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Innovazione energetica: un altro settore che stiamo abbandonando?

Creato il 02 marzo 2015 da Valtercirillo

Innovazione energetica: un altro settore che stiamo abbandonando?

I comitati per promuovere questo o quello - per esempio l'innovazione nel settore energetico - ci sono sicuramente anche in Italia. Magari saranno anche numerosi al punto che di qualcuno ne avremo pure sentito parlare, per cui ci dovranno scusare se così, su due piedi, non ce ne torna in mente nemmeno uno.

Gli americani queste cose le fanno meglio. L'AEIC (American Energy Innovation Council) , per esempio, è costituito da sole sette persone, ma tra i più influenti degli Usa a livello industriale. Ne fanno parte, per citare solo i più noti, Bill Gates e gli ad della General Electric, della Lockheed Martin e della Banca d'America.

Due giorni fa l'AEIC ha inviato al Congresso un recentissimo rapporto ( Restoring American Energy Innovation Leadership) che lamenta la ridotta spesa governativa per innovazione energetica. Cosa che, secondo il rapporto, mette a rischio non solo gli obiettivi generali a lungo termine per ridurre le emissioni di CO2 e per contrastare la povertà di energia, ma anche quelli immediati di competitività in settori chiave per l'industria energetica del prossimo futuro. Tra questi settori strategici sono citati: stoccaggio elettrico, generazione distribuita a costi bassi, biocarburanti di nuova generazione, sistemi efficienti di combustione a ridottissime emissioni, sistemi di sequestro definitivo della CO2, nucleare avanzato, efficienza, Smart grids e altro ancora.

Ora, a noi sembrava che gli USA già fossero il campione di queste cose. Invece così non è. Il rapporto infatti - che pure dà atto all'amministrazione Obama di avere compiuto un rilevante sforzo di incentivazione all'innovazione energetica nel 2009-2010 - denuncia che da quattro anni gli investimenti americani sono tornati ai livelli precedenti, molto al di sotto delle percentuali toccate negli anni '70. Per esempio l'intero stanziamento per l'ARPA-E (l'Agenzia federale per l'innovazione energetica nelle tecnologie avanzate) non arriva a 300 milioni di dollari l'anno, il che vuol dire - ha osservato Bill Gates - che è inferiore a quanto gli americani spendono in patatine.

La richiesta dell'AEIC è di triplicare immediatamente i finanziamenti pubblici per l'innovazione energetica, portandoli a 5 miliardi di dollari l'anno, anche perché - sembra di capire - per gli americani è intollerabile che nella graduatoria mondiale degli investimenti siano scesi al 12° posto, surclassati da Finlandia, Cina, Norvegia, Giappone, Canada eccetera.

Innovazione energetica: urgenza drammatica per la competitività nazionale

Parlando di grandi Paesi come Stati Uniti, Cina o Giappone non è ovviamente possibile fare confronti quantitativi con l'Italia. Il punto, però, è che noi non dobbiamo fare confronti con gli Usa: invece possiamo e dobbiamo farli con gli altri Paesi europei citati nelle figure sotto. E guarda caso - ma questa non è una novità - siamo all'ultimo posto. E anche alla grande, perché le cifre riportate sono quelle degli investimenti pubblici, che in Italia sono particolarmente alti (40% del totale) rispetto a quelli di tutti gli altri. Se si sommano gli investimenti pubblici e privati non solo la Gran Bretagna, ma svariati altri Paesi ci superano abbondantemente.

L'innovazione, il ruolo delle tecnologie e il loro impatto sui mercati stanno cambiando gli scenari energetici mondiali in modo sempre più accelerato e vasto. Un nutrito gruppo di Paesi sta avanzando nella competizione globale facendo perno non più solo sul lavoro a basso costo, ma sempre più sull'innovazione tecnologica.
Da decenni, invece, in Italia assistiamo alla fine di tutti i settori industriali di punta dell'innovazione, nei quali eravamo entrati da protagonisti: dapprima l'elettronica di Olivetti, poi il nucleare, il settore petrolifero di Mattei e via elencando con la ricerca biomedica, la chimica, l'innovazione di punta nei trasporti su strada e su ferro, la siderurgia, le tecnologie rinnovabili eccetera.
Settori che nel belpaese sono finiti (falliti o svenduti) non per l'inarrivabile bravura dei nostri concorrenti, ma esclusivamente per ignavia, incompetenza, priorità date a interessi di parte, per ideologismo e per totale inadeguatezza culturale di una intera classe politica. Gli ultimi 20 anni in particolare sono stati letteralmente persi da questo punto di vista, sicché l'urgenza di fare qualcosa è ora davvero drammatica.

Ma come si fa a non restare basiti leggendo i dati sulle domande di brevetto nel settore energetico che vengono citati nel Rapporto i-Com 2014 sull'innovazione energetica? I dati sono relativi al 2012 e piazzano l'Italia al nono posto al mondo, con 200 domande di brevetto. Beh! Non male il nono posto, no? Si, se non fosse che la Germania è al quarto posto con 4.205 domande e la Francia segue con 1.090 domande. Prima di noi vengono anche il Regno Unito (511 domande) e la Spagna, che con 368 domande offre pur sempre un segnale di innovazione che è quasi doppio di quello italiano.

Per farla breve, chi fosse interessato a considerazioni argomentate lo invitiamo a leggere le conclusioni del Rapporto i-Com. Noi terminiamo con un dato che a nostro avviso è emblematico della situazione drammatica dell'Italia, che non è in grado di sfruttare le pur rilevanti risorse di ingegno dei suoi cittadini.
Come noto nel Paese è in pieno sviluppo il fenomeno delle start-up innovative, che stanno crescendo letteralmente come funghi. Noi facciamo riferimento ai dati dell'aprile 2014, quando erano circa 2.000 (salite a oltre 3.150 nel gennaio 2015) di cui 368 nate per fare innovazione energetica. Ebbene ancora nemmeno una sola di quelle start-up è riuscita a fare il salto da piccola società debuttante a impresa in grado di giocare un qualche ruolo nel mercato. E anche questo, sicuramente, non è un caso.

[ Valter Cirillo]

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