Italiani d’America – volume 1

Creato il 24 gennaio 2012 da Basketcaffe @basketcaffe

Un mese di NBA, un mese di basket a stelle e strisce. Dopo un lunghissimo stop, il campionato più bello del mondo è tornato a farci compagnia; notti insonni attaccati al televisore o allo schermo di un pc non son certo sacrifici per chi, come noi, non vuol perdersi neanche un minuto della sua squadra preferita, o del suo beniamino tricolore che segue da quando muoveva i primi passi sui parquet italiani.

Primi trenta giorni, o quasi, per i nostri tre cestisti, che hanno già lasciato intendere il futuro delle franchigie in cui – i tre ragazzi – son diversamente protagonisti.

Partiamo da Andrea Bargnani, alla sua 6° stagione negli States. Doveva essere l’anno della svolta per il lungo romano e, almeno sino a quando il polpaccio non ha fatto crac, il Mago non ha disatteso quanto ci si aspettava. Leader indiscusso dei suoi Raptors, Bargnani è decisamente diventato quell’uomo-franchigia che tutti in Canada volevano. Impressionanti le sue statistiche offensive: 22.3 punti a partita con il 48.9% e quasi 2 assist. In difesa, Andrea è tutt’altro giocatore rispetto alla passata stagione; l’asticella dell’intensità si è alzata come non si era mai visto finora e, le statistiche a rimbalzo, dicono 6.6 a partita. Il merito, di sicuro, è da suddividere con coach Casey, vero e proprio maestro nel cambiare la mentalità non solo dell’italiano, ma di tutta la squadra.
Toronto, che viaggia nelle ultimissime posizioni ad Est, sta pagando a caro prezzo l’assenza dell’ala italiana alle prese con un problema muscolare al polpaccio. La squadra, pur non incassando molto in difesa, non riesce a superare quota 75 punti dall’altra metà del campo, e lo 0W-8L da quando non c’è il Mago dice tutto. Andrea, torna presto!

Spostiamoci ad Ovest, direzione Marco Belinelli. Non una partenza esaltante quella della guardia bolognese, caratterizzata da molti bassi e pochi alti. Jarett Jack non assomiglia per nulla a quel Chris Paul che tanto aveva esaltato le doti al tiro del Beli e la sua assenza sta condizionando le prestazioni dell’azzurro che cerca spesso di concludere con soluzioni personali, schiantandosi contro i lunghi avversari. 9.8 punti a partita, con 3.3 rimbalzi e 1.1 assist, non sono un pessimo bottino, in linea peraltro con i numeri dello scorso anno. A cambiare, però, son le percentuali: 39% nelle prime 17 gare, contro il 43.7% nelle 80 dello scorso anno. L’assenza per infortunio di Eric Gordon sta lasciando più spazio al Beli che, però, sembra non riuscire a trovare sempre il ritmo giusto (anche se sono arrivate della partite da 19, 20 e 15 punti). Gli addii di West e Paul non lasciavano intravedere un futuro roseo per la franchigia di New Orleans, ma l’ultimo posto ad Ovest, con sole 3 vittorie, sembra esser davvero troppo per gli uomini di Monty Williams.

Chiudiamo il nostro viaggio a Denver, sponda Danilo Gallinari: è partito alla grande in questa sua 4° stagione NBA dimostrando, a chi ancora avesse dei dubbi, che ha tutto per essere un  All-Star su entrambe i lati del campo! Le sue statistiche parlano chiaro: 17.4 punti (con il massimo in carriera l’altra notte contro i Knicks), a cui si aggiungono 5.2 rimbalzi e 2.8 assist per gara. In difesa poi, il classe ’88 ha inanellato prestazioni di immenso valore e carattere, fronteggiando gente come Bryant, James e Anthony uscendone a testa alta! Unico neo di quest’inizio d’anno, il tiro da 3, quel tiro che gli aveva permesso di scalare le posizione del draft, per lunghi tratti è sembrato non essere più una certezza. Il culmine, nel match del 31/11 a Los Angeles contro i Lakers, l’azzurro ha sbagliato un comodo wide open piedi per terra (tiro del sorpasso tra l’altro). L’episodio però è sembrato tutt’altro che isolato e infatti Gallinari ha notevolmente abbassato le sue percentuali al tiro, passando dal 37% della passata stagione al 31.1 dell’attuale.
Dopo il lungo passaggio a vuoto, ora la fiducia sembra esser tornata quella di sempre, merito anche del team che sa sempre come metterlo in ritmo e del coach, George Karl, capace di creare un squadra duttile, composta da ottimi giocatori e nessuna superstar. Per ora il tabellino dice 12 vinte e 5 perse… Un ottimo risultato per chi, a 10 giorni dall’inizio della regular season aveva meno di 7 titolari sotto contratto.



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