Indignatevi! di Stephane Hessel è un libro che si presta ad un dibattito piuttosto acceso.
Il testo originale di sole 32 pagine viene qui corredato da un insieme di commenti e recensioni che, a mio modo di vedere, hanno come funzione principale il portarlo ad una lunghezza pubblicabile, piuttosto che quello di preparare il terreno per una discussione vera e propria.
Il saggio presenta indicazioni concrete che però hanno come argomento realtà troppo fuori dalla vita comune dei giovani di oggi.
Condivido in pieno alcune frasi che fungono da sprone:
“Auguro a tutti voi, a ciascuno di voi, di avere il vostro motivo di indignazione. E’ una cosa preziosa. Quando qualche cosa vi indigna come sono stato indignato io per il nazismo, allora si diventa militante, forte ed impegnato.”
Oppure:
“Il peggiore degli atteggiamenti è l’indifferenza, dire “io non posso niente, me ne infischio.” Comportandovi così perdete una delle componenti essenziali che ci fa essere uomini.”
Niente di più esatto.
L’invito all’indignazione, all’impegno, alla partecipazione da parte dei giovani, sempre più disillusi e sempre meno entusiasmati da ciò che vedono tutti i giorni, è cosa fantastica ed encomiabile.
Soprattutto coglie in pieno quello che è il problema di fondo: l’indifferenza e il senso di adattamento che tanti, troppi ragazzi, hanno assunto in maniera passiva.
Nel mio piccolo vedo tutti i giorni decine di giovani ventenni che alla domanda “dimmi una cosa che ti piace per davvero” non sanno cosa rispondere.
Non si accorgono che il mondo di oggi non regala nulla e se non si danno da fare non usciranno facilmente da questa situazione.
Fortunati noi che vent’anni fa avevamo decisamente più prospettive.
Torniamo al libro però, perché una cosa bisogna dirla:
nobili le idee, belle le intenzioni, forte l’appello che Hessel lancia alle nuove generazioni, però sbagliato l’argomento, oppure se non sbagliato, semplicemente non in grado di accendere entusiasmi.
Se i ragazzi si ritrovano nei bar e passano i pomeriggi giocando a carte morendo di noia, non è che richiami alla questione israelo-palestinese oppure citazioni dalla carta dei diritti universali possano accendere chissà quali lampadine…
Sarebbe più opportuno, a mio parere, qualcosa di più vicino alla loro vita quotidiana, più legato alle opportunità che eventualmente possano essere colte, insomma qualcosa che tolga loro l’alibi del tanto non serve a niente…
Ragion per cui se non si avvicinano gli argomenti alla realtà quotidiana non si riesce a stimolare nessuno.
Quando nel suo saggio Hessel dice “oggi la mia principale indignazione riguarda la Palestina e la striscia di Gaza” si può certamente essere d’accordo sulla questione di fondo e di principio, ma la mia impressione di distacco dalle piccole realtà che vediamo tutti i giorni non fa che aumentare.
Bisogna rendersi conto che un dibattito sul rapporto Goldstone del 2009 su Gaza, interessa a ben pochi giovani e per coinvolgerli ci si deve avvicinare a loro, ascoltarli piuttosto che dire cosa dovrebbero fare.
Entrare nel loro mondo, domandare ma a te come ti va? piuttosto che cercare di inculcare valori che sebbene importanti vengono sentiti come lontani.
Un libro che non conferma le speranze riposte nel titolo e che poco c’entra con il movimento degli Indignados che hanno argomenti più diretti.
E’ chiaro che per chi ha avuto un ruolo importante nella resistenza francese ai tempi della seconda guerra mondiale, i diritti civili siano la cosa principale che viene prima di qualsiasi altra, ma per fare indignare i giovani occorre parlare più della difficoltà nel trovare lavoro oggi nel mondo occidentale e meno di altre questioni seppur nobili.
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