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Intervista a caldo

Creato il 16 gennaio 2012 da Alesan
Sono cresciuto convinto davvero che il capitano di una nave fosse sempre l'ultimo ad abbandonarla in caso di affondamento. Nonostante quanto successo durante il naufragio sulle dell'isola del Giglio alla Costa Concordia, la fuga del capitano e le sue assurde dichiarazioni dettate forse più dal panico non ancora divenuto rimorso che da altro, quanto rimane impresso davvero è però il solito tam-tam mediatico che come al solito tocca punte assurde e sfrutta anche lo shock di chi, scampato ad un evidente pericolo, si lascia andare a dichiarazioni un po' fuori misura. "Sembrava di essere sul Titanic" non ci sta in nessun modo, e non devo essere io a spiegarvi perché. Ma non ci sta nemmeno la solita tiritera di domande del tipo "avete avuto paura?" o, peggio "avete avuto paura per i bambini?". Dico, qualcuno potrebbe rispondere di no? Ma, detto questo, è necessario avere un'impressione a caldo di un sopravvissuto ad un incidente del genere come fosse un calciatore a fine partita? Non si può raccontare l'evento ricostruendo l'incidente per dovere di cronaca e soltanto con calma lasciare la parola ai testimoni senza pressare con domande che, inevitabilmente, sul momento, non possono essere che domande idiote? Ammesso e non concesso che un superstite, oltre al pericolo percepito, sia davvero in grado di regalare informazioni utili alla notizia. Puzza più di ricerca della reality TV, il pasto da dare ai rimbambiti teledipendenti che sopravvivono solo con queste cose... sulla paura e la tristezza degli altri. Ma se queste domande cessassero, se questo maniacale dovere di cronaca che assomiglia più al gossip e al teatro del pessimo gusto si interrompesse, davvero qualcuno lo rimpiangerebbe?

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