Magazine Diario personale
Sono uscita dall'ambulatorio mezz'ora prima, perchè giù nel sotterraneo mi mancava l'aria, avevo il respiro mozzo, una sensazione di masso sullo sterno mi opprimeva l'esistenza.
Sono uscita prima e mi sono immersa nel traffico scattoso ed adrenalinico di Roma, la mia città invivibile.
Vivere in una città invivibile, lo dice la frase stessa, ha poco senso.
Sono arrivata a casa senza fiato, lo stomaco contratto, i muscoli(si fà per dire)duri come sassi.
Sono entrata in camera da letto tentando di prendere aria dalla grande finestra che dà sull'orto del vicino.
Ho demandato la raccolta dei miei figli al padre dei miei figli, mi sono spogliata velocemente, avevo fame d'aria e di benessere.
Ho annusato la mia tuta da casa di cotone leggero come una seconda pelle, l'ho indossata con le devozione che si prova per le cose "tue", quelle che hanno il tuo odore, la tua forma, quelle che rappresentano un pò chi sei, quelle che ti fanno sentire a casa.
Mi tremavano le mani, gli occhi si strizzavano da soli in piccole contrazioni involontarie, arrancavo togliendomi i calzini e le scarpe strette.
Ho poggiato i piedi nudi sul legno del pavimento, era fresco ed accogliente, mi sono lasciata cadere sul letto sfatto, lasciato all'alba senza neanche il tempo di rifarlo, mi sono presa le mani nelle mani ed improvvisamente ho capito, ho avuto quasi una folgorazione, un'illuminazione...ero stanca, ma stanca davvero, stanca nel profondo, volendo anche un pò stufa, stanca nelle viscere e nella testa, stanca nei piedi e nel respiro, stanca, stanca, stanca, talmente stanca da non avere avuto neanche il tempo
di accorgermene.
http://cenadamamma.blogosfere.it/2011/06/respirazione-diaframmatica-ovvero-laccordo-pneumofonico-per-vivere-meglio-prima-parte.html
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