Magazine Arte

Io confesso

Creato il 21 giugno 2012 da Theartship

Io confesso

Alessandro Cochetti. A chiunque può capitare di emozionarsi visceralmente per un libro, un autore, un artista. Chi è appassionato di fumetti conosce fin troppo bene questa sensazione. Personalmente posso dire che nella mia infanzia i piccoli albi di Topolino e le varie uscite correlate (in particolare Paperinik) erano una fonte incredibile di interesse e piacere. Leggevo e rileggevo, fino a far consumare la carta, le pagine di quei “giornaletti” (come li chiamavamo a casa), volando con la fantasia all’interno dei mondi di quelle storie. Crescendo, la passione per questo incredibile medium comunicativo che è il fumetto non si è arrestata, anche se con gli anni è divenuta sempre meno travolgente o comunque più selettiva. Come ho detto, da bambino rileggevo le stesse storie con un trasporto emotivo particolare: non mi chiedevo perché mi piacessero o meno, era una consapevolezza innata, come solo quella dei bambini può essere. Qualcosa di simile mi ricapitò durante i quindici/sedici anni quando, trovandomi tra le mani uno dei Dylan Dog scritti da Sclavi, ebbi nuovamente quella sensazione tanto da dirmi “devo assolutamente collezionarli tutti!!”. Poi si cresce e i gusti cambiano. Ci si domanda anche il perché questa o quella cosa ci piaccia o meno, come se dovessimo trovare una giustificazione morale ed intellettuale alle nostre letture. Così ho iniziato ad apprezzare (e con maggior cognizione) aspetti sempre diversi nelle storie che mano a mano scoprivo: la sensazione di fascino e esotismo per Corto Maltese nella “Ballata del mare salato” di Hugo Pratt, la struggente malinconia o la vivacissima comicità delle storie brevi di Andrea Pazienza, la tensione ritmica ed il senso di epicità del “Ritorno del cavaliere oscuro” di Frank Miller, il piacere dell’incastro narrativo perfetto e matematico nelle trame di Alan Moore.

Ma quella sensazione di smania da collezione, quella venerazione incondizionata ed irrazionale, mi è ricapitata solamente un’unica volta dopo i vent’anni: per i fumetti di Robert Crumb.

L’incontro con questo autore fu per me un evento accidentale. Per caso infatti, verso i diciott’anni, avevo visto il film “Le nove vite di Fritz il gatto”, che trovavo interessante per la sua originalità, anche se non mi aveva entusiasmato moltissimo. Mi sembrava geniale l’idea di base, ovvero questo mondo di bizzarri animali antropomorfi che si muovono in una città degradata e che vivono problemi e situazioni di estrema bassezza morale, ma poi lo sviluppo del film lasciava molto a desiderare. Ancora non avevo nessuna idea di chi fosse e che cosa avesse rappresentato per il fumetto mondiale Robert Crumb, l’autore che aveva creato i characters di quello strano film. Quando, alcuni anni dopo, vidi in una fumetteria un albo che aveva in copertina il gatto protagonista di quel lungometraggio, consapevole che solitamente un comic book è sempre più bello del film che se ne ricava per il grande schermo (chissà perché poi), lo comprai ed ebbi quella vertigine di cui parlavo prima.

Il volume raccoglieva storie che andavano dalla fine degli anni sessanta agli anni novanta, con trame anche molto diverse tra loro: c’erano storielle senza una trama precisa e a volte incomprensibili; racconti fantastici su personaggi realmente esistiti, come lo scrittore Philip K. Dick o vecchi compositori di jazz e blues afroamericani, che vivevano situazioni paradossali come una maledizione voodoo o possessioni spirituali; ed infine, cosa che mi colpiva molto, storie a fumetti in cui lo stesso autore, senza freni inibitori, si disegnava come protagonista per confessare ai suoi lettori i propri stati d’animo, le sue passioni ma soprattutto le sue ossessioni e perversioni sessuali. Il tutto con una sincerità e spontaneità travolgenti.

Sarà stato a causa della mia età, il fatto di aver trovato un autore che senza censure metteva nero su bianco tutti i suoi limiti ed i suoi eccessi (cosa che mi strabiliava in quanto io non avevo la possibilità di sfogare con tanta sincerità le mie di inquietudini), la difficoltà a trovare altri suoi volumi che in Italia non venivano e non vengono ancora oggi pubblicati (cosa che li rendeva ancora più preziosi), ma io ne fui totalmente affascinato. Oggi, che ho avuto la possibilità di leggere tutto quanto è stato pubblicato in Italia su Crumb, più qualche volumetto inedito in lingua originale, ancora faccio difficoltà a spiegarmi razionalmente il perché di questa passione. So però di essere in buona compagnia, in quanto l’autore è considerato oggi uno dei maestri assoluti del fumetto mondiale, patriarca indiscusso del fumetto underground e inventore (a quanto mi risulta) del fumetto autobiografico di confessione, primo (e credo unico?) “fumettaro” che abbia visto le sue tavole esposte al M.O.M.A. di New York e che in questi giorni ha una mostra personale al M.A.M. di Parigi.

