Qualche tempo fa sono stata contattata dall’ennesimo giornalista alla ricerca di, come le chiamo io, “testimonianze dal fronte“.
Si, come corrispondenti di guerra, questi neo-giornalisti da cronaca grigio-nera sono sempre alla ricerca di disoccupati, più o meno illustri, da intervistare. Vogliono scavare nei nostri ricordi, sviscerare i nostri pensieri più reconditi, chiederci come stiamo chi siamo cosa facciamo (ma soprattutto COME facciamo, a tirare avanti ad esempio).
Vogliono i più sguazzare nella nostra miseria, ma senza che gli resti appiccicata addosso.
I più sgamati vogliono spettacolarizzare, cannibalizzare la nostra “situazione”, e meglio ancora: la nostra rabbia e il nostro dolore.
Per questo e altri motivi, come avevo raccontato QUI, ho sempre detto NO alle interviste, alle richieste di incontro, alle comparsate in tv, etc. etc.
Tuttavia uno degli ultimi che mi ha contattata, non so perchè ma mi ha convinta. Forse per il modo gentile con cui si è messo a disposizione, forse perchè voleva solo che rispondessi a qualche domanda ma senza spettacolarizzare, senza andare in tv e cose così. così, ho risposto alle sue domande. Alla fine mi è piaciuto anche: erano ottime domande e mi è servito fare un pò di ordine nei miei pensieri (e un pò di maieutica dei miei sentimenti, attuali e passati).
Alla fin fine l’articolo non è uscito, ve lo dico da subito (e un pò mi è dispiaciuto), probabilmente scalzato dalle notizie di attualità che, per una volta, erano più “succose” (il caso Yara che ancora fa “notizia”, i mondiali di calcio, tanto per dirne due).
E allora ve le ripropongo qui, queste botte e risposte: forse volete sapere qualcosa di più della vostra desperate blogger “preferita”, forse siete ancora curiosi su come ho cominciato, perchè l’ho fatto, che cosa mi muove… e altre manfrine.
Ecco qui, dunque, la dura amara, tutta verità su Giovane Carina e Disoccupata, e il suo blog: #nofilter #senzafiltri
- Cosa hai studiato? (raccontami un po’ il tuo percorso)
Ho una laurea di quelle “vere”, vecchio ordinamento, in Comunicazione e un Master di I livello in Management del Turismo. Ho avuto fortuna con gli studi, sono riuscita a fare quello che mi piaceva, in una buona università (la IULM qui a Milano) ai tempi in cui si cominciavano a vedere sul panorama universitario i primi corsi dedicati alle nuove tecnologie della comunicazione, alle scienze del management, se vogliamo chiamarle così. Corsi teorici che affiancavano stage pratici con un vero sbocco sul mondo del lavoro.
È tramite il master che sono entrata nella mia prima e unica azienda, una catena alberghiera italiana, dove sono rimasta per i successivi 8 anni, riuscendo a maturare esperienze di 2 o 3 anni alla volta in vari reparti dell’ufficio commerciale (le vendite, poi il revenue management, poi il marketing e comunicazione). Ho avuto fortuna, finchè è durata, poiché non sono mai stata costretta a fossilizzarmi, deperire, e infine marcire nello stesso ufficio per il resto della mia vita.
Dopo 8 anni di onorata carriera, l’azienda ha deciso di sopprimere la mia posizione, e mandarmi a “pascolare” nell’iter burocratico di una cassa integrazione in deroga (a 0 ore) con l’intento dichiarato di licenziarmi in meno di un anno. Ho deciso di non lasciargli anche quel privilegio, e me ne sono andata prima, entrando nel nero gorgo della disoccupazione.
Ma a testa alta.
- Sei disoccupata, fai qualche lavoro (anche saltuario)?
Mi SENTO disoccupata, e questa è la parte peggiore. Credo che non mi sentirò mai più veramente, pienamente occupata per il resto della mia vita. E se ci penso, dopo tutti questi anni (2 e mezzo sembrano pochi, ma è come per gli anni dei gatti: ne valgono 7 ciascuno) l’idea di rientrare in una posizione di lavoro “fissa”, in una logica di uffici e tempo pieno, mi spaventa. Non ci sono più abituata.
