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Intervista a Dacia Maraini

Creato il 07 giugno 2012 da Temperamente

Intervista a Dacia Marainidi Angela Liuzzi

Questa sera ospitiamo nel salotto letterario di Temperamente una scrittrice che non ha bisogno di presentazioni, Dacia Maraini. Le abbiamo rivolto qualche domanda sul suo ultimo libro, La grande festa, recensito qui.

La grande festa è un libro “festoso” che racconta la vita e riflette sulla morte. Come e perché è nata quest’opera così diversa dalle precedenti?

I libri non si programmano – almeno per quanto mi riguarda –.  Nascono da soli. Si impongono alla mia immaginazione e capisco che devo scriverli dall’urgenza che mi fanno. Non so spiegare meglio la nascita di un libro se non proprio come una germinazione spontanea.

Dalle sue parole promana una grande serenità d’animo, anche quando racconta le esperienze più dolorose. È stato difficile affrontare l’argomento della malattia e della morte evitando di inficiare il piacere della lettura?

Credo che la serenità sia una questione di carattere. Non faccio sforzi per essere serena. Ho un carattere fatto così, portato a capire le ragioni degli altri, a cercare la pace e il dialogo. Ho avuto la fortuna di avere una famiglia disordinata ma serena.

Più volte ripete che la poesia e il racconto ci aiutano ad aggrapparci alla vita e a resistere alla morte. Quali sono i versi che lei, come Antonia, reciterebbe a memoria per esorcizzare la paura della «paralisi del pensiero»?

Una delle poesie che piu mi incantano è quella che comincia “che fai tu luna in cielo, dimmi che fai?”.  Sto parlando di Leopardi naturalmente. Forse il poeta che amo di più al mondo.

Procedendo nella lettura, ho avuto come l’impressione di sedere comodamente di fronte a lei in un bar accogliente, sorseggiando una tisana giapponese e ascoltandola parlare di vita e morte, delle sue esperienze, dei luoghi che ha visto, dei libri che ha letto e citato nell’opera, delle persone della sua vita. Questo tono da conversazione piacevole è voluto o è scaturito naturalmente?

Sì, fa parte del mio modo di pensare e dialogare.

Intervista a Dacia Maraini
Ad un certo punto lei dice: «il compito, dopo la morte di una persona amata, è quello di imparare a coabitare con il suo ricordo». E sono molti gli affetti che ha ricordato: Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Maria Callas, Giuseppe Moretti, e poi sua sorella, suo padre… Le persone che abbiamo amato e non ci sono più si evolvono insieme a noi col passare del tempo?

Se continuiamo ad amarli, sì. Diventano parte della nostra vita, anche se non sono più presenti.

Fra i suoi romanzi, qual è quello cui è più affezionata e perché?

Sono sempre affezionata all’ultimo romanzo a cui sto lavorando perché mi tiene compagnia per tre anni – questo è il tempo minimo che ci vuole per me per scrivere un romanzo – perché ci vivo dentro, perché mi affeziono ai personaggi. Poi il romanzo prende la sua strada, se ne va, come un figlio che cresce. Continui a tenerlo d’occhio e a volergli bene, ma ti dedichi a un altro figlio che ti sta crescendo dentro.

Ringraziamo vivamente Dacia Maraini per la sua disponibilità e gentilezza, invitandovi a scoprire La grande festa, che merita davvero.


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