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Intervista a Guido Catalano, poeta dell’umorismo

Creato il 02 ottobre 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online
intervista a Guido Catalano, poeta dell'umorismo

Guido Catalano (photo: www.musicacultura.it)

L’intervista Guido Catalano, poeta dell’umorismo. L’autore nasce nel 1971 a Torino. Attualmente ha all’attivo sei raccolte di poesie, di cui l’ultima “Piuttosto che morire, m’ammazzo” (Miraggi Edizioni), sta avendo un discreto successo, insieme ai suoi reading in giro per l’Italia. Con più di cinquemila seguaci su Facebook è, insomma, una star. E considerando quanto la poesia venga svalutata in questo paese, è un ottimo risultato. Nonostante non sia troppo convinto del titolo assegnatogli, quello di poeta, si è calato nella parte e, ormai forse arrivato alla sua ultima raccolta di poesie, si è anche un po’ arreso e, probabilmente, un po’ gli piace anche. Poeta.

Ha concesso un’intervista a Retrò Online nonostante la grande calca di giornalisti che lo assediano giorno e notte, contendendosi il suo favore.
Un’intervista alla Guido Catalano  e perciò, fortunatamente, piena di spirito e di un tocco di malinconia.

Partiamo con le basi.
Quando hai incominciato a scrivere/ come ti sei avvicinato alla poesia?

Ho iniziato scrivendo testi per canzoni. Avevo diciotto anni e cantavo in un gruppo rock. E’ iniziato tutto da lì, credo. Era un gruppo demenziale alla Skiantos. Poi il gruppo si è sciolto e ho deciso di continuare a scrivere andando a capo, come si fa con le canzoni. E con le poesie.

Parlami del tuo ultimo lavoro “Piuttosto che morire, m’ammazzo”. Pensi di esserti in qualche modo allontanato dal Catalano della prima ora?

Senz’altro. Se leggo le poesie del mio primo libro “I cani hanno sempre ragione”, era il 1999, e quelle contenute nell’ultima raccolta, vedo grosse differenze. Molti cambiamenti. Non tanto legati ai temi e ai contenuti, quanto allo stile e a una ricerca del ritmo e della musicalità delle parole.

Più di duecento reading in un anno, un programma in Rai, l’uscita della sesta raccolta: dicci, ti stai montando la testa?

In realtà ho esagerato, non sono duecento, ma centocinquanta. Il mio ego è obeso. Da sempre. Quindi non rischio più di tanto di montarmi la testa. Sono nato con la testa già montata, credo.

Ho sempre pensato che ci fosse qualcosa di Pirandello nella tua buffa poetica, come un qualcosa che stimola il riso possa anche essere tremendamente triste: pensi di esserlo davvero un po’ pirandelliano?

Non ci ho mai pensato e sei la prima persona che mi dà del pirandelliano. Lo prendo senz’altro come un complimento. Amo la possibilità di parlare di cose tristi sorridendone. Credo sia essenziale non prendersi troppo sul serio e contemporaneamente prendersi sul serissimo. Chi riesce a ridere delle brutture della vita, dunque di sé, ha vinto.

La tua poesia si è diffusa anche grazie alle rete. Quale pensi possa essere il ruolo dei social network, nel futuro, per la letteratura?

Per me fondamentali. Fin dall’avvento dei blog ho capito che questi mezzi potevano fare la differenza. Oggi posso scavalcare i media tradizionali e farmi conoscere da un pubblico notevole, con tutto che i media tradizionali hanno ancora un loro bel peso. In rete, lo sappiamo, c’è tantissima roba, ma io credo che la qualità venga premiata. E anche la capacità di usare in modo intelligente questi notevolissimi mezzi che sono i social network, viene premiata.

E adesso un tema che ci sta molto a cuore: i giovani. Che consigli pensi di poter dare ad un aspirante poeta, artista? Quali sono le trappole da evitare?

Non pagate per pubblicare. Usate internet. Apritevi un blog. Occhio ai condimenti. Leggete moltissimo.

Quali progetti hai? Quali sono le tue aspirazioni per il futuro

Sto scrivendo una cosa di prosa per una casa editrice grande e grossa.  La faccenda con buona probabilità mi farà impazzire. Aspiro a poter continuare a campare di quello che mi piace fare che è, tra l’altro, l’unica cosa che so fare.


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