Intervista
a NINNY DI STEFANO BUSA’
A CURA DI
NAZARIO PARDINI
N. P.: Quali sono le occasioni della vita che più hanno inciso sulla sua produzione letteraria? quanto di autobiografico c’è nelle sue opere? lei pensa che ci sia sempre differenza fra poesia lirica e poesia di impegno; o pensa che la poesia, essendo un’espressione diretta dell’anima, sia sempre lirica qualsiasi argomento tratti?
Risposta: le occasioni della vita sono davvero innumerevoli, e ad ognuna va data la giusta dimensione, il giusto valore per connettersi direttamente con l’anima, e dunque con la Poesia. Vi sono state occasioni in cui il cuore gioiva o s’incupiva, nelle quali vi sono state le nascite delle mie figlie, dei miei nipotini, rare e delicatissime le sensazioni, le suggestioni, anche l’ispirazione seguiva il corso delle vicende, com’è ovvio. Ma la mia produzione origina in profondità, tra le dita del caos, ha vissuto momenti e sedimentato molto in anni di attività letteraria, in cui sono stata esclusivamente lettrice e non autrice. Quasimodo che fu amico di mio padre, ne aveva intuito le capacità linguistiche, fin dal principio, incoraggiandomi a proseguire. L’ho fatto con la più ampia fede nel messaggio medianico della Poesia, perché la Poesia è un messaggio che ci viene dall’oltre, naviga negli spazi iperurani di altre realtà invisibili per offrirsi a noi che l’amiamo con tutta l’anima, ma non necessariamente e per tutti deve essere lirica nè elegiaca, a volte può essere di “rottura”, sul tema sociale, morale, etc. Nei miei versi vi sono io, il mio pensiero e le mie riflessioni, senza essere solamente autobiografica, perché nella mia produzione c’è molta filosofia, a volte metafisica del pensiero, molta “estetica” come studio della parola in sè: vi sono io sullo sfondo, ma il mondo, l’universo visibile e invisibile tutt’intorno, vi è soprattutto l’esigenza di capire l’universalità dell’anima, attraverso la spinta interiore della coscienza e di intuirne i meccanismi, le regole, le condizioni dell’essere e del divenire.
N. P.: Essendo uno degli interpreti principali della poesia e della cultura contemporanea, la sua poetica è in gran parte nota attraverso le innumerevoli recensioni, prefazioni, e note critiche che la riguardano. Ce la vuole illustrare lei direttamente?
Risposta: credo sia tutta racchiusa nelle mie opere, 20 pubblicazioni sono un cospicuo numero, ma non credo di fermarmi qui. Ho in cassetto varie altre opere inedite. La mia vena è sincera e fertile, mi rinnovo facilmente dalle nuove esperienze di vita, dalla crescita intellettiva e umana che profila il mio operare in Letteratura, non credo di essere ripetitiva, perché credo nella forza della parola e nella sua luce che promana una speranza fideistica sul mondo. La poesia è maieutica, è la zattera per non annegare in un mare di banalità e di assenteismo quale il nostro periodo storico vive convulsamente. Si nutre di dolcezze, anticipa quelle linee di demarcazione che dovrebbero renderci partecipi dell’universalità, per regalarci quell’attimo di eternità cui aspiriamo..
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N. P.: Quali sono le letture a cui di solito si dedica e quale il libro che più le ha suscitato interesse? e quindi predilige? perché?
Risposta: ho sempre letto molto. Ai tempi di scuola: Dante, Petrarca, Tasso, Leopardi, poi da Keat a Verlane, Rimbaud, Holderlig, dai poeti russi: Tolstoj, Dostoevskij a Machado, Neruda, ai nostri contemporanei Montale, Ungaretti, mi sono nutrita del corregionale Quasimodo in anni di formazione culturale. Sono stata un’appassionata lettrice, forse più di quanto sia autrice. Ho sempre avuto come “seconda pelle” la cultura poetica. Ho iniziato a 13 anni e porto avanti la Poesia come fosse la Bibbia, le Sacre Scritture, con lo stesso slancio, la stessa inesplicabile passione del primo giorno. Il mio è impegno continuo incessante, la promuovo nelle Scuole, nei Licei, sono stata docente di Letteratura e di Storia delle Poetiche per lunghissimi anni all’Università Terza di Milano.
Se mi chiedi quale poesia suscita il mio interesse, ti rispondo quella che non ho ancora composta, l’ultima, quella che passi alla Storia e che faccia dire alla Letteratura, (se mai vi sarà una Storia): questa è magica, questo testo è degno di essere letto…Ma è solo un sogno, la realtà è altra: sono un piccolo segno nell’immenso, una piccolissima virgola nell’eternità…che altro?
N. P.: Fino a che punto le letture di altri autori possono contaminare uno stile di uno scrittore? e se sì, in che modo?
Non credo proprio che una scrittura o una lettura possa contaminare a tal punto un autore da farlo divenire clone. In Letteratura non si può. Occorre l’autonomia di giudizio, ognuno deve possedere un suo profilo semantico, una sua libertà espressiva, un suo linguismo individuale, per un’ identificazione netta e chiara, per avere una sua sigla e un suo filone. Vi possono essere affinità elettive con altri scrittori, ma ciò può dipendere dalle ascendenze strutturali gnoseologiche, dagli studi, dalle tendenze, dai gusti, dalla formazione estetico-culturale, ambientale etc Per il resto ognuno sia se stesso fino in fondo, sempre.
N. P.: Che cosa pensa della poesia innovatrice, quella che tenta sperimentalismi linguistici? quella che si contrappone e rifiuta ogni ritorno al passato? o, per meglio intenderci, quella che si contrappone ad un uso costante dell’endecasillabo, o a misure dettate da una rigida metrica?
