di Davide D’Urso
Articolo per LiquidLab – L’Italia e il mondo Nuovo (Firenze, 10 maggio 2012 h 10- Polo delle Scienze Sociali Novoli)
Lo scorso 16 aprile, il Presidente del Consiglio Mario Monti ha ricevuto a Villa Pamphili, in Roma, l’Emiro del Qatar Hamad Bin Khalifa Al Thani. Oltre che per firmare una serie di accordi mirati a estendere la cooperazione economica bilaterale, l’incontro è stato l’occasione, citando il Premier italiano, «per consolidare il rapporto strategico» tra i due Paesi. Tale rapporto è andato approfondendosi negli ultimi anni, di pari passo con l’aumentare del peso finanziario, commerciale e politico del Qatar nella comunità internazionale.
La strategicità dell’area del Golfo per l’Italia, e in generale per l’Europa, non è nuova: è senz’altro più interessante il fatto che attraverso investimenti infrastrutturali, accordi intergovernativi bilaterali e una diplomazia economica volta a diversificare le fonti di approvvigionamento di energia e di capitali, il Qatar sia diventato un partner di primo piano nei progetti di ricollocazione geo-economica del nostro Paese. Come messo in luce dal Presidente Monti, l’intesa con il Qatar è volta a fare dell’Italia un «hub energetico tra Unione Europea, Africa centrorientale e Asia». Da parte sua, l’Emiro ha elogiato il governo italiano «che in così breve tempo è riuscito a riportare l’Italia al livello che merita a livello internazionale, specialmente sul versante economico» e ha confermato l’intenzione del proprio Paese di investire in Italia.
A testimonianza della crescente intensità e dell’eterogeneità degli attori coinvolti nelle relazioni italo-qatarine, il vertice di Villa Pamphili ha seguito a stretto giro l’incontro tra le due comunità di affari, svoltosi a Doha tra il 19 e il 22 marzo scorsi. Organizzato da Confindustria, Ance, Sismet e dal Ministero dello Sviluppo Economico, l’incontro ha visto la partecipazione di oltre centoventi rappresentanti di imprese, associazioni, banche ed istituzioni e ha avuto come oggetto principale la partecipazione del sistema industriale italiano ai piani di sviluppo infrastrutturale varati in Qatar.
Come avremo modo di vedere, il Qatar è oggi una realtà molto influente, strategica nell’area del Golfo e dell’intero “Grande Medio Oriente”. L’Italia e l’Europa, che hanno nella diversificazione delle proprie fonti di approvvigionamento energetico e finanziario un obiettivo strategico di primaria importanza, non possono che vedere nella ricchezza di gas naturale dell’emirato, nella sua grande dotazione infrastrutturale e nei capitali a disposizione dei suoi fondi di investimento un’opportunità che i recenti sviluppi geopolitici nella regione, visto l’attivismo e la conferma del posizionamento internazionale della petrolmonarchia qatarina, non hanno fatto che mettere ulteriormente sotto il riflettore.
Un quadro dell’economia qatarina
Il Qatar è stato nel 2011 il primo Paese al mondo per crescita reale (+18,7% del prodotto interno lordo) e il secondo per PIL pro capite, superato in questa classifica solo dal Lussemburgo. Con una popolazione di appena 1.850.000 abitanti e un’estensione di 11.437 km2, ma forte di un’enorme dotazione di risorse naturali, il piccolo Stato del Qatar rappresenta un attore economico e politico di primo piano.
Sebbene la costante di ogni strategia di politica economica degli ultimi anni sia stata la diversificazione, l’economia qatarina è ancora fondata in larga misura sulle esportazioni di gas naturale e petrolio, che contribuiscono ad oltre il 50% del prodotto interno lordo. Se il milione di barili di greggio prodotto annualmente colloca il Paese solo al 20° posto nella lista dei produttori di petrolio – che è stata storicamente la prima ricchezza del Paese – il gas naturale rappresenta un asset oggi decisamente più rilevante: il Qatar può contare su riserve di oltre 26 trilioni di metri cubi, le terze al mondo dopo quelle di Russia e Iran, ed è il primo esportatore mondiale di gas naturale liquefatto (GNL), il che lo rende un partner commerciale particolarmente ambito da parte di Paesi, anche geograficamente lontani, che vogliono diversificare le proprie fonti energetiche.
