Si ma non era così lampante l’appartenenza alla Mala. I cambisti c’erano da sempre. Al Lido per esempio, dove Maniero fece una delle sue grandi rapine, c’era un salottino all’entrata che era l’ufficio di questi figuri. Poltrone e tavolino per firmare gli assegni e un televisore per passare il tempo. Questo era il potere dei cambisti in genere: l’essere accettati, come fosse normale ospitare dei cravattai dentro a strutture statali.
Perché allora andare a rapinare un posto dove lavoravano i suoi uomini?
Non esiste una risposta certa se non nella mente di Maniero o di chi partecipò al colpo. Di cose se ne sono dette tante, soprattutto in certi ambienti. Sicuramente c’è molta fantasia..ma non solo..
Cosa si diceva ?
Si disse che il Casinò pagasse una percentuale molto forte a Maniero e che al cambio del direttore gli accordi non furono più rispettati. Cosa che non piacque a Felicetto e si vendicò in questo modo.
E la Slovenia?
Per quanto riguarda i casinò in Slovenia era anche peggio. I cambisti italiani avevano le proprie “scorte” settimanali direttamente nelle cassette di sicurezza della casa da gioco. Cambiavano 300 milioni ogni fine settimana, a persona. Un giro di soldi mostruoso. Ma non solo, era un posto ottimo per riciclare. Mi ricordo bene un croato che giocava da solo contro il casinò un miliardo a sera. Con le sue guardie del corpo intorno. Vincere o perdere fino a un terzo dei soldi non aveva importanza, l’importante era farli girare. Pulirli.
Dalla metà degli anni ’90 fu il grande business del gioco. Non esisteva di meglio. Erano regolari rispetto alla legge, non davano nell’occhio e portavano un sacco di soldi. Tanti, pure troppi visto che poi furono messi sotto osservazione dallo Stato e poi gestiti dallo stesso. Che giro di soldi si può stimare ? Non è possibile definirlo, non è quantificabile perché era tutto in ”nero” e senza possibilità di valutarlo. Gente con sacchi neri piene di banconote andavano una volta alla settimana a San Marino a depositarli. Non si erano mai visti tanti soldi liquidi girare per i bar. C’erano posti che incassavano cento milioni a settimana. Di gente rovinata ne ho visto molta. Non meno di oggi comunque, che il gioco lo gestisce lo Stato.
E la criminalità?
La criminalità, come ogni business legato al gioco d’azzardo o era direttamente proprietaria di aziende di videopoker o le faceva gestire da altri o in società con altri. E chi non pagava o non era in ordine con i conteggi erano giorni di ospedale e ossa rotte. E tutti fecero così, anche i vecchi proprietari di videogame che si erano inseriti nel settore dell’azzardo si misero a fare i boss, con pochissima fortuna però. Ma era un mondo intriso di criminalità.
Nello specifico?
Beh dalle nostre parti gli zingari erano grandi appassionati di quei giochi, anche perché sapevano come manomettere i meccanismi interni. O almeno lo pensavano. Ogni sala giochi era una base di riciclaggio di cose rubate: computer, telefoni…che i sinti dei campi nomadi si rivendevano a un quinto del valore.
Quanto si è perso di questo mondo? E quanto si è trasformato? Oggi il lato romantico, se mai c’è stato un lato romantico si è perso. Il mondo dell’ippica sta ormai morendo e non c’è più senso nel vedere le corse dal ristorante dell’ippodromo mentre si sorseggia un buon vino. Il toto-nero è stato sostituito dalla Snai e come si vede dalle cronache di questi giorni gli scandali sono anche peggio di prima. I casinò sono rimasti uguali, non con i cambisti ufficialmente ma con i propri personaggi legati all’usura. Le bische sono, molte volte, circoli privati dove si gioca il poker texas holdem. Ma non ci sono più i grandi “giri” di una volta. Oggi il grande business è nelle mani dei Monopoli di Stato. Quella è la gallina dalle uova d’oro, con le videolottery, macchine che rispetto ai videopoker di una volta sono dei veri killer.
Cosa le manca di quei giorni ?
Le bollette del sabato pomeriggio, quelle ricevute di Buffetti con scritti a mano i nomi delle squadre, la quota e quanto avevi scommesso. Quei fogli di carta che guardavi e riguardavi la domenica pomeriggio mentre alla radio partiva la sigla di “Tutto il calcio minuto per minuto”.
Anche l’ennesima sigaretta è finita ed è tempo di congedarci. Il passo all’uscita è veloce e non lascia molto ai convenevoli. Se ne va come è arrivato, veloce e furtivo. Come la sua vita e i suoi ricordi.
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