Risposta: ogni epoca ha avuto i suoi poeti, sotto il profilo sincronico e diacronico, ogni tempo è diverso dall’altro, ma da qui a voler fare uno sperimentalismo forzato, solo per essere anarcoidi e ribelli al classicismo, ne corre tanta di strada.
Certo tutto cambia, anche i gusti in Letteratura, nella musica, nella pittura… Il minimalismo di oggi, però, sotto il profilo armonico, lascia molto a desiderare, si contrappone e rifiuta ogni ritorno al passato, per pura contaddizione al passato, per ostentare una leicità sua propria, che mal si addice alla Storia delle Lettere. Vi possono essere varianti, modifiche nel ceppo linguistico e multimediale delle nuove generazioni, ma respingere tout court ogni metrica, ogni endacasillabo mi pare una forzatura, a freddo, una scomposizione degli elementi armonici di una scrittura, che non porta a nessuna novità e, semmai, segnala un nuovo disagio motivazionale e generazionale, che va indagato entro l’ambito di un rifiuto innovatore che in tal senso è solo di tendenza, o patologico.
N. P.: Cosa pensa dell’editoria italiana? di questa tendenza a partorire antologie frutto di selezioni di Case Editrici? di questi innumerevoli Premi Letterari disseminati per tutto il territorio nazionale?
Risposta: Poesia” non dant panem”, allora, i grandi editoriali non ne ravvedono gli utili economici e un ritorno d’immagine, perciò, sono riluttanti e negano in primis la<Poesia> rilegandola al ruolo di merce inutile. Vi è una tendenza a tirar fuori dal cappello del prestigiatore un’antologia ogni decennio, frutto di una sollecitazione all’interno di poeti veterani, che vogliono passare alla Storia. Perciò qualche esperto si paluda da critico ufficiale e ne decreta i promossi e i bocciati . Ma non avviene nulla, non cambia nulla, non si muove una brezza: tutto resta come prima, perché non c’è la volontà di assumersi da parte della critica la responsabilità dei criteri storici, di cui tanto necessità avrebbe il profilo letterario di oggi. L’immobilismo e la scarsa intenzione di formalizzare criteri logici di marcatura storica fa pensare a critici inadempienti, artefici di una stagnazione che non avrà alcuna giustificazione nel Futuro. In quanto ai Premi davvero innumerevoli che persistono in Italia, bisogna considerare il fatto che vi sia un’altra fascia di mezzo tra gli “indignados” e gli spacconi (ovvero, quei” non poeti” che si spacciano per grandi autori). Ebbene, a costoro bastano le vetrine che li espongono, le passerelle e” le coppette del nonno” per autodefinirsi poeti. Ma poesia è altro persino da se stessa. Poesia è la voce del mondo che parlerà per noi, Poeti, semmai ve ne fosse bisogno, saranno tre o quattro, e nessuno di noi potrà ben fregiarsi di esserlo.
N. P.: Certamente sarà legata ad una sua opera in particolare. Ne parli, riferendosi più ai momenti d’ispirazione, ai tempi di scrittura, alla scelta lessicale, alla revisione, più che ai contenuti. Che pensa della funzione del memoriale in un’opera di un poeta? e alla funzione della realtà nei confronti di un’analisi interiore?
Risposta. No, a nessuna in particolare e a tutte, ognuna delle mie opere è per me una creatura, nata dalle mie viscere e dal mio sangue, un anelito alto di vita interiore, un’ansia sempre rinnovata di significati e di tappe della mia storia letteraria.
N. P.: Cosa pensa della nostra Letteratura Contemporanea? raffrontata magari con quelle straniere? e dei grandi Premi Letterari tipo il Campiello, il Rèpaci…?
e del rapporto fra poesia e società? fino a che punto l’interesse per la poesia può incidere su questo disorientamento morale (ammesso che lei veda questo disorientamento)? o pensa che ci voglia ben altro di fronte ad una carente cultura politica per questi problemi?
Risposta: anche la letteratura contemporanea risente del disagio attuale dell’essere, non è altro che una logica conseguenza della politica, della società, dell’economia, tutti fattori carenti o ingessati, motivi di disorientamento e di declino di un’epoca storica tra le più travagliate e infelici. La situazione della Letteratura è quella di una società in piena crisi: anche lo Strega, il Campiello, il Repaci riflettono questo dato storico di alta ingegneria all’immobilismo. Sono premi quasi sempre pilotati dalle Grandi Case Editrici che fanno rientrare nel novero dei privilegiati taluni nomi escludendone altri. Il disorientamento è totale, nessuno crede più nel merito e nel criterio di valutazione di equità e giustizia. Il resto è fumosa politica intrigante e pervasiva, barbarismo paludato da democrazia delle Lettere. Nient’altro che un campo di spighe devastato dalla grandine, ovunque la desolazione…il declino
N. P.: Se potesse cambiare qualcosa nel mondo della poesia o dell’arte in generale, che cosa farebbe? se avesse questi poteri che cosa lascerebbe invariato e che, invece, muterebbe sostanzialmente?
Risposta: non c’è più nulla a fare, tutto è stato fatto, in peggio, certo, calpestato, vilipeso, distrutto da una società che si autodefinisce “moderna” ma che mantiene i tratti dei cavernicoli all’interno di una civiltà, che ogni giorno di più si fiacca, declina, muore
La sua intervista verrà pubblicata sul mio blog Alla volta di Leucade blog.
La ringrazio per la sua disponibilità.
Nazario Pardini 04/06/2012