I circa 104 miliardi di dollari (USD) di esportazioni qatarine, costituite all’85% da GNL e prodotti petroliferi, sono dirette principalmente verso i mercati asiatici: il loro primo acquirente è di gran lunga il Giappone (30%), seguito da Corea del Sud (13%), India (8%) e Singapore (7%). Per quanto riguarda l’Unione Europea, complessivamente il quinto mercato per l’export qatarino, la quantità di gas importato dal Qatar ha raggiunto nel 2010 i 28 milioni di tonnellate. Nonostante un reddito pro capite molto elevato e tassi di crescita del PIL ben oltre il 15%, il mercato interno resta poco esteso e le importazioni hanno ammontato nell’anno in corso ad appena 20 miliardi di USD, garantendo al Paese un surplus commerciale di oltre 76 miliardi, il settimo al mondo in termini assoluti. Il perdurare di surplus di questo ordine di grandezza ha messo a disposizione del governo ingenti risorse finanziarie, che dagli anni Duemila sono state investite massicciamente all’estero attraverso investimenti soprattutto finanziari e immobiliari.
Dalle esportazioni di idrocarburi, gestite dalla compagnia statale Qatar Petroleum, deriva la quota maggiore delle entrate dello Stato. La perdurante dipendenza della esportazioni di gas naturale e petrolio, pure a fronte di una crescita costante dei settori della manifattura, del turismo e delle costruzioni in particolare nell’area di Doha, rende la prepotente crescita del Qatar relativamente precaria. Pesano sull’emirato non solo le difficili condizioni dell’economia globale, ma anche e soprattutto l’instabilità politica nella regione. A preoccupare è soprattutto la delicata questione dell’Iran. Doha condivide con Teheran l’immenso giacimento di gas naturale “North Field – South Pars”, sito nel Golfo Persico. In caso di attacco militare allo Stato iraniano, il Qatar si vedrebbe proiettato in prima linea per ragioni di contiguità geografica e di collocazione politica, tradizionalmente legata all’Occidente. Le conseguenze di una simile eventualità sarebbero particolarmente drammatiche per l’economia qatarina: non solo la già ripromessa reazione dell’Iran colpirebbe gli interessi americani nella piccola penisola – dove esistono due basi militari statunitensi e soprattutto hanno avuto luogo massicci investimenti del colosso ExxonMobil, nel settore energetico e infrastrutturale – ma le conseguenze sulle esportazioni di GNL, trasportato via nave, derivanti dalla sicura chiusura dello Stretto di Hormuz avrebbero l’effetto di un embargo.
Il timore rispetto a queste tensioni geopolitiche e ai rischi legati ad azioni ed escalation terroristiche e fondamentaliste nell’area, contribuiscono a spiegare il grande attivismo del governo di Doha nell’ambito della “primavera araba” e il ruolo particolarmente attivo giocato nell’intervento in Libia.
Lo Stato continua a giocare un ruolo quale attivo attore economico. Il peso delle imprese pubbliche non si limita, infatti, alle esportazioni energetiche: rappresentano una fetta fondamentale dell’economia qatarina e degli introiti fiscali dello Stato le industrie statali raccolte nella holding “Industries Qatar”, così come colossi di Stato quali la QWEC (Qatar Water and Electricity Corporation), che gestisce la rete elettrica e idrica, la QTEL (Qatar Telecom), azienda che gestisce le telecomunicazioni, la QNCC (Qatar National Cement Company), colosso dell’edilizia, e la Qatar National Bank, banca pubblica che mantiene una posizione dominante nel settore bancario[1].
Il governo qatarino ha varato un poderoso piano di investimenti infrastrutturali, volto ad accrescere la capacità del sistema produttivo ed estrattivo del Qatar e ad aumentare la propria quota di mercato internazionale, nonché ad attirare gli investimenti stranieri nei settori della manifattura e dei servizi, con l’intento di raggiungere un maggiore grado di diversificazione economica. Merita di essere ricordato in particolare quello per il nuovo aeroporto internazionale di Doha, un progetto da oltre 8 miliardi di USD che sarà realizzato entro il 2015 e farà della capitale del Qatar uno snodo per i trasporti di merci e passeggeri tra Asia ed Europa, dando alla già dinamica compagnia di bandiera, la Qatar Airways, un ruolo ancora più significativo nel panorama internazionale dei trasporti aerei.