Ma procediamo con ordine[1]: Robert Dennis Crumb nasce il 30 agosto 1943 a Philadelphia. Già dall’infanzia mostra un talento molto grande per il disegno che, a causa delle condizioni di vita della sua famiglia (un padre autoritario ed una madre maniaco-depressiva), diventa il principale strumento di sfogo per lui ed i suoi fratelli. Gli anni del liceo saranno i più tormentati, vissuti in totale alienazione e con risentimento verso il mondo (ed in particolare verso le donne). Le storie del liceo saranno infatti materia per molte sue storie autobiografiche, dove mostra gli episodi che lo hanno fatto diventare morbosamente perverso (come ammette lui stesso) e consapevole del proprio talento artistico, talento da usare come rivincita personale verso una società americana post-bellica alienante. L’anno del diploma sembra essere stato il più difficile di tutti: passato interamente tra le mura domestiche a disegnare e parlare del significato della vita con suo fratello maggiore Charles, che viveva più o meno gli stessi disagi, in totale alienazione. E’ probabilmente in questo periodo che formerà quel cinismo verso l’America edonista degli anni ’50, sulle sue contraddizioni e assurdità culturali e morali, cosa che diverrà una marca fondamentale per tutto il suo lavoro futuro.

Nel biennio 1964-65, dopo essersi trasferito a Cleveland, vive invece quello che nei suoi fumetti definisce come il periodo in cui cercò di integrarsi, non riuscendoci, all’interno della società: infatti si sposa e cerca lavoro, ma ben presto però i rapporti con la moglie si incrinano e le prime esperienze di consumo di LSD lo segnano in modo particolare. E’ infatti in una notte, dopo un “trip” fortissimo che, dice, gli cambia la vita, in uno stato di confusione mentale, in cui ‹‹conscio e suconscio ruppero le loro barriere››, preso in un ‹‹caleidoscopio di bizzarre immagini››, schizza sul suo sketchbook i principali personaggi per cui scriverà storie nei suoi futuri dieci anni. E’ così che infatti nascono l’esuberante santone e guru spirituale Mr.Natural, il cinico e perverso Mr.Snoid, la negra primitiva Angelfood McSpade.

‹‹Fu come un’esperienza religiosa che ti cambia la vita, solo che io ebbi le immagini della parte sporca dell’inconscio collettivo americano››, dice l’autore a proposito di quell’esperienza.

La nascita del fumetto underground ed i primi successi. Nel 1967, dopo una prima rottura con la moglie, scappa a San Francisco, dove si accenderà la miccia che farà esplodere il suo successo. E’ un periodo particolare per l’America intera, presa tra il movimento giovanile, la protesta contro la guerra in Vietnam, le lotte per i diritti civili. San Francisco in particolar modo è un centro diventato il focolaio per beatnik, hippie, consumatori di LSD e in generale per tutto ciò che di alternativo l’America di quegli anni poteva offrire. Tutte queste suggestioni sfociarono poi nella creazione di una sub-cultura underground, che si divulgava per mezzo di giornali, poster, illustrazioni, caricature.

E’ in questo contesto che Crumb sforna il primo numero di Zap Comix, oggi riconosciuta come la prima e più influente rivista di fumetti underground della storia. Si tratta di fumetti assolutamente solo per adulti e intellettuali, come è scritto in copertina, in cui Crumb fa la parodia dei fumetti degli anni ’40 e ’50 e ironizza sulla società americana, facendo slogan a favore del consumo di stupefacenti e disegnando personaggi (come il bianco razzista represso Whiteman) che rappresentano gli aspetti più incongrui della cultura puritana e benpensante. In un triennio la rivista arriva fino al numero 4, ed anche il team si allarga, includendo illustratori e disegnatori che diverranno, come Crumb, icone dell’underground comix: S.Clay Wilson, Victor Moscoso, Rick Griffin, Spain Rodriguez, Robert Williams e Gilbert Shelton.

Sempre in questi anni Crumb aumenta anche il numero di riviste, creando Snatch Comix, Jiz e Cunt, tutte autoprodotte in clandestinità a causa dei loro contenuti giudicati scabrosi. La stessa Zap Comix subirà sequestri e cause in tribunale innumerevoli.

Gli anni settanta ed il rapporto con la celebrità. Come detto, per circa dieci anni, ovvero per tutti gli anni settanta, Crumb disegnerà queste storie scabrose e psichedeliche con protagonisti i personaggi creati in quella notte di delirio.