La cosa bella della disoccupazione, è che ti insegna a gestirti in piena libertà. E’ per questo che poi rientrare in altre logiche comincia ad apparirti come un compromesso troppo penoso.
La disoccupazione è così che ti cambia la vita: a partire dalle abitudini quotidiane, per finire a cambiarti completamente il punto di vista sulle cose.
Ora faccio lavori saltuari di consulenza, web marketing, social media e community management, e ovviamente faccio la blogger. Per soldi (quando in consulenza mi chiedono di sistemare o gestire blog aziendali) ma anche e soprattutto per me.
Non ho ancora aperto la partita iva, guadagno talmente “tanto” che riesco a restare sotto la soglia dei minimi delle retribuzioni saltuarie a progetto.
Nessuna azienda è disposta ad assumere, fanno lavorare solamente così: a progetto, contratti volanti di pochi mesi, ritenuta d’acconto.
Ho tanto tempo libero da dedicare ai miei blog, alla mia gatta, e a lunghe passeggiate in città. Mi godo la vita, rallento, respiro, penso. E scrivo.
- Da dove nasce l’idea di un diario sulla disoccupazione?
L’idea nasce dove nascono tutte le idee: dalle esperienze vissute in prima persona, dalla voglia di dire “basta” e “NO, a me non sta bene”.
Nasce dall’essermi guardata intorno, in questi due anni, e aver incontrato tanta, spaventosamente tanta gente nella mia stessa situazione, ma senza la mia dote di individuare “il problema”, sviscerarlo, dargli una voce, analizzarlo impietosamente. Gente che vive male il proprio stato di disoccupazione, gente a cui viene impedito di viverlo bene, anche solo per un mero dato anagrafico (troppo giovani per il mondo del lavoro, troppo vecchi, etc.), e che si guarda in faccia ogni giorno senza sapere come arrivare dignitosamente al giorno successivo. Gente che non ha più parole gente che non ha più speranza, o voglia, gente che ha solo rabbia.
Non pretendo certo di parlare per gli altri, non è per questo che ho aperto il blog: in primis, è solo il MIO diario della disoccupazione, sono i miei pensieri, le mie liste, il mio modus operandi quotidiano per sopravvivere alla disoccupazione. Non voglio scendere in piazza, o istigare la gente, o creare schieramenti politici, ma non voglio nemmeno subire e stare zitta. C’è qualcosa che non mi sta bene, e io voglio che si sappia.
E soprattutto, il motivo principale per cui ho aperto il blog, è per far capire a chi sta nella mia stessa situazione che NON E’ SOLO. Non sta capitando solo a lui.
- Hai la possibilità di guadagnare qualcosina con il blog?
Nessuna, a meno di non investirci prima: passare su un dominio proprio, vendere gli spazi pubblicitari, cose così. Da “tecnica” posso tranquillamente affermare di non essere interessata a intraprendere quella strada: gli investimenti sarebbero troppo alti a fronte di un guadagno irrisorio. E poi mi piace che il mio blog mantenga una dimensione “realistica”, contenuti veri, genuinità. Che sia letto da gente vera che viene a trovarmi perché gli interessa quello che scrivo e non perché sono “di moda” o chissà che altro.
Ci conosciamo tutti per nickname, uno ad uno, io e i miei lettori. Ci raccontiamo le nostre storie “tristi”, scambiamo opinioni, ci fidiamo e ci diamo consigli l’un l’altro.
- Cosa fa un disoccupato tutto il giorno, oltre a cercare un lavoro?
Ti dirò un segreto: il disoccupato NON cerca lavoro. Quasi mai.
È questa la cosa aberrante di tutto il sistema.
Il disoccupato si stanca presto di cercare lavoro fra annunci stupidi o fasulli, altamente offensivi della sua intelligenza e delle sue capacità. Il disoccupato se trova lavoro non lo trova quasi in nessun caso in quel modo.