Le relazioni bilaterali con l’Italia
Oltre che nel settore economico, il governo qatarino ha intrapreso negli ultimi anni un percorso di diversificazione anche per quanto riguarda le relazioni internazionali. Storico alleato degli Stati Uniti – che possiedono sulla piccola penisola due importanti basi militari, quella aerea di Al Udeid e quella dell’esercito ad As-Sayliyah – il Qatar è andato assumendo un maggiore protagonismo nello scenario mediorientale. La primavera araba ha visto confermarsi e crescere il ruolo di tradizionale mediatore all’interno del mondo arabo e tra questo e le potenze occidentali. Doha ospita tra l’altro l’emittente televisiva Al-Jazeera, che dell’onda di sommosse e rivoluzioni nel mondo arabo è stato uno dei vettori più importanti.
In questo quadro, l’Italia rappresenta per il Qatar un “Paese amico”, particolarmente apprezzato soprattutto per le posizioni assunte dai governi italiani in merito al processo di pace in Medio Oriente, nonché per il ruolo svolto dal nostro Paese nello sponsorizzare il concetto di ownership degli Stati arabi nelle politiche di riforma e democratizzazione attuate in questa regione.
Il quadro all’interno del quale si svolgono le relazioni politiche ed economiche tra i due Paesi è tracciato da una serie di accordi bilaterali, che spaziano dal settore economico a quello legale e politico. Il primo di questi accordi, risalente al 1996, riguarda la cooperazione economica e tecnologica e ha dato origine alla Commissione mista Italia-Qatar, che si riunisce periodicamente e ancora oggi e rappresenta il principale corpo istituzionale di questa relazione bilaterale.
Di natura finanziaria e tributaria sono due accordi sottoscritti negli ultimi anni. Il primo è l’Accordo sulla reciproca promozione e protezione degli investimenti. Entrato in vigore nel 2004, si è rivelato particolarmente significativo in ragione del crescere delle interrelazioni commerciali e finanziarie tra i due Paesi, dando protezione legale al crescente flusso bidirezionale di investimenti. Nel febbraio del 2011 è entrata in vigore la Convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire l’evasione fiscale.
Gli incontri a livello politico, diplomatico ed economico sono frequenti e sono andati aumentando d’intensità negli ultimi anni in ragione del crescere delle dimensioni dei rapporti commerciali ed economici tra i Paesi e della partecipazione di entrambi i governi all’intervento di coalizione in Libia. Dalla visita di Stato dell’Emiro in Italia, avvenuta nel luglio 2005 e ricambiata nel 2007 dal presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, i vertici tra i ministri e i capi di Stato e di governo di Italia e Qatar sono stati frequenti, diventando dal 2009 – l’anno di svolta delle relazioni commerciali ed economiche tra i due Paesi – una consuetudine quasi semestrale. Solo in quell’anno, l’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si è incontrato con i vertici politici dello Stato del Qatar per ben tre volte, una delle quali per inaugurare l’importantissimo terminal di rigassificazione di Rovigo, di cui si dirà successivamente.
Se i temi degli incontri del 2009 erano relativi soprattutto all’interscambio economico, finanziario e commerciale, il 2010 ha visto al centro delle discussioni le questioni legate alla sicurezza e alla difesa, in vista della firma sull’Accordo sulla cooperazione nel settore della difesa.
Il 2011 ha portato in vetta all’agenda la questione della primavera araba e, soprattutto, dell’intervento internazionale in Libia, del quale il Qatar è stato un partecipante attivo anche nelle operazioni militari, nonché per il sostegno logistico e politico all’intera operazione. Da aprile 2011, con cadenza mensile, i vertici politici (Ministri degli Esteri) e militari (Capi di Stato Maggiore) di Italia e Qatar si sono incontrati a livello bilaterale e multilaterale – in particolare nell’ambito del “Gruppo di contatto” e di quello “Amici della Libia” – per discutere i termini dell’intervento militare, nonché le strategie politiche e finanziarie relative alla ricostruzione di quel Paese.
La nuova centralità del fattore politico e militare non ha cancellato quelli che sono gli aspetti multidimensionali ormai consolidati del rapporto italo-qatarino. A riprova di questo, lo scorso ottobre è stato istituzionalizzato il terzo pilastro della relazione, quello culturale, con l’entrata in vigore dell’Accordo sulla collaborazione culturale. Quello che resta il cuore dei rapporti tra Italia e Qatar – l’interscambio commerciale – non ha risentito della crisi economica globale né dell’instabilità regionale. Al contrario, le esportazioni qatarine verso il nostro Paese sono passate dai circa 44.000 euro del 2008 agli oltre 2 milioni del 2011, con un balzo di oltre il 600% solo nel 2009. Questa crescita esponenziale delle esportazioni provenienti dal Qatar è dovuta a un evento ben concreto: l’inaugurazione dell’impianto di rigassificazione di Rovigo, che ha permesso all’Italia di rifornirsi di GNL qatarino.
