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Intervista a Giuseppe L. Barone

Creato il 17 maggio 2010 da Paolo Franchini

Intervista a Giuseppe L. BaroneNome: Giuseppe Leto
Cognome: Barone
www.glbarone.it
Anno di nascita: 1974
Ultimo lavoro: I figli del serpente

Continua tu, hai carta bianca.
Mmmm, quante parole ho? Intanto direi che sono felice di essere come sono; poi, se potessi usare solo la prima parola che mi viene in mente, direi che sono poliedrico (alcuni dicono che a parte lo scrivere faccio troppe cose…). Il lavoro mi porta via molto tempo e la mia attività politica altrettanto, forse di più… comunque nel tempo libero cerco di fare quello che mi piace. Un po’ di tutto, in pratica: dipingere, suonare (suono la chitarra in un gruppo heavy metal), fotografare, cantare, fare video…

Ti va di raccontarci in breve il tuo ultimo libro?
Anche qui mi viene da dire mmmm… in breve? Non si rischia di banalizzarlo? Tre anni di ricerche per rendere la parte scientifica il più accurata possibile… Che ne dici se ti incollo l’incipit? No? Ancora più in breve? Mmmm, va boh… l’hai voluto tu: il comandante delle Guardie Svizzere viene assassinato, una procuratrice romana, figlia di un Onorevole, indaga e scopre un segreto troppo grosso… così anche lei si trova in pericolo di vita, tra terroristi islamici impegnati ad organizzare un tremendo attentato, banchieri dello Ior assetati di denaro, burocrati corrotti e scienziati senza scrupoli alle prese con un progetto folle… e alla fine, forse, anche questa volta i buoni vincono. Sono stato abbastanza breve?

Quando hai iniziato a scrivere, sapevi già che – prima o poi – ti saresti imbattuto nella stesura di un romanzo?
Certo, quando scrivo sono molto metodico, so quando inizio, da dove inizia la storia e dove va a finire… diversamente, visto che le mie trame sono spesso molto intricate, sarei già diventato più pazzo di quello che non sono. 

Ti sei mai rasato a zero?
No, però per una lunga parte della mia giovinezza ho portato i capelli molto lunghi… nel vedere una foto ti sorprenderesti! 

Esiste un libro che avresti voluto scrivere tu?
Ce ne sono molti, il mio preferito è Fatherland di Robert Harris. Poi ce ne sarebbero altri, se hai voglia, fai un salto sulla mia libreria di Anobii… quelli a cui ho dato 5 stelle avrei voluto scriverli certamente! 

La tua canzone preferita è…?
Non la conoscerai di sicuro, s’intitola In my dreams di un gruppo norvegese, quasi sconosciuto da noi, che si chiama Wig Wam.

Che rapporto hai con la televisione?
Non molto buono: l’esclamazione che mi viene da fare più spesso quando guardo la tv generalista è “che tristezza” e “come siamo caduti in basso”. Ci sono poche eccezioni, come i programmi di approfondimento politico oppure alcuni telefilm. La sera, un episodio delle mie serie preferite però, non me lo faccio mai mancare.

E con il cinema?
Un rapporto ottimo, diciamo almeno un film alla settimana, a volte di più.

Hai mai parlato al telefono per più di due ore?
Non credo. 

Ti piacciono i proverbi? Ne usi uno più spesso?
Qualcuno sì, ad esempio: “Quando non c’è la sostanza… la forma è tutto”. Nel nostro tempo, purtroppo, sta diventando la normalità.

Intervista a Giuseppe L. Barone
Hai tre righe per dire quello che vuoi a chi vuoi tu. Ti va di usarle?
Certo, un’occasione così non posso farmela mancare, userò il mezzo pubblico per fini privati: nella vita sono veramente poche le cose che contano e tra questi gli affetti e la riconoscenza sono forse le più importanti, quindi ne approfitto per dedicare “I figli del serpente” alla mia Elena, senza la quale né io né il libro saremmo come siamo. 

Se potessi cambiare una cosa (ma una soltanto) del tuo ultimo libro, che cosa sceglieresti? Il titolo? L’immagine di copertina? Il nome di un personaggio? Il finale? Altro?
De “I figli del serpente”, che sta per uscire, non cambierei assolutamente nulla: mi piace com’è e non vedo l’ora che gli altri possano leggerlo. Dei precedenti libri magari qualcosa la cambierei… per esempio il “font” in “Punto di rottura”.

Quando scrivi una storia, hai un lettore di riferimento oppure scrivi solo per te stesso?
Le mie storie sono pensate per i lettori che amano il genere che a me piace scrivere: il thriller e la spystory… quindi evidentemente scrivo pensando al lettore “tipo”. Penso, questa scena piacerà? Rimarrà sorpreso? La mia speranza è che il libro non sia mai scontato e che il lettore sia invogliato a proseguire, pagina dopo pagina. 

Tra due ore si parte per un viaggio su Marte: scegli tre oggetti da portare con te e un aggettivo per descrivere l’umanità ai marziani.
Mmmm, gli occhiali di sicuro, se no rischierei di non vedere i marziani; un libro, magari la trilogia di Tolkien che non ho mail letto e dovrebbe occuparmi un po’ di tempo durante il viaggio; la terza cosa, la chitarra, se rimanessi da solo con i marziani potrebbero appassionarsi alla musica.
Per descrivere gli umani forse userei il termine “volubili”.

La cosa che più ti annoia, quella che più ti diverte e quella che più non sopporti.
Non ci sono molte cose che mi annoiano, cerco sempre di guardare il lato positivo di tutto: ad esempio, quando faccio le pulizie cerco di vedere il lato positivo, cioè posso ascoltare la musica a tutto volume! Che mi divertono invece ce ne sono molte: stare in compagnia, sciare, andare al cinema, mangiare cose innovative e potrei continuare. Quella che più non sopporto è l’arroganza di “chi non sa” e si atteggia “a chi sa”… è una cosa molto comune in politica, che è un’altra delle mie passioni. 

Stai già lavorando al tuo prossimo libro? Se sì, ci regali un’anticipazione?
Ehhh ancora non è uscito l’ultimo, mi sembra presto iniziare a lavorarci! Comunque qualche idea che rimbalza in giro per la testa c’è già. 

Prima di salutarci, l’ultima domanda è tua. Chiediti quello che vuoi, ma ricorda anche di risponderti.
Il nuovo libro piacerà ai tuoi lettori?
Spero proprio di si e soprattutto spero che ai lettori piaccia leggerlo quanto a me è piaciuto scriverlo.



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