Io, ad esempio, finora ho trovato lavoretti solo e soltanto tramite persone che hanno lavorato con me negli anni aziendali, che si ricordavano di me come “quella ragazza così brava nel suo lavoro, precisa, affidabile, etc. etc.” Non mi ha mai risposto nessuno di quelli a cui ho mandato il cv online o a cui l’ho consegnato di persona. Nemmeno quando avevo “la raccomandazione”:
C’è un che di confortante, per me, almeno nel constatare questa cosa: non ho avuto bisogno di spinte, il mio miglior biglietto da visita è stata la mia serietà e competenza, anche quando l’intero sistema mi dava contro svilendomi come persona “non più adatta” o “da riqualificare” (perché è così che vieni definito quando entri nel “programma cassa integrazione” o nel “programma disoccupazione”: non sei più una risorsa ma uno scarto, una rottamazione).
E comunque, il disoccupato tutto il giorno cerca di sopravvivere, ecco cosa fa.
- Che riscontri hai avuto dai tuoi lettori? Pensi che i blog e i social network possano aiutare, almeno per un confronto tra disoccupati?
Ho ottimi riscontri ogni volta che qualcuno si iscrive al mio blog, e mi commenta ringraziandomi per quello che scrivo, per come riesco a dar voce ai suoi pensieri, alla sua disperazione, alla sua rabbia. O quando mi chiede consigli su come fare per passare questo brutto momento, o quando ride con me delle mie battute e mi dice “grazie, perché con la tua ironia riesci a farmi ridere di una cosa che finora mi ha fatto solamente piangere”.
Ho anche altri due blog miei, uno a tema “fashion” che è anche abbastanza seguito, ma vuoi per l’inflazione di quella tematica, vuoi per la scottante attualità di questa, finora è il blog sulla disoccupazione quello che ha destato maggior curiosità e interesse, anche da parte dei media.
- Come lo vedi il futuro?
Non farmi questa domanda, è prosaica, e l’unica risposta che mi viene è anch’essa prosaica. Suona un po’ come quella citazione dal film, hai presente: “male, perdio!”
In realtà, la cosa che più mi spaventa è vedere un futuro esattamente uguale a questo presente, né più né meno. Ti fa venire da chiederti ”ma allora io che cosa mi sto sforzando a fare, che tanto non cambia nulla?” quando invece qua le cose dovrebbero cambiare, e anche in fretta.
- Pensi che il mondo del lavoro in Italia sia gestito nel modo migliore possibile (mi riferisco a centri per l’impiego e a tutte le strutture pubbliche preposte)?
La risposta si leggeva tra le righe, ed è assolutamente no.
Penso che l’intero sistema sia deviato, marcio, viziato, lento, e fondamentalmente inutile. Una persona che entra nel vortice della disoccupazione può trovarci giusto qualche strumento utile (i corsi di riqualificazione di quando sei in cassa integrazione, se te li fanno seguire gratuitamente, le ore di consulenza – da quel punto di vista non posso che confermarmi sorpresa e commossa dalla preparazione delle persone che ho incontrato durante il mio triste percorso-), ma non se ne tirerà mai fuori completamente,soprattutto se non ne ha la voglia, o se non trova le capacità per riciclarsi.
Un’altra delle cose aberranti che ho vissuto in prima persona, è la facilità con cui si tende a “lasciarsi andare” nel sistema, lasciarcisi cullare, almeno per i mesi dell’assistenza statale: il mercato del lavoro si muove in maniera lentissima, anzi è proprio statico, non ci sono possibilità di reimpiego nel breve termine, perciò il disoccupato è più incentivata a godere fino all’ultimo centesimo dei vari sussidi, piuttosto che cercarsi per davvero un lavoro. Nessuno ti viene a controllare a casa se stai mandando cv, nessuno ti chiama per farti le famigerate “3 proposte di lavoro” tramite i centri per l’impiego.
Il disoccupato sente che “non interessa a nessuno” e perciò si adagia lui per primo (se appena appena riesce a sopravvivere di quel sussidio).
Salvo poi ricevere in faccia un bello schiaffo che gli provoca un brutto risveglio (vedi mio ultimo post). E la vedremo bella ora che si sta ventilando l’ipotesi di ridurre gli orizzonti temporali degli strumenti a sostegno del reddito, viste le solite “mancanze” di fondi e soldi da destinare alla “povera gente disoccupata/cassaintegrata/senza reddito”.
Ne vedremo proprio delle belle.