Il GNL: da Doha all’Europa passando per Rovigo
«Le relazioni economiche tra Italia e Qatar si sono intensificate negli ultimi anni, in particolare con l’apertura nel 2009 del rigassificatore di Rovigo, passo avanti importante nella strategia italiana di diversificazione delle fonti energetiche volta a rendere l’Italia un hub energetico tra l’Europa, l’Africa, il Medio Oriente e l’Asia». L’importanza del rigassificatore di Rovigo per gli approvvigionamenti energetici italiani è ben riassunta da questo estratto della conferenza stampa di Mario Monti, pronunciato in occasione del vertice con l’Emiro Al Thani del 16 aprile scorso.
Il rigassificatore Adriatic LNG è stato inaugurato nel 2009 al largo di Porto Levante, nell’alto Mare Adriatico, a circa 15 chilometri da Rovigo. Si tratta del primo terminale offshore al mondo in cemento armato per la ricezione, lo stoccaggio e la rigassificazione di GNL. Il complesso del rigassificatore è costituito da una grande struttura in cemento armato che ospita due serbatoi di stoccaggio del GNL, un impianto di rigassificazione e le strutture per l’ormeggio delle navi e per lo scarico del GNL. Questa struttura unica al mondo è stata concepita con l’intento di provvedere al 10% del consumo annuo di gas in Italia, circa 8 miliardi di metri cubi. La joint-venture italo-qatarina che si è occupata di progettare, realizzare e oggi di gestire il rigassificatore, è la Terminale GNL Adriatico Srl, i cui azionisti sono ExxonMobil con una quota del 70,7%, Qatar Terminal Company Limited, affiliata di Qatar Petroleum, con il 22% ed Edison con il 7,3% [2].
Entrato a pieno regime lo scorso febbraio, il rigassificatore di Rovigo rappresenta un elemento centrale nella strategia italiana di riduzione della dipendenza da approvvigionamenti di idrocarburi da rete fissa. Dal punto di vista dell’interscambio commerciale tra Italia e Qatar, il terminale Adriatic LNG ha ribaltato quella che era la situazione esistente: come già ricordato, le esportazioni qatarine sono aumentate esponenzialmente esclusivamente in ragione dei flussi costanti e crescenti di gas che dai porti del Qatar arrivano tramite Rovigo nella rete di distribuzione nazionale. Questo aumento delle importazioni dal Qatar ha incrociato la riduzione delle nostre esportazioni nella piccola penisola araba. Tale trend ha visto scendere il quantitativo delle esportazioni italiane da un massimo di circa 1.600.000 euro (2007), agli attuali 765.000. I settori che hanno visto la più grave riduzione sono quelli dei macchinari industriali e delle componenti quali tubi, condotti e cavi. I motivi sono vari e legati soprattutto alla concorrenza asiatica, che ha garantito alle imprese stabilite in Qatar forniture di macchinari di qualità ad un costo più contenuto rispetto ai prodotti made in Italy. L’aumento delle importazioni dal Qatar, quasi esclusivamente GNL, e la caduta delle esportazioni italiane in quel Paese, ha portato così il saldo commerciale in rosso per l’Italia, con un passivo che nel 2011 ha raggiunto 1.300.000 euro.
Il fondo sovrano del Qatar sbarca in Italia, in Costa Smeralda
Il Qatar gode di un surplus commerciale estremamente significativo (circa 76 miliardi di dollari l’anno, il settimo al mondo), il che garantisce all’emirato un accumulo di riserve internazionali e di capitali tra i più importanti sulla scena internazionale. Nel 2003 il governo qatarino ha fondato la Qatar Investment Authority (QIA), un fondo sovrano nato con l’intento di investire all’estero i proventi delle esportazioni di GNL e petrolio, creando un portafoglio differenziato capace di garantire, e possibilmente aumentare, le riserve e i capitali accumulati dallo Stato, riducendo così la dipendenza del Paese dalle esportazioni di idrocarburi [3].
