottengo questa definizione:
“Vivo risentimento che si prova per ciò che si ritiene indegno, riprovevole, ingiusto: sentiva un’indegnazione santa, per la turpe persecuzione della quale era divenuta l’oggetto Manzoni; provare i.; suscitare i.”
tutto sommato c’è una certa coerenza tra il nome del movimento e l’atteggiamento di coloro che hanno partecipato alla manifestazione di Roma.
Tutti sembravano abbastanza risentiti e in effetti si è parlato più volte di situazioni indegne per il nostro Paese e ingiuste.
Il problema è capire qual è l’oggetto di questa indignazione e per fare questo ho cercato un manifesto del movimento internazionale o un qualcosa che potesse aiutarmi ad inquadrare meglio i principi sui quali si basa questa protesta che è scoppiata in tutto il mondo.
Ho trovato qualcosa su Facebook (sic!) alla ricerca “manifesto indignados”.
Riporto il fulcro del messaggio:
Le priorità di tutta la società avanzata devono essere l’uguaglianza, il progresso, la solidarietà, il libero accesso alla cultura, la sostenibilità ecologica e lo sviluppo, il benestare e la felicità delle persone.
E fin qui non mi pare ci sia nulla da obiettare o di diverso da quello che vorrebbe forse qualunque persona al mondo tranne qualche camorrista o terrorista.
Esistono dei diritti basici che dovrebbero essere tutelati in questa società: il diritto ad una abitazione, al lavoro, alla cultura alla salute, all’educazione, alla partecipazione politica, al libero sviluppo personale, e il diritto al consumo di beni necessari per una vita sana e felice.
Si rimane sul generico.
L’attuale funzionamento del nostro sistema economico e governativo fa si che non ci si occupi di queste priorità e questo diventa un ostacolo per il progresso dell’umanità.
Qui il discorso comincia a farsi interessante, in effetti negli ultimi anni la crisi economica ha messo in evidenza le debolezze del sistema finanziario internazionale. L’impressione che gli eccessi del mercato e della speculazione si abbattano a valanga sulla vita quotidiana dei cittadini è molto forte. Ma adesso parte il pippone democratico:
La democrazia parte dal popolo (demos = popolo; crazia = governo) e allora è il governo che dev’essere nelle mani del popolo. Tuttavia, in questo paese la maggior parte della classe politica non ci ascolta neanche. Le sue funzioni dovrebbero essere quelle di portare la nostra voce fino alle istituzioni, facilitando la partecipazione politica cittadina tramite percorsi diretti e procurando il maggior beneficio possibile alla maggior parte della società, non quella di arricchirsi e crescere a nostro carico, accogliendo solo i dictat dei grandi poteri economici e rimanendo attaccati al potere attraverso una dittatura partitocratica capitanata da inamovibili sigle.
Giusto!
La bramosia e l’accumulo di potere nelle mani di pochi genera ineguaglianza, esasperazione e ingiustizia, il che conduce alla violenza, che rifiutiamo. L’obsoleto ed antinaturale modello economico attuale blocca la macchina sociale in una spirale che si consuma da sola arricchendo pochi e riducendo alla povertà e alla mancanza del necessario per sopravvivere il resto della popolazione. Fino al collasso.
Giusto giusto, mi piace!
La volontà e scopo del sistema è l’accumulo di denaro, mettendolo al primo posto tra gli obiettivi, al di sopra dell’efficacia e del benessere della società. consumando risorse, distruggendo il pianeta, generando disoccupazione e consumatori infelici.
Bello, lo incollo nel mio profilo di Facebook
I cittadini formano parte dell’ingranaggio di una macchina destinata ad arricchire una minoranza che non è a conoscenza delle nostre necessità. Siamo anonimi, però senza di noi niente di tutto questo esisterebbe, cioé noi muoviamo il mondo.
E allora diamoci la mano e tutti insieme camminiamo…
Se come società ci abituiamo a non agganciare il nostro futuro ad un’astratta rendita economica che mai sarà per beneficio della maggioranza delle persone, potremmo eliminare gli abusi e le mancanze di cui tutti siamo vittime.
Questa sembra dettata da Nichi Vendola. “agganciare il nostro futuro ad un’astratta rendita economica”
Si rende necessaria una Rivoluzione Etica. Abbiamo messo i soldi al di sopra dell’ Essere Umano e dobbiamo far si che siano al nostro servizio. Siamo persone, non prodotti di mercato. Non sono solamente ciò che compro, il perché lo compro e a chi lo compro.
Ed ecco per finire il pippone anticapitalsta. Chi volesse leggere il manifesto integrale può farlo qui.
Proposte concrete? Nessuna. Solo protesta fine a se stessa, molto simile ai tanti volantini e manifesti che hanno fatto la fortuna dei vari Agnoletto sparsi per il mondo.
Seppur con tutti i limiti evidenti di una protesta tanto per protestare, il movimento degli “indignados” nel mondo ha il merito di muovere qualcosa, di far uscire dall’ignavia parecchi giovani e di portare l’attenzione sulla precarietà portata dalla crisi. Solo questo però.
E in Italia nemmeno questo.
Perché gli “indignati” italiani non erano giovani che si battevano per il loro futuro anche perché grossa parte erano over 50 che difendevano la propria pensione, i soliti “indignati” contro Berlusconi, indignati del fatto che il giorno prima il governo aveva ottenuto la fiducia.
Le immagini lo provano, le reazioni pure e la vile aggressione nei confronti di Marco Pannella ne è un esempio lampante.
In Italia le manifestazioni non si sottraggono al solito vizio che ammorba anche l’informazione e la vita di tutti i giorni: il proprio ombelico. Gli indignados internazionali sognano un mondo migliore e un equilibrio internazionale, seppur in modo utopistico, in Italia sognano Berlusconi morto.
Veniamo ai violenti.
Si è detto tanto che i black block hanno rubato la scena ai protestatari pacifici, rubando ingiustamente l’attenzione dei media che si sono occupati più delle devastazioni di pochi delinquenti rispetto ai giovani-speranza-per-il-futuro-a-cui-è-stato-rubato-il-futuro e amenità varie.
Io vorrei lanciare una provocazione come si usa ultimamente: ma non è che invece i violenti hanno fatto un favore al movimento perché se ci si fosse concentrati solo sulla protesta ci si sarebbe accorti che è fondata un po’ sull’ideologia trita e ritrita del movimento noglobal?