Nel 1970 la moglie Dana darà in concessione il character più famoso di Crumb, Fritz il gatto, al regista Ralph Bakshi che, due anni dopo, lo utilizzerà per farne un lungometraggio a cartoni animati, seguito da un sequel nel ’74 (“Le nove vite di Fritz il gatto” di cui parlavo sopra). Ma per Crumb si tratta di un avvenimento sconvolgente: causa la sua personalità assolutamente difficile e irrequieta, vedendo il proprio personaggio mercificato e commercializzato, ha una crisi nervosa tanto che nel ’72, dopo l’uscita del primo film, disegna l’ultima storia di Fritz uccidendolo. Si direbbe un comportamento strano, ma il rapporto con la celebrità e con il mondo, per Crumb, non sono cose facili da capire. Un carattere molto introverso, che trova nel disegno la sua valvola di sfogo, unita ad un ego molto accentuato (come dice di sé nei suoi fumetti), lo rendono un personaggio molto eccentrico e particolare. Tanto che, pur essendo l’icona del movimento underground per una generazione di beatnik e hippie, Crumb sempre rinnegherà di aver partecipato socialmente a quel periodo, odiando i capelloni e la sempre più degradante vita per le strade di San Francisco. Appassionato dei vecchi blues e del jazz delle origini (il rag), vestito in modo reazionario e accusato spesso di razzismo e maschilismo, Crumb fu un simbolo controverso di questo periodo della storia americana, partecipando moralmente, come lui stesso ammette, soltanto per i “vantaggi” derivanti dall’amore libero e dal consumo di LSD.

Questo aspetto particolare della sua personalità, soprattutto il suo lato chiuso e paranoico che trova sfogo nel disegno (che sembra sia una vera e propria necessità vitale, una forza prorompente che desidera uscire dal suo corpo per trasferirsi sulla carta) è ben visibile nell’imperdibile documentario “Crumb” del 1994, diretto dal regista suo amico Terry Zwigoff, in cui si scende a fondo all’interno della sua vita e della sua arte.

Gli anni ottanta e il fumetto autobiografico. Malgrado la produzione di fumetti deliranti e scabrosi non si arresti, negli anni ottanta Crumb è anche il primo a creare un genere di fumetto mai visto: il fumetto autobiografico. In storie come “My trouble with women”, “Footsy”, “Memories are made of this” infatti Crumb si confessa e ripercorre episodi della sua infanzia, dell’adolescenza e anche della sua vita domestica a fianco della nuova moglie Aline Kominski, raccontandosi in modo struggente e assolutamente sincero, con alla base sempre quell’ironia un po’ perversa che lo contraddistingue. Incapace di comunicare a parole, attraverso i suoi fumetti ha invece un’apertura totale, in cui non manca di mostrare, attraverso il proprio io, le contraddizioni di un’America che pian piano lo disgusta sempre più.

Il trasloco in Francia e i giorni nostri. L’insofferenza verso il proprio paese, accentuata probabilmente anche dalla ricerca di tranquillità e pace dove vivere con la sua nuova famiglia, fanno sì che l’autore si trasferisca in un piccolo paesino nel sud della Francia a metà degli anni novanta, con all’attivo numerosissimi fumetti, una mostra al M.O.M.A. di New York, un progetto editoriale – “The complete Crumb Comics” – unico nel suo genere (che raccoglie tutti i comics realizzati dall’autore), una celebrità ineguagliabile come artista, con critici che lo paragonano di volta in volta a grandi autori e artisti come Goya, Bruegel, Bukowski, Burroughs e altri.

Ai giorni nostri può contare moltissimi fumetti che spaziano su generi diversi: il fumetto autobiografico, l’underground comix, biografie di personaggi famosi realmente esistiti, storie di fantasia crude e ironiche, handbook, copertine di album e recentemente anche graphic novel (su Kafka e sul libro della Genesi), tutti trattati con profondità, schiettezza e con quel suo riconoscibilissimo stile di disegno, fatto da un’abbondante uso di retinature, una cura maniacale per i dettagli, una linea spessa e marcata, la ricorrenza a “tormentoni” come le donne dalle gambe robuste e dai corpi snelli e altamente flessibili, l’ironia dissacrante ed uno stile che mixa in modo originalissimo influenze come H.Kurtzman e E.C.Segar.

La mostra che in questi mesi si tiene al M.A.M. di Parigi – “Robert Crumb: dall’underground alla Genesi” – è un riconoscimento per uno dei più grandi artisti della contro-cultura americana, a cui anche il panorama dell’arte d’èlite si apre per riconoscerne il genio.


[1]

[1] Le informazioni biografiche che seguono sono state prese dal sito ufficiale dell’autore http://www.crumbproducts.com/ e da vari saggi.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :