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Investire in oro: perché potrebbe convenire farlo subito

Da Mrinvest

Investire in oro: perché potrebbe convenire farlo subito
INVESTIRE IN ORO

prezzi oro in crescita
I recenti movimenti dell’oro non sembrano poter garantire sufficienti certezze in capo agli investitori amanti delle materie prime. Ad ogni modo, investire oggi nell’oro potrebbe essere tutt’altro che una scelta azzardata. Cerchiamo di capire perché, partendo dalle valutazioni attuali, ben congrue.

Per cercare di interpretare quali saranno i movimenti dell’oro nel corso del prossimo futuro, infatti, bisogna partire dalla valutazione attuale, e i suoi collegamenti con l’azionario. Durante la prima settimana del mese di ottobre il lingotto ha toccato i minimi livelli dallo scorso mese di dicembre, azzerando – di fatti – i guadagni conseguiti nel corso dell’anno. Tuttavia, da quel momento è partito un rimbalzo che nei giorni successivi ha condotto al conseguimento di guadagni che hanno superato il 5%: parallelamente, l’indice S&P 500 ha perso la stessa proporzione, con un trend certamente non casuale. Ma quali sono le ragioni di tale evoluzione? E perché l’oro, ed oggi a maggior ragione, si sta candidando ad essere uno dei principali beni rifugio?

A ben vedere, nel corso delle ultime settimane il quadro di riferimento per l’azionario sembra essere notevolmente cambiato, con l’espansione di un sentimento di nervosismo tra gli investitori che giorno dopo giorno si fa sempre più convinto a causa dell’aleatorietà dei dati macroeconomici in pubblicazione, e a causa dell’evidente deterioramento delle condizioni del vecchio Continente.

Tornando all’oro, risulta altrettanto evidente come il suo indebolimento sia stato indirettamente indotto dalle politiche monetarie delle banche centrali, che hanno iniettato sui mercati abbondante liquidità. Tale strategia ha allontanato parzialmente la percezione del rischio e l’oro è stato dunque penalizzato. Il metallo dorato ha quindi perso quotazioni quando il dollaro era ancora debole, e il successivo rafforzamento della valuta verde ha finito con il peggiorare il quadro. Tuttavia non è questa la determinante principale per interpretare correttamente le evoluzioni del lingotto.

Allo stato attuale delle cose, infatti, il più importante elemento in grado di influenzare le quotazioni del metallo prezioso è la ricerca di un bene rifugio che non sia strettamente legato alle sorti dell’azionario. Un ruolo che l’oro può svolgere bene in altri contesti, ma che attualmente non ci sentiamo di attribuire in misura preponderante (consigliando comunque un suo inserimento in portafoglio per almeno il 5%). Attualmente la ripresa dell’economia statunitense e il possibile rialzo anticipato dei tassi di interesse stanno spingendo gli asset alternativi all’oro. Per quanto attiene la domanda fisica, non vi sarebbero particolari segnali di risveglio, con una richiesta complessiva del secondo trimestre che appare stabilmente in flessione.

Introdotto quanto sopra, non è affatto escluso che l’oro possa riprendere quota già nel breve – medio termine. “Se gli investitori percepissero una grande incertezza sui mercati finanziari” – affermava in proposito, sulle pagine de Il Sole 24 Ore Plus, l’analista indipendente Francesco Caruso – “e avessero bisogno di una valvola di depressurizzazione, ecco allora che l’oro potrebbe tornare in auge. Non è un caso che il rally del metallo giallo sia avvenuto nel primo decennio del nuovo secolo, contrassegnato da due pesanti crisi per l’azionario”.

In alternativa, è possibile puntare direttamente sui titoli azionari auriferi, che hanno una correlazione stretta con il prezzo del metallo giallo, facendo attenzione – fa notare ancora Caruso sulle pagine dell’approfondimento settimanale – sullo spread di forza relativa tra il mercato azionario emergente e quello Usa. Quando i mercati emergenti fanno meglio di Wall Street, i titoli auriferi hanno prospettive più allettanti, poiché gli emergenti sono maggiormente legati all’economia reale, e quindi performano meglio nella parte finale del ciclo o in fasi in cui c’è una netta preponderanza dell’economia reale.


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