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Italia 1.5

Creato il 31 maggio 2011 da Alesan
Italia 1.5Ci sono tanti aspetti che si possono valutare il giorno dopo le elezioni amministrative 2011, per molti il Giorno 1, il primo del nuovo anno zero, che chiude un'epoca ma non un modus vivendi, non un'idea generale di politiche, apparati, speculazioni edilizie e mafie. Al netto dell'anticomunismo, del tifo da stadio e delle innumerevoli logiche che stanno dietro ad un voto amministrativo è però necessario tirare il freno a mano, fare un bel respiro, e dirsi che ha votato un ottavo della popolazione, elettore più elettore meno. Questo non cambia l'Italia, che rimane un paese intimamente di destra nel suo modo di essere e di fare, tanto di destra da riuscire ad essere il meno laico e progressista rispetto ai molti cugini del nord e molto legato al provincialismo medioevale che non ha memoria nelle teste di ognuno di noi ma diventa motivo di orgoglio e di vanto nella divisione in contrade di oggi singola provincia italiana. Alcuni segnali, però, ci sono, e sono chiarissimi. E, soprattutto, fanno ben sperare. Il centrosinistra e i vari surrogati antiberlusconiani hanno trionfato in posti impensabili. Non vinto: trionfato. Hanno conquistato Milano e Cagliari, preso Trieste e dominato a Napoli, rovesciato cuore e primo turno a Novara, insidiato da vicinissimo Vercelli, spedito al ballottaggio Varese, preso ogni piccolo comune nei dintorni della Lombardia e di Roma, conquistato Mantova provincia dopo aver perso la città un anno fa.
Il Governo non è stabile, checché se ne dica, rimane in piedi appoggiato ad una stampella di responsabili che in realtà hanno avuto il loro bel tornaconto per non far scivolare il paziente in coma profondo affinché si potesse, giustamente, staccare la spina dell'immobilismo politico-finanziario che ci tiene fermi da due anni e mezzo. Il referendum del 12 e del 13 giugno potrebbe dare un altro colpo alla credibilità di chi, dalla stanza dei bottoni, si schiera per il no ai quesiti referendari ed ha cercato di scippare con un colpo di mano lo spirito democratico di chi voleva sottrarsi alla follia del nucleare dopo essere stato anche scavalcato su un vecchio referendum ancora validissimo. Non è vero che non vi è alternativa, né che non ci sia ordine all'opposizione. Il gioco delle alleanze può distrarre, ma il PD ha già capito come ottenere più consensi con un minimo sforzo: le primarie. La scelta dei candidati ha sì bocciato le idee dei capetti del partito di Bersani, lanciando gli outsiders di Sel, ma alle elezioni il voto ha pagato sia i candidati sindaci che le liste del PD. Anche perché diventa molto più utile candidare chi ti chiede la gente che ti viene ordinato dall'alto. Oggi le primarie vengono richieste a gran voce anche da molti esponenti del centrodestra che fingono ancora di trovarsi, dentro al PDL, in un partito vero e non in un'azienda dove decide tutto il CDA... solo che il PDL è una SpA a socio unico di stramaggioranza.
L'analisi potrebbe essere più profonda e sensata ma c'è chi li ho già fatto e certamente meglio di me. Dico solo che la fine di Berlusconi sarà un bene per tutti, anche per la destra. Fidatevi. Meno interessi privati, meno conflittualità populista, meno balle, meno sogni in vendita per finta, meno sentimenti da ventennio d'annunziano. Il segnale è chiaro, sia ben inteso. Anche se l'italiano è un tipo strano, anche se tra due anni, o forse prima, la destra potrebbe vincere le elezioni politiche sa che non potrà farlo con Berlusconi. L'effetto propulsivo del nuovo che scende in campo è terminato, durando sedici anni e sei mesi in più di quello che sarebbe stato necessario a scoprire il bluff in un paese normale. La verità è scritta in tutte quelle schede che nello scorso week end lo hanno bocciato. Oggi, chiedere a Tremonti di aprire i cordoni della borsa, è come promettere di non comprare Hamsik al Napoli (tu, servetto napoletano che necessiti del mio buon cuore di padrone operaio che non vuole romperti il giocattolino!), di spostare ministeri a Milano, di ripulire la monnezza e ricostruire le case. Ricorda un po' il giochetto delle compagnie telefoniche che, al momento di disdettare un contratto, te lo vogliono rioffrire gratis. Sono false promesse che poi non possono essere mantenute e a lungo andare non fanno più presa perché i risultati concreti latitano. E intanto, anche se i voli Ryan Air sono pieni, la crisi incide sempre di più, povertà e precarietà aumentano.
