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Intervista a Gabriele Rubini, in arte Chef Rubio

Creato il 13 gennaio 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

Intervista a Gabriele Rubini, in arte Chef Rubio.Abbiamo incontrato Gabriele Rubini per parlare delle sue passioni e dei suoi nuovi progetti, dalla cucina, al rugby, alla beneficenza. 

Cuoco e rugbista ed ora anche impegnato con il progetto benefico per sostenere Casa della Carità: Come è nata questa iniziativa?

Questa iniziativa è nata parlando con una mia collaboratrice che sapeva quali erano le mie intenzioni a riguardo, ossia che mi sarebbe sempre piaciuto mettermi a disposizione delle persone meno fortunate. Avevo un’amica all’interno del progetto, abbiamo fatto due chiacchiere, ci siamo incontrati e ci siamo trovati subito, è stata più una chiacchiera informale e poi è nato il progetto che andava avanti per conto proprio ed io mi sono inserito.

Come ti senti ad esserne il testimonial?

Ne sono orgoglioso. È una scusa come un’altra per incontrare delle persone che magari hanno piacere di conoscermi, ma che avendo fatto il gesto di donare dai dieci centesimi alle centinaia di euro hanno contribuito alla causa.

Quando hai capito che nella vita avresti fatto lo chef, ti vedevi in una cucina più tradizionale o già proiettato sul set di Unti e Bisunti?

Non avevo la benché minima idea di ciò che mi aspettasse appena ho mosso i primi passi in cucina; poi come quando uno inizia a studiare medicina o legge, pian piano i rami si sfoltiscono e si prende la strada che si preferisce, o che capita, come in questo caso quella della televisione.

Hai girato mezzo mondo, venendo a contatto con molti tipi di cucina, anche diversi tra loro. Vista la tua esperienza, cosa manca alla cucina italiana?

Alla cucina italiana non manca nulla se non un po’ di vigore, però ha tutto: ha materia prima, ha teste pensanti dietro, ha tutto! Forse manca semplicemente una codificazione, un metodo che però non ci sarà mai perché siamo molto estrosi e intuitivi e ci fa così gioco molto la materia prima che abbiamo che forse non ci servirebbe neanche questo codice. L’importante è lavorare rispettando il cliente e la materia prima e già sei a cavallo.

Ci saranno delle novità nella seconda stagione di Unti e Bisunti?

Sicuramente! Abbiamo già fatto alcuni sopralluoghi e le riprese inizieranno nei prossimi mesi. Cercheremo di fare tappa nelle regioni che sono rimaste fuori nella prima edizione e di dare maggiore spazio alla storia, alla città, al piatto.

Dopo il successo di Unti e Bisunti, avresti mai immaginato che anche Il Cacciatore di Tifosi sarebbe stato così seguito?

Sapendo di dover lavorare con la stessa squadra che ha strutturato con me Unti e Bisunti ero sicuro che avremmo fatto un ottimo lavoro, poi i numeri li lascio alle persone che si occupano di numeri. Già il piacere di raccontare una materia insieme a dei professionisti è una vittoria.

Qual è l’aspetto che ti ha divertito di più durante le riprese di Il Cacciatore di Tifosi, programma che ti vede ora protagonista su Dmax?

Vedere le persone che non hanno mai avuto nulla a che fare con il rugby o con lo sport in generale che si sono applicate senza il minimo riserbo a quello che dicevamo di fare e quindi le loro reazioni.

In altre interviste hai detto che avresti voluto fare il criminologo.

È una cosa che mi sarebbe piaciuta fare, come il biologo marino, come tante altre cose quando si è un po’ più piccoli, poi dopo la vita ti porta da altre parti. Però sì, mi sarebbe piaciuto molto fare il criminologo.

Se potessi tornare indietro lo faresti o sei soddisfatto di ciò che sei diventato? No, rifarei lo stesso percorso che ho fatto fino ad adesso, che quindi non mi avrebbe portato a fare il criminologo. Ma nella vita privata mi affascinano la cronaca nera e le menti seriali quindi me lo coltivo per hobby personale.

Se la tua vita fosse un piatto quale sarebbe?

Sicuramente un piatto sporco di una pietanza appena finita, un piatto mangiato, un piatto vissuto.

Durante le ricorrenze in famiglia, sei tu a cucinare o ti siedi soltanto a mangiare?

Dipende. Quando in questi ultimi anni sono stato un po’ incasinato e già era tanto che riuscissi a presenziare alle festività ci pensano gli altri, quando ho avuto e avrò modo di mettermi ai fornelli, volentieri do una mano.

Il tuo film preferito.

Non ho un film preferito, ma mi ha dato tanto Léon, da piccolo lo guardavo sempre, lo sapevo quasi a memoria perché mi piaceva il rapporto tra il sicario e la bambina e l’ispettore che ascoltava musica classica, interpretato da Gary Oldman. Oppure Una Vita al Massimo, che in Inglese si intitola True Romance.

La canzone che ti descrive di più oggi.

Una canzone che sto ascoltando notte e giorno che mi fa troppo ridere ed è geniale, di un cantautore romano, Giancane e che si intitola Ma Tu No. Oppure il Muro Del Canto. Sono due persone, un solista e un gruppo che raccontano in maniera molto diretta le situazione popolari, in questo caso quelle romane.

Il rapporto con tuo fratello.

Abbiamo due vite differenti, ma è molto forte, anche se non ci sentiamo è mio fratello e darei la vita per lui. È più piccolo, da bambini ci siamo beccati e menati, ma è un rapporto fortissimo.

La barzelletta che ti fa più ridere.

( La barzelletta viene raccontata dopo che Gabriele ha chiamato un suo amico al cellulare perché non se la ricordava. )

Un bambino chiede alla propria mamma:

« Mamma Mamma, ma nonno dove sta?

Eh, nonno è caduto dal terrazzo ed è morto.

E adesso dove sta?

Sta in cielo figlio mio!

Ammazza che rimbalzo!!  »

Grazie a Chef Rubio per aver condiviso con noi un po’ del suo mondo.

 Intervista a cura di Adele Chiabodo


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