Magazine Diario personale

Io in:"Mister tamburine..."

Da Silvia


Rumorìo di fondo rotto da colpi di tosse,voci di bambini piccoli irrequieti (fra cui uno di mia conoscenza),cappotti e nonni e colli pelosi di giacchetti imbottiti,seggioline microscopiche sulle quali appollaiarsi,i padri quasi tutti dietro,in fondo,stile:"nessuno mi deve vedere mi scappasse una lacrimuccia,non sia mai",flash e telecamere puntate,batterie scariche,memorie dimenticate a casa(da leggersi anche in senso metaforico).
Sipario fatto di vecchie tovaglie di maestre pazienti,costumi di carta e stoffa,cuciti ed assemblati su bambini in calzamaglia,scenografia natalizia di ombre e lanterne nei vicoli di un paese che immaginiamo insieme a loro,e li guardiamo famelici,e ci facciamo prendere per mano e dimentichiamo qualcosa,in silenzio,finalmente.
All'improvviso,dopo un ballo medioevale fatto di inchini e cortigiane,arriva un tamburino secco,con le scarpe di due numeri più grandi,usate, appartenute al figlio di un'amica,il cappello immenso sopra una testa piena di capelli neri,le calzamaglie blu troppo lunghe,la vocina urlante:"udite udite...",le mani lunghe sui bastoncini del tamburo appeso al collo con un nastrino,il mio bambino.
Ha cinque anni e mezzo,una parte allegra e lunghissima che lo ha preoccupato per giorni interi mentre oggi conosce a menadito anche quelle di tutti gli altri,canta,balla,muove le mani davanti a sè e guarda il pubblico mentre sembra felice,muove la testa e lancia quegli sguardi da sotto le ciglia folte e scure identiche alle mie,il cuore mi si allarga,gli occhi si appannano ma non ho voglia di piangere,mi viene da ridere,ho voglia di ridere un bel pò.
Lo guardo,lo ascolto,lo riconosco.
Le immagini di lui nella mia pancia,sulla mia pancia,fra le mie braccia,arrampicato sugli alberi al parco,con le guance rosse sull'altalena,con la faccia pallida e la flebo in ospedale,mano nella mano con suo padre al mare,mentre stringe il suo fratellino appena nato con quelle braccia ancora di bimbo,mi attraversano gli occhi e batto le mani al ritmo delle loro canzoni.
Vorrei che si sentisse sempre così.
Canta :"aggiungi un posto a tavola"con foga,muovendo tutto il corpo come fanno i bimbi di qualsiasi coro in questo mondo,poi, mentre la musica scema lentamente,indicando lontano con la mano, urla nell'orecchio della sua migliore amica:"lo vedi,quello lì è mio fratello".
Lo vedete?quello lì è mio figlio.
Buon Natale a tutti voi,di cuore.

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