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Intervista a Claudio Insegno

Creato il 31 maggio 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Il 30 Maggio è uscito nelle nostre il primo fantasy italiano in 3D. Si tratta di Una Notte agli Studios del regista Claudio Insegno, che tenta di importare in Italia un genere finora sconosciuto. La storia è quella di Filippo e Giorgio, due comparse che si trovano costrette a fare il provino per una grande produzione americana in 3D. I due personaggi che dovranno interpretare hanno il compito di salvare il cinema andando a spasso attraverso i vari generi cinematografici. Si tratta di un film corale che vede protagonisti Giorgia Wurth, Enrico Silvestrin, Claudio e Pino Insegno, Beppe Iodice, solo per citarne alcuni.

Oggi al Cinema ha intervistato per voi l’attore e regista Claudio Insegno.
Lavora da moltissimi anni in teatro ed in televisione, si è avvicinato al cinema come sceneggiatore, come mai questo esordio alla regia proprio ora?
In realtà il mio esordio alla regia risale a due anni fa. Andò molto male come può succedere quando ci sono piccole distribuzioni dietro ed è per questo che oggi si parla nuovamente di esordio. Ho sempre amato il cinema sin da bambino ma poi ho cominciato con il teatro perché è sempre stato molto stimolante. Poi quando si sono aperte delle possibilità per lavorare al cinema ho ritrovato la mia vecchia passione. Considero questo come il mio primo film visto che il primo è stato un po’ trattato male. Non stiamo parlando di major neanche in questo caso ma sicuramente questo film promette meglio del primo. Tornando alla mia passione per il cinema credo che il teatro ha una soddisfazione quando stai davanti al pubblico, mentre il cinema ti entusiasma mentre lo fai.

Una Notte agli Studios è il primo fantasy italiano in 3D, da dove nasce questo progetto? Che film aveva in mente di realizzare?
Il mio amore per il cinema riguarda principalmente il cinema di evasione. Il cinema deve essere evasione, deve essere fantasia e soprattutto deve essere il momento in cui lo spettatore va oltre la vita quotidiana. Questo è un genere che ha molto successo in America, in Francia piuttosto che in Inghilterra ma che non viene sviluppato in Italia. Sentivo che volevo fare un film di questo tipo. Naturalmente a Hollywood ci sono molti soldi a disposizione per realizzarli ma credo che se ci sono delle buone idee di partenza può venirne comunque fuori qualcosa di bello senza grandi effetti speciali. Certo non ho le possibilità di Spielberg ma credo che il mio film non ne abbia neanche bisogno. A me interessava principalmente andare al di là della solita storiella quotidiana.

La minaccia nel film di radere al suolo tutti i teatri in prosa da parte di un produttore americano senza scrupoli e l’idea di salvare il cinema italiano richiamano da vicino i tagli alla cultura degli ultimi anni?
Quando abbiamo cominciato a girare non abbiamo pensato alla situazione italiana. Cinecittà non sta così male come si dice e ha ospitato la nostra troupe per quattro settimane. Mi era venuto in mente che nelle nostre produzioni ultimamente non vengono più sfruttate le potenzialità del set e della grandiosità di Cinecittà. Volevo far capire allo spettatore che c’è ancora un cuore che batte. La situazione di crisi dell’industria italiana viene trattata quasi per caso, forse spontaneamente visto che siamo a pochi passi dal disastro. Era anche normale che il tema venisse fuori in qualche maniera.

Il suo film è anche molto dissacrante, perché prende un po’ in giro i vari generi cinematografici come il criminal, l’horror, lo storico. Quali sono stati i suoi punti di riferimento, se ne ha avuti?
Ci tengo a precisare che non si tratta di una parodia. Più che altro si entra nel genere affrontandolo con divertimento. E’ un film peplum, ambientato nell’antica Roma ma comico; è un film horror ma comico. Volevo far capire che noi italiani siamo in grado di cimentarci anche con altri generi cinematografici e non soltanto con la commedia all’italiana.

Eppure questa idea di un cast strampalato e del produttore che li licenzia mi ha ricordato lontanamente Boris.
Ecco che ritorniamo al tema dell’attualità (ride n.d.r.). Il fatto è che io, lavorando in questo ambiente, ho tantissimi amici attori con cui parlo quotidianamente. Non faccio che sentire lamentale sul fatto che per noi attori italiani non ci sono ruoli giusti, non ci sono produttori giusti, non c’è la situazione giusta. La lamentela si è così trasformata in due personaggi un po’ sfigati che vanno alla ricerca di qualcosa di giusto. Credo che però alla fine se ti fai forza puoi emergere anche come una semplice comparsa. Se ci credi puoi diventare anche un supereroe che può salvare il mondo.

Il suo è un film corale. Che tipo di rapporto ha creato con il cast? Si è trovato a dover dirigere sul set attori che conosce da molti anni come suo fratello Pino.
Si purtroppo! (ride n.d.r.) In verità proprio perché conosco questi attori da moltissimi anni è stato molto più semplice. Non ho scelto un cast così variegato solo per attirare il pubblico ma anche per amicizia. Mi sembrava carino, conoscendoli da molti anni, aprire un discorso che fosse diverso da quello teatrale, insieme a loro, tirandoli in ballo cinematograficamente. Essendo molto amici si è creato un grande affiatamento sul set che traspare sullo schermo. C’è stata una bellissima atmosfera sul set e abbiamo lavorato con divertimento totale. La scelta di questo cast è stata quindi fondamentalmente una scelta di amicizia fatta con il cuore.

Ha detto di voler alimentare il genere del ‘nonsense’ e che crede che in Italia non ci sia spazio per la leggerezza al cinema. Eppure i nostri schermi sono stracolmi di commedie e molto spesso sono quelle che hanno più successo al botteghino.
Per leggerezza intendo il fatto che mi sembra che ogni commedia italiana oggi debba per forza lasciare un messaggio. Non è questo il mio modo di intendere una commedia né un buon cinema di evasione. Il compito del regista dovrebbe essere quello di far dimenticare per un po’ allo spettatore i problemi della vita quotidiana. Naturalmente per portare via le persone dalla realtà c’è bisogno comunque di un buon prodotto cinematografico. Sono stanco dei film di evasione con il messaggio o di film drammatici che vogliono descrivere la situazione del paese in modo pretenzioso. Spesso mi criticano perché non vado a vedere film italiani, io vorrei tanto e lo faccio quando escono film meravigliosi come La Grande Bellezza di Sorrentino. E’ un film che ritorna alle origini del cinema italiano con degli echi felliniani. Gli altri film, quelli che devono far ridere, facciano ridere e basta!

Che tipo di distribuzione avrà il suo film? Quanta libertà le hanno lasciato i produttori sul set?
Essendo un film a basso costo non avrà una grandissima distribuzione. Saremo presenti nei cinema UCI di tutta Italia grazie al supporto di Mediaplex e Showbiz. Poi nelle province abbiamo sempre un po’ più di libertà perché i film non vengono imposti per due o tre settimane; lì se un film va bene lo tengono, se va male lo tolgono. Nel complesso credo che il film verrà distribuito in circa 80 sale. Nel girare il mio film ho avuto moltissima libertà, ho fatto quello che mi pareva. La produzione sapeva che se non mi avesse lasciato libero non ne sarebbe venuto fuori niente di buono. Inoltre avevamo talmente poco tempo a disposizione che con delle restrizioni ne sarebbe venuto fuori un disastro. Hanno creduto in me tutti sia i produttori che gli attori. Quindi se per caso viene fuori una schifezza, la colpa è tutta mia!

di Rosa Maiuccaro

Una Notte agli Studios


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