Ma se a Milano (città piena di rom e col maggior consumo di cocaina in Italia già nell'era precomunista) a perdere può essere il malgoverno della Moratti e delle sue gru sorridenti e del cemento frizzante che ha tolto polmoni e spazi ai milanesi, quel 50% in meno di persone che hanno sbarrato il nome Berlusconi sulla scheda non sono un segnale per Letizia. Così come non lo è la vittoria di De Magistris o quella di Zedda. Quelle sono preferenze che attaccano un sistema molto più chiuso, corporativo, a tratti fanatico, ormai sputtanato nei suoi privilegi e nelle sue stanze che resta in piedi da troppo tempo e che non riuscirà a dare risposte oggi che, più di dieci anni fa, ne servirebbero tantissime quando invece, il capo, è impegnato a far fuori i pochi gruppi istituzionalizzati che gli fanno opposizione basandosi su qualcosa di concreto. Non cadrà presto un certo modo di essere e di fare, ma sta prendendo piede l'idea del votare la speranza fatta di facce coraggiose, spesso giovani, con programmi concreti, magari difficili da realizzare, ma pur sempre alla portata di tutti. Vince alla fine chi, in questi ultmi tre anni, ha cercato di parlare di quello che serviva alle persone senza nascondersi dietro ai sorrisoni da Babbo Natale che dal 2001 a oggi hanno sprofnondato il paese nel nulla ridoclizzandolo ad ogni occasione. Le barzellette non fanno più ridere, le magistrature non fanno paura, i comunisti sono spariti, le leggi razziali sono fallite e resta solo il tentativo di gestire l'immigrazione, regolarizzarla cominciando con il regolarizzare noi stessi.
La Lega questo lo sa, tirata giù nel baratro dal proprio alleato più fedele dopo un anno di tira e molla fittizi durante i quali Bossi minacciava la crisi e mezz'ora dopo la faceva rientrare. Perde quella Lega che esalta l'idea di stare dentro il popolo, vicino alla sua gente e poi sposa la follia dei ministeri a Milano, dei fulcri di potere accentratori di Roma nella capitale del nord. Fallisce Maroni, con il suo spauracchio sull'invasione africana che poi coglie impreparato lui per primo. Falliscono i fora di ball e le battutacce da cinepanettone perché finché il paese sta a galla si può discutere di tutto, ma mentre si affonda serve un salvagente. La Lega ormai troppo legata a Roma non sente le esigenze della propria gente, del proprio elettorato, non porta a casa risultati palpabili ma solo idee di qualcosa di confuso e rimane sempre troppo fedele a quel Berlusconi figlio della partitocrazia di fine Prima repubblica, figlio degli anni '80 e di Tangentopoli dal passato e dalla fedina penale troppo poco chiare per piacere così a lungo al popolo del nord. Tutti incassano sconfitte, persino il M5S, a ben pensarci, che non riesce ad essere determinante in nessun posto; nemmeno il 10% (ma mille preferenze in meno di un anno fa) a Bologna impedisce a Merola di vincere al primo turno dopo il disastro e lo scandalo Delbono. Perché anche il progetto nato da Beppe Grillo prima o poi comincerà a fare acqua, perché c'è un programma che non dà risposte, povero e semplicistico, che mescola insieme frutta e verdura con la speranza che i sapori si annullino e una faccia giovane e sconosciuta sia sufficiente per governare.
Ci dovremo riappropriare, prima o poi, della politica, della società, del mondo del lavoro, dei diritti civili, prendendo posizione serie e decise sui casi Marchionne, "fine vita", guerre di qua e di là, banche, lavoro, aziende e operai, e non tentennare nel ridicolo sperando che uno scudetto o un colpo di mercato servano ancora dominare. L'effetto sta sparendo, la gente vuole risposte e, soprattutto, vuole dare chance a chi non ha mai avuto possibilità di lavorare a chi, dietro, oltre a un simbolo e a un programma, ha soltanto sé stesso e i propri collaboratori. Fa impressione, in tutto questo, il partito di Nichi Vendola, quel Sel che in due anni è arrivato ad attestarsi tra il 6 e l'8% a livello nazionale. Una sinistra decisa ma non estrema, libertaria e convinta, capace con un apparato nazionale di 5 persone di gestire 40mila iscritti, lavorare nei territori senza un solo parlamentare, senza un euro di rimborso elettorale dopo le ultime politiche (ancora non c'era), sfruttando la faccia di un leader intraprendente ma costruendo piattaforme moderne, logiche, realizzabili che non lasciano spazio a dubbi. Le cannonate di Feltri e Sallusti non hanno sortito effetto alcuno, lo spauracchio di comunisti e dittatori della magistratura è finito. Le fobie di qualcosa che già riempie le nostre metropoli e che nel resto d'Europa, dell'Europa che "conta", non creano poi così tanto disturbo tutto sommato, non hanno avuto effetto. Ora non ci resta che diventare tedeschi poi saremo finalmente europei, moderni, affidabili. Nel frattempo cerchiamo di cambiare le nostre teste e la nostra patria. Buongiorno Italia.

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