Con lo sguardo rivolto al cielo a fissare quei grattacieli che sfidano l’infinito, ho macinato chilometri e chilometri - i migliori in solitaria - con la curiosità d’un bambino, vizioso come non mai, voglioso di scoprire ogni giorno un posto nuovo, angoli caratteristici, poco turistici.
E’ stato un amore in crescendo, libero e passionale, Avenue dopo Avenue. Sapete, ho conosciuto e fatto l’amore con New York e lasciate che me ne vanti come mai ho fatto prima.
#NewYorkExperience (Chapter 1)
Sono partito da Harlem, storico quartiere afro-americano, là dove dalle numerose chiese riecheggia puro Gospel da brivido. Di quello che ti fa venire voglia di entrarci davvero a “ringraziare il Signore”.Così tra sacro e profano, con la stessa nochalance con il quale ho mangiato hot dog da due dollari davanti alle boutique di lusso della 5th Avenue, una visita alla storica sede del Cotton Club mi pareva d’obbligo. Famoso night club di New York, fu punto di ritrovo per gli amanti del jazz prima e dopo l’era del proibizionismo. Quando ai neri non era consentito l’accesso nei locali, eppure erano gli unici ad esibirsi allietando folle di “bianche bestie”.
Palcoscenico che ha dato i natali a stelle della musica come Lena Horne: la prima diva di origini afro-americane a raggiungere una fama di livello internazionale, firmare un contratto con una major cinematografica a Hollywood e vincere numerosi Grammy Award.
Un risultato stupefacente se si pensa che al Cotton Club, iniziò ad esibirsi come corista alla giovane età di sedici anni.
A raccontarmi la storia e le curiosità, le leggende che girano attorno a questo night club ed i suoi personaggi, quegli intrecci amorosi e quelle liti tra gangster è stata Jennifer.
Ventiduenne, cultrice di storia afro-americana, in visita di piacere dall’Irlanda nella Grande Mela, alla scoperta dei luoghi che hanno fatto la storia del Jazz. L’ho incontrata per caso proprio all'incrocio tra la 142ª strada e Lenox Avenue,
persa nel suo mondo, visibilmente affascinata e concentrata a scattare foto quanto a contemplare il metropolitano paesaggio. Pochi sguardi e qualche sorriso accennato più tardi, che eravamo già lì a raccontarci di noi e delle nostre passioni in comune con notevole trasporto e senza il minimo imbarazzo. Posso confermare il luogo comune che gli irlandesi sono “i napoletani del nord”?
Poche ore più tardi, sole cocente e “mal di fuso” in piena, mi ritrovo sulla 5th Avenue, a spasso nella spudoratamente ricca e sofisticata Manhattan. Quella degli attici con vista su Central Park che Carrie, Samantha, Miranda e Charlotte ci hanno mostrato più volte in Sex and the city. Covo glam di miliardari (vacanzieri e non) amanti dello shopping di lusso.
Là tra Tiffany e Bergdoff Goodman.
Là con un hot dog in una mano, acquistato da un simpatico ambulante indiano, ed un tè freddo alla Pesca di Starbucks (dissetante ossessione del mio soggiorno nella grande mela), dopo essermi imbrattato di ketchup la bianca e già stropicciata camicia di lino ho deciso di entrare da Bergdof Goodman. Un giro di perlustrazione in tempo di saldi mi pareva doveroso. Sadico quanto basta ho lasciato che i commessi del reparto maschile mi squadrassero da capo a piedi con aria del tutto riluttante alla vista della mia poco consona mise. Di fronte a me una distinta signora acquistava una Hasselblad (costo 2.000$) a suo figlio, giovane biondino - avrà avuto su per giù 16 anni considerato l’accenno di ance sul quel pallido visetto - tutto di Ralph Lauren vestito.
Abbandono la scena con disinvoltura e a testa alta.
Un commesso sa sempre quando in negozio entra un cliente pronto ad acquistare e quando no. Sarà anche per questo motivo che non m’hanno degnato di particolari attenzioni.
Giusto il tempo d’uno sbalzo repentino di temperatura tra l’aria condizionata e l’esterno che prendo un taxi in tutta fretta, direzione...
To be continued