Questo commento contiene spoilers
Ieri sera ho visto Iron Man 3.
Pensavo di essermi persa la programmazione, in questi dieci giorni in Germania, invece no.
Dopo The Avengers, che in pratica conosco a memoria, e dopo il trailer di questo film, ero abbastanza ansiosa di godermelo al cinema – anche se non sono una fan di Iron Man e dei supereroi in generale.
I primi due film della serie non mi avevano detto niente e li ho dimenticati, ma comunque contavo sul fatto che mi sarei divertita con le battute al vetriolo di Tony Stark e con l’interpretazione di Robert Downey Jr. – che ormai è uno e trino con Sherlock Holmes.
Macché. Per farla breve, mi sono annoiata.
Non è che il film sia brutto da buttare via. È che niente, a un certo punto sono cominciati gli sbadigli e la palpebra è diventata pesante. Più o meno quando è entrato in scena il moccioso. Già.
Si comincia con un prologo che è un ricordo di Stark ambientato a Berna, nel Capodanno del 1999, con lui che passa la notte in compagnia di una brillante botanica, dopo aver spedito uno sfigato claudicante sul tetto, a congelarsi. E commenta:
I vecchi tempi. Chi immaginava che sarebbero tornati a crearmi problemi? Non ce n’era motivo.
Appunto! Non ce n’era proprio.
Come base su cui reggere una storia, “i vecchi tempi” traballano e scricchiolano. Ci ritornerò su più avanti.
Si passa quindi al Natale presente, con Stark che non dorme da 72 ore, ha una discreta collezione di armature (41) e sta per testarne un’altra – a propulsione prensile autonoma. Ed è un poco in crisi con Pepper. Oh! E ha violentissimi attacchi di panico al solo sentir nominare New York, gli alieni, i semidei e il portale.
Non era male l’idea di questo Tony incasinato, che riesce a riprendere il controllo solo grazie a uno dei suoi Mark, e che spesso si trova tanto in difficoltà da arrivare persino a chiedere: “E adesso che faccio?”.
Il problema è che gli hanno affiancato il suddetto moccioso: furbetto in stile “simpatica canaglia”, padre andato a comprare il gratta e vinci qualcosa come sei anni prima e ancora in fila al tabacchino – probabilmente in un altro stato, e un bullo che lo tiranneggia.
La sentite questa puzza? Sembra zolfo, ma non lo è. Questa è puzza di Disney: aprire le finestre non servirà.
E infatti il moccioso diventa la spalla di Stark, e in una scena che mi ha ricordato uno dei più brutti romanzi di Stephen King – Cell, in cui un ragazzetto simile la sa più lunga di due uomini adulti – ecco che con il suo supporto salva Tony dall’ennesimo attacco di panico: “Sei un meccanico. Pensa a cosa potresti costruire”. Lui ci pensa sul serio et voilà! In 0.45 sec. Stark torna a essere Iron Man, anche se senza l’armatura.
Perchéééééééééé?
E dire che c’era stato un siparietto quasi simpatico, tra i due, in cui Tony fa il verso al moccioso, mettendosi al suo stesso livello – una cosa che mi piace di lui: figo, genio e arrogante quanto vuoi, ma caduta-di-stile addicted. Non so quanto la cosa abbia attinenza con il Tony Stark dei comics, ma questa è una cosa dei film che mi diverte – come quando punzona Bruce Banner o provoca Steve Rogers. Mi accontento di poco, lo so.
Comunque, c’è una qualche morale nel fatto che Tony abbia bisogno prima della “simpatica canaglia” e poi di un imbecille? Forse, che anche i grandi non possono fare a meno dell’aiuto dei piccoli e degli umili?
Se dalla Disney ci sono dichiarazioni in merito…
Il Mandarino, il supercattivo, è la parte più sorprendente del film. So che ai fan dei comics non è piaciuto perché è stato svilito, ma visto che io non li ho mai letti posso fregarmene bellamente dei mugugni. A me è piaciuto parecchio. All’inizio pensavo fosse il solito terrorista: interpretato da Ben Kingsley, okay, e Ben Kingsley è un signor attore, ma certi personaggi non li si può spremere oltre un certo limite e il terrorista l’abbiamo visto in ogni salsa possibile – dal lucido schizzato, allo schizzato perso, al motivato-fanatico religioso, al malato d’amore con trauma infantile e via così. E invece… E invece! Su questo non scucio una sillaba. Dico solo che nel faccia a faccia Mandarino/Stark, Ben Kingslely soffia il palcoscenico a Robert Downey Jr., tipo scontro tra Titani. Davvero: Kingsley è fantastico. Lì per lì ho pensato che gli sceneggiatori mi stessero tirando uno scherzo del genere doppia identità che, tadaaaaah, in realtà è quadrupla accessoriata con agnizione a tradimento… Basta, non aggiungo altro. Stop.
Solo che per un Mandarino, c’è un Aldrich Killian. Quello che, all’inizio del film, aveva il capello lungo tipo alga, era sciancato ed era stato spedito da Tony – cinicamente, va detto – a farsi le chiappe di ghiaccio nella nevosa notte svizzera. Tredici anni dopo, Killian è affascinante e vuole vendicarsi di quel cattivone di Stark che, abbandonandolo in quel modo, gli ha fatto conoscere la disperazione. Cavolo, l’aveva quasi spinto a saltare giù dal tetto!… Be’, si diceva di cattivi psicolabili, con traumi psicologici alle spalle. Però, seriamente, questo ha rosicato per tredici anni. Non solo. Si è sottoposto a un trattamento che lo ha reso fortissimo, praticamente indistruttibile e a rischio esplosione. Roba da saltare in aria tra fuoco e fiamme, a 3000°.
Vendetta impegnativa, per uno scherzo della malora.
Da qui gli scricchiolii nella trama.
Lo so che questo si chiama “fare le pulci”, ma la Maestrina dalla Penna Rossa che è in me non può fare a meno di chiedersi ancora: “Perchéééééééééé?” Insomma, costava tanta fatica dare una motivazione più solida a Killian?
Gli ultimi minuti, quelli dello scontro decisivo contro l’antagonista – che in certi momenti mi ha ricordato Terminator 2 – sono adrenalinici e poiché a Natale si è tutti più cattivi, le armature sciamano come meteore, la gente esplode in fiammate, pure Pepper Potts è “molto violenta” e per concludere ci sono costosissimi fuochi d’artificio, ma tanto Stark può permettersi di mandare in frantumi svariati milioncini di dollari.
Dopodiché, botta di buonismo e di qualcosa che… non so: o gli sceneggiatori hanno dovuto tagliare selvaggiamente, per cui è venuta fuori la conclusione “Ho aggiustato Pepper e poi ho aggiustato me stesso” (ricordo male io, o non era possibile – per cui si era fatto impiantare quell’elettromagnete al centro del torace?), o davvero l’hanno pensata proprio così, per cui shame on you, shame on your cow.
Sia come sia, Tony Stark è e resterà sempre Iron Man e figuriamoci se alla prima occasione non tornerà sui suoi passi, per cui mi aspetto di trovarlo in The Avengers II. Il collegamento c’è: nella scena dopo i titoli di coda.