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Informazione e distorsione

Creato il 04 marzo 2013 da Bagaidecomm @BagaideComm
INFORMAZIONE E DISTORSIONECome è giusto che sia, tutti i quotidiani principali della nazione hanno dato un rilevantissimo spazio alla campagna elettorale dei partiti e dei movimenti civili impegnati nella corsa al Parlamento e alle Regioni in questa parte finale del 2012 e iniziale del 2013. Sul fatto che lo spazio dedicato ai potenziali gestori della Cosa pubblica sia stato quello tipico di un Paese democratico e pluralista non vi è dubbio alcuno, ma sulle fonti da cui sono provenute tali informazioni vi sono alcuni aspetti da notare. Limitando l’analisi ai maggiori quotidiani cartacei italiani, è da rilevare in primo luogo chi siano i proprietari di tali testate giornalistiche: 1)Corriere della Sera: edito da RCS, che annovera tra i suoi azionisti Mediobanca (azionista di maggioranza relativa col 14,209 %), altri istituti bancari (Intesa Sanpaolo, UBS), Assicurazioni Generali, Fiat, Dorint Holding (famiglia Della Valle) e Pirelli. È innegabile che questi azionisti, nelle persone fisiche dei rappresentanti o nelle loro stesse proprietà (essendo tutte società o fondazioni), vengano toccati dalle notizie economiche e sociali pubblicate quotidianamente (anche Corriere della Sera) 2)Repubblica: edito dal Gruppo Editoriale L’Espresso, che ha il suo azionista di maggioranza in Carlo De Benedetti, detentore del 53,818 % del pacchetto azionario. Carlo De Benedetti è notoriamente conosciuto come il possessore della tessera PD N.1. 3)Messaggero: di proprietà di Francesco Gaetano Caltagirone, 883esimo uomo più ricco del mondo, azionista tra le altre di Unicredit e Assicurazioni Generali (di conseguenza con opinione, almeno indirettamente, in merito nel Corriere della Sera). Condannato in primo grado per insider trading in merito al processo Unipol, assolto in Appello, ma con sentenza annullata dalla Corte di Cassazione. È noto che tale processo occuperà ancora spazio in futuro sui quotidiani. 4)Libero: è diretto dall’azionista di minoranza Maurizio Belpietro, in virtù di patti parasociali che ne assicurano la gestione assieme a Vittorio Feltri. Belpietro, condannato in via definitiva per diffamazione nei confronti del magistrato Giancarlo Caselli (protagonista centrale nell’arresto dei mafiosi Bagarella, Spatuzza e Brusca), è notoriamente un uomo di destra. Potrei citare numerosi altri esempi, ma il breve quadro tracciato denota come in Italia i giornali siano per la stragrande maggioranza posseduti o diretti da persone direttamente interessate alle notizie (politiche, economiche e giudiziarie) pubblicate o, nel migliore dei casi, da amici ed sostenitori politici delle stesse. Inoltre, il finanziamento pubblico ai giornali, che come avrete notato sono intrecciati al mondo politico, permette agli stessi di stampare un numero molto più alto di copie rispetto a quello che si stamperebbe senza: mediamente il Corriere della Sera ha in esubero ogni giorno 260000 copie, Repubblica 105000, Il Messaggero 70000, Libero 69000. Questi dati sono arrotondati per difetto. È chiaro, pertanto, che pur arrogandosi (in minima parte) il rischio d’impresa, tali testate possono permettersi di stampare un’infinità di copie in più rispetto a quelle che sanno di vendere. Queste testate e molte altre, in virtù di finanziamenti pubblici clientelari e interessati, non potranno mai fallire! Nemmeno se la gente si accorgesse degli intrecci di poteri pubblici e privati che li caratterizzano! Come diceva Orson Wells in “Quarto Potere” : “Sì, esatto, ho perso un milione di dollari lo scorso anno, perderò un milione di dollari quest'anno e conto di perdere un altro milione l'anno prossimo, di questo passo sarò costretto a chiudere il giornale......tra 60 anni”. Di fronte a una tale situazione di proprietà e direzione lobbystica, di distorsione di notizie, di tutele ingiustificate (fermo restando l’IMPRESCINDIBILE DIRITTO ALL’INFORMAZIONE, perché un imprenditore qualunque può fallire e un giornale no?), di amicizie influenti tra firme e oggetti delle inchieste, può l’opinione pubblica, in un delicatissimo periodo di campagna elettorale, essersi formata un’opinione non direzionata da fonti direttamente interessate? Può, pertanto, l’Italia considerarsi uno Stato che garantisce un’ informazione libera?
Davide Damiani

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