Forte di un patrimonio di oltre 100 miliardi di USD, la QIA ha investito massicciamente sui mercati europei e asiatici, acquisendo partecipazioni significative in istituzioni finanziarie quali Barclays Bank (di cui detiene circa il 6% delle azioni), Credit Suisse (3%), la società che gestisce la banca di Londra, la London Stock Exchange (15%), e acquisendo la totalità di BLC Bank-France, nonché in attività commerciali come Harrods Ltd e la prima catena di distribuzione del Regno Unito, la Sainsbury J Plc (27%) e nell’industria europea – possiede, ad esempio, il 17% di Wolkswagen-Porsche. Nel 2012, secondo fonti interne alla stessa QIA, il fondo sovrano avrà a disposizione 30 miliardi di USD da investire nel mondo [4].
I capitali a disposizione della QIA rappresentano, dopo il GNL, l’altra risorsa fondamentale che promette di cementare nel futuro le relazioni tra l’Italia e il Qatar. Uno degli argomenti affrontati al vertice del 16 aprile scorso è stata proprio la possibilità dello Stato arabo di investire nel nostro Paese. Dopo aver affermato che, in passato, a scoraggiare gli investimenti qatarini in Italia sarebbe stata la corruzione, lo Sceicco Al Thani ha confermato l’intenzione di investire capitali nel nostro Paese, in particolare nel settore del turismo. Tra gli accordi firmati a Villa Pamphili, infatti, spicca quello per l’acquisto da parte della QIA della società lussemburghese Smeralda Holding, la compagnia che possiede la maggior parte degli alberghi più lussuosi disseminati lungo la costa sarda. L’accordo, che secondo le stime dovrebbe valere circa 600 milioni di euro, è stato siglato come inizio di un rapporto di partnership di lungo corso, che dovrebbe portare l’emirato del Qatar a investire più massicciamente in Italia e in particolare in Sardegna. All’incontro romano avvenuto in serata al Quirinale, ha infatti partecipato anche il Presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci, che è stato invitato a Doha per discutere ulteriori accordi in materia di cooperazione finanziaria e investimenti nel settore del turismo.
Sul tavolo della discussione ci sono infatti l’acquisto della compagnia aerea Meridiana e un progetto realizzato in cooperazione con il comune di Roma, per la realizzazione di un parco tematico su Roma antica da realizzare nella campagna laziale. L’opera, che vorrebbe comprendere qualcosa come cinque hotel, una ricostruzione del Colosseo, campi per la rievocazione di battaglie storiche e bagni termali, comporterebbe un investimento di circa 600 milioni di euro la creazione di oltre 9.000 posti di lavoro e prometterebbe di attirare otto milioni di visitatori l’anno. L’emirato che ha realizzato La Perla, l’arcipelago di isole artificiali davanti a Doha, sembrerebbe il “partner strategico” perfetto per realizzare un simile progetto di investimento.
Conclusioni
Le relazioni tra Italia e Qatar si stanno sviluppando e consolidando lungo tre principali direttrici: i flussi di GNL, che dall’emirato arrivano al rigassificatore di Rovigo e da lì alla rete nazionale, contribuendo ormai al 10% del fabbisogno annuo di gas del nostro Paese; in secondo luogo, i flussi di investimenti che promettono di finanziare quei settori, come il turismo, che il credit crunch europeo non permette di rilanciare con i dovuti investimenti; in terzo luogo la cooperazione politica, che sulle prime due direttrici si fonda e che ne è l’inevitabile contraltare. Poco importa alla strategia italiana di diversificazione delle fonti energetiche e di attrazione degli investimenti, che il Qatar rimanga una monarchia assoluta assai poco incline alla tutela dei diritti politici e civili del suo popolo e che la nuova costituzione del 2005, varata ma ancora non attuata nelle sue parti fondamentali, sia al momento poco più che lettera morta.
La collocazione politica dello Stato del Qatar, alleato dell’Occidente e mediatore tra e con il mondo arabo, le sue ricchezze naturali e finanziarie e il concreto interesse dimostrato dal suo governo per investire nel nostro Paese e diversificare i propri mercati di esportazione mediante massicci investimenti infrastrutturali, sono occasioni che al momento l’Italia – e l’Europa – non possono permettersi di mancare.
* Davide D’Urso é Dottore in Scienze Politiche (Università di Torino)
[1] ICE e Ministero Affari Esteri, Rapporto Congiunto sul Qatar, I semestre 2010
[2] Terminale Adriatico Srl, Sito ufficiale: http://www.adriaticlng.it
[3] SWF Institute, Qatar Investment Authority, http://www.swfinstitute.org/swfs/qatar-investment-authority/