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Creato il 05 novembre 2010 da Luciusday
"Il simile conosce il dissimile", affermava il filosofo presocratico Anassagora: possiamo cioè conoscere fino in fondo le realtà al di fuori di noi solo evidenziandone le differenze che da esse ci distinguono o separano. Lungi dal voler giustificare tale teoria filosofica in modo dogmatico e dialettico - perché non è nel mio interesse nè, soprattutto, nelle mie possibilità - mi limiterò ad abbracciarla per quanto riguarda il piano sociale e personale. La vita nella sua molteplicità, infatti, ha offerto ed offre a tutti noi continue occasioni per interpretarla; a me, spesso, ha offerto l'"occasione" per sentirmi non dico propriamente emarginato, ma differente, diverso dagli altri, con conseguenze che a volte ho ritenuto positive, ed altre volte, più spesso, negative, ma che comunque, ogni volta, mi hanno portato a maturare profonde riflessioni. Ed infatti proprio quando sembra che tutto ti caschi addosso, trovi un metodo, una forma mentis per risollevarti ed alzarti, se non più forte di prima, ad ogni modo cosciente di ciò che è successo e del fatto che quell'impedimento ormai lo hai già affrontato e, se hai imparato a conoscerlo, lo puoi evitare. Ciò ha però un prezzo: quello di non afferrare tutte le cose che ti vengono incontro nella loro semplicità, ma doverti ridurre ad analizzarle, scomporle, denaturarle, per evitare di ricadere in quel baratro; di doverti ritrovare inevitabilmente ad estendere un "meccanismo di difesa" che hai escogitato per alcuni avvenimenti, a tutti gli altri. Ed una volta che hai analizzato, scomposto, denaturalizzato tutto, la maggior parte delle volte ti ritrovi a pensare che se non avessi fatto tutto questo, il quale però non puoi esimerti dal compiere, cioè se avessi preso tutto con semplicità e "umanità", saresti stato molto meglio con la vita, con te stesso e con gli altri; e non ne gioisci, ma te ne rattristi in modo pessimisticamente ironico, poiché solo l'umorismo è capace di penetrare dentro la tanto agognata realtà, cercando inutilmente, come un limite matematico che tende all'infinito, come l'Achille di Zenone, di ristabilire e ricomporre le tessere di un puzzle già andate perdute per sempre.
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