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Instabili dietro i microfoni

Da Brunougolini
È un concerto di mille voci e di mille musiche. Sono le radio private. Nascondono, al di là dei microfoni, una specie di giungla dei lavori moderni. Ha cercato di esplorarla una equipe di studiosi. La loro ricerca "Uomini e donne nelle radio private a Roma, la passione del lavoro oltre la precarietà"' porta le firme di Piera Rella e Roberto Cavarra e si avvale anche di contributi diversi (Bergamante, Di Nicola, Fasano, Perna, Zini). Hanno limitato a Roma il campo d'indagine e non è stato facile. Sono state contattate comunque un centinaio di radio. E’ stato impossibile ricostruire il numero esatto degli addetti.
Quello che appare è un mondo estremamente diversificato. Esistono radio dette "comunitarie", senza scopo di lucro, radio commerciali, radio sportive, web-radio e via elencando: ne hanno contattate 116 solo nel Lazio (70 a Roma e provincia). Con dentro le mansioni più diverse e i contratti più diversi: giornalisti, radio reporter, tecnici, pubblicitari... Spesso può succedere che i proprietari siano anche direttori. Spesso è possibile trovare figure polivalenti: giornalisti-montatori-conduttori. L’espressione più sovente raccolta recita:  "Tutti sanno fare tutto".
La stragrande maggioranza è fatta di giovani: tra gli intervistati il 61,5 per cento è tra i 21 e i 24 anni. Solo il 32,7 % usufruisce di contratti a tempo indeterminato, un altro 32,7 detiene contratti di collaborazione e un 15,4 è collocato tra stagisti e "volontari". Malgrado i limiti in diritti e tutele amano questo lavoro, ne subiscono il fascino, soffrendo. Scrivono gli autori: “Il rischio che corrono le persone, il cui orizzonte culturale contempla tipologie di lavori gratificanti, è quello di rimanere intrappolati nel lavoro precario, avere scarse se non nulle prospettive di carriera e rischio di disoccupazione”.
Le loro paghe sono quasi sempre sotto i mille euro con orari e turni pesanti. Quel che pesa di più è però l'incertezza sul futuro. Persino coloro che hanno il cosiddetto posto fisso, lo sentono traballante, dato le continue trasformazioni del settore. Per di più in questo mondo complicato il sindacato è pressoché assente. Scrivono gli autori: “un paradosso è che il sindacato sorto per difendere i lavoratori, teme che un suo intervento possa decretare il licenziamento dei lavoratori e finisce, proprio per il suo non intervento, per legittimare lo sfruttamento degli stessi”.
Esiste ormai una letteratura sterminata e ripetitiva sui lavori atipici e precari. C’è poco sulle soluzioni. Sono assenti anche i mass media, tutti intenti a difendere (o "offendere") i contratti nazionali industriali, senza accorgerci di un mondo che, dal punto di vista dei diritti, è già franato. Non servono contrapposizioni ma nemmeno chiudere gli occhi. 

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