L’arte di Erika Azzarello colpisce per la profondità e le tecniche usate, mille sfumature per attraversare l’universo Donna, c’è tutta nelle sue opere.
Felice di averti ospite sulle pagine di Words Social Forum, Erika!
Partiamo da te, Erika, presentati ai lettori di WSF.
Grazie dell’ospitalità, innanzitutto.
Sono nata e cresciuta a Catania e da circa otto anni, quando mi chiedono “cosa fai nella vita?”, io rispondo “SONO una pittrice”. E’ il mio lavoro, la mia passione, sono io al 100%. Non potrei rispondere diversamente.
Quando nasce la passione per l’arte?
Ho sempre disegnato da che ho memoria, segni ovunque, anche dove non avrei dovuto farli, sognavo di lavorare come stilista…ma spesso la vita segue direzioni diverse, così a 32 anni, dopo una lunghissima pausa e con un bilancio personale e lavorativo poco soddisfacente, ho sentito di dover riprendere un percorso accantonato da adolescente, ma con occhi ed animo nuovi, di donna ormai adulta. E da allora non mi sono più fermata: disegno o dipingo quasi ogni giorno.
Custode di cuori lontani
Illumina e custodisci
Cosa vuoi raccontare attraverso le tue opere?
Non ho mai avuto la presunzione di trasmettere messaggi sociali o di chissà quale contenuto articolato. I miei lavori parlano del modo in cui percepisco le cose. Parlano di donne, di un universo che conosco, poichè ne faccio parte.
Non amo girare intorno ai pensieri costruendo grandi impalcature concettuali e questo perchè non fa parte della mia indole, ma soprattutto perchè credo che tutto ciò che è creativo debba arrivare a tutti, specialmente a chi non è preparato. L’arte è una delle poche fonti di bellezza che ci sono rimaste e, un linguaggio semplice, sincero e diretto, arriva nell’immediato e rimane dentro, senza troppe spiegazioni.
In Corporea, sei partita da un disegno a matita o subito con la penna a biro?
Inizio sempre tracciando una minimale bozza preparatoria a matita: mi serve a stabilire la struttura del lavoro e le giuste proporzioni; le sfumature chiaroscurali ed i dettagli, invece, sono eseguiti direttamente con la biro, perchè per me è fondamentale lavorare con un margine di rischio che mantenga alta l’adrenalina e l’attenzione, nella consapevolezza di non poter più correggere. Diversamente perderei l’interesse e non riuscirei a lavorare su uno stesso soggetto per settimane.
Il dolore è…
Il dono
Biro, pastello, pittura ad olio, come sei arrivata a queste scelte?
In realtà il mio primo amore è la matita. Ma quando ho deciso di riprendere il percorso artistico, non ho voluto farlo da sola, bensì sono andata a studiare pittura alla vecchia maniera, presso la bottega di un artista della mia città. I miei esordi sono legati quindi alla pittura ad olio e in particolare allo studio del paesaggio. L’amore per la ritrattistica però lo avevo dentro, quindi, parallelamente ho iniziato a sperimentare altri materiali, dal pastello, ai pigmenti in polvere, l’acquerello…fino al colpo di fulmine per la biro che, infatti, è protagonista nella mia produzione recente.
Dipingere per alcuni è un atto liberatorio, c’è chi lo considera addirittura un momento di pura magia, per Erika cosa rappresenta?
In una definizione direi “croce e delizia”. Un’emozione fortissima ed insostituibile. A volte odio quello che faccio, altre volte ne rimango affascinata… Come in qualunque storia d’amore che si rispetti.
Il senso fragile
Melancholy
C’è una corrente artistica o un artista in particolare a cui ti senti più vicina?
Come si vede dai miei lavori, certamente sono vicina al realismo, pur osservando anche tutto quello che è diverso dal mio mondo. Anzi, spesso sono attratta da ciò che è opposto a me: amo la freschezza e la spontaneità del tratto o della pennellata, gli impressionisti, ad esempio, ma anche la poesia simbolista dei preraffaelliti e la potenza cromatica e criptica delle opere informali. In generale, amo quando l’impatto emotivo si combina con l’abilità tecnica. Citare un artista soltanto, sarebbe fare un torto ad altri mille.
Sei legata ad un’opera in particolare?
Tra me ed i miei lavori creo spesso un sano distacco dal momento in cui decido che sono completi. Sono come figli che continuo ad amare pur accettando che vadano per la loro strada. Ciascuno è legato ad una fase della mia vita, difficile scegliere, ma dovendo farlo, “Corporea” è un progetto che ho amato molto e che mi rappresenta profondamente.
Mnemosyne
Origini
Cosa pensi del futuro dell’arte in Italia? Com’è Catania per l’arte?
L’italia è uno dei pochi Paesi che potrebbe vivere serenamente già solo per l’immenso patrimonio storico ed artistico che possiede, se solo la mentalità fosse meno piccola, pressapochista e corrotta. E’ preoccupante e ad oggi non riesco a vedere spiragli per un rinnovamento.
La mia città è simile a molte altre in Italia; direi che il settore artistico si possa riassumere in due situazioni-tipo: da un lato un gruppo di gallerie di nicchia; dall’altro un marasma di pseudo-associazioni culturali che reclutano orde di pittori più o meno validi, affamati di protagonismo. Le prime sono troppo chiuse nel loro snobbismo per aprire le porte al nuovo; le seconde interessate a creare eventi di ZERO spessore al solo scopo di fare cassa.
In mezzo a questo, pochissime mosche bianche che ancora lottano per ripulire il sistema.
C’è una frase, una citazione, di un poeta-artista o altro, che senti tua?
Tengo sempre a mente una frase di Friedrich Schiller: “Se attraverso le tue azioni e le tue opere d’arte non riesci a piacere a tutti, accontenta pochi. Piacere a molti è cosa grave”
SEM
Vitrea
Vuoi anticiparci qualche progetto o evento futuro?
Difficilmente faccio programmi a lunga scadenza, ma per l’estate so già che esporrò in diversi eventi espositivi: fino a metà luglio al Museo Magma di Roccamonfina, da giugno ad agosto a Rovereto per un evento internazionale (Human Rights 2015) che coinvolge artisti di ben 25 Paesi e, sempre in agosto, a Specchia (Lecce) per un’altra collettiva, Le Fil Rouge, dove sarò anche presente.
Creativamente parlando sono, invece, in un momento di riflessione: negli ultimi due anni ho lavorato senza sosta, ritengo sempre necessario fermarsi, prima di intraprendere un nuovo progetto. Ho imparato negli anni che c’è un tempo per lavorare a pieno ritmo e c’è anche quello, forse più importante, in cui pensare, ascoltarsi, per poter poi andare avanti.
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