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Italicum a confronto. Una lista dei sistemi elettorali d’Europa

Creato il 21 gennaio 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

Il Partito Democratico ha approvato Italicum, il sistema elettorale presentata da Matteo Renzi frutto dell’intesa con Silcio Berlusconi. Portata in parlamento l’obiettivo è quello di farla approvare alle camere entro maggio.
Italicum rappresenterebbe notevoli motifiche all’attuale odiato, criticato, ma perpetuamente sfruttato Porcellum.
Sistema proporzionale basate su liste brevi bloccate a  4 candidati. Una soglia di sbarramento all’8% per chi corre da solo e al 5 per chi si presenta in coalizione.
Se una coalizione raggiungerà il 35% dei voti otterrà un premio di maggioranza che le assegnerà un massimo del 55% dei seggi. In caso contrario i primi due vincitori con più consensi si sfideranno al ballottaggio. Il premio di maggioranza per il vincitore del secondo turno sarà del 53%.
Obiettivo di questo articolo non è una critica o un dibattito sulle dinamiche o sui contenuti di tale riforma della legge elettorale; a fronte degli innumerevoli riferimenti al “modello alla francese”, “sistema spagnolo”, e così via,  pare necessario un resoconto dei principali sistemi elettorali europei. Quel meccanismo di trasformazione dei voti in seggi parlamentari.

Partiamo dal citato sistema a doppio turno alla francese. In vigore dal 1958 e allargato, tramite referendum fortemente voluto dal generale de Gaulle, alle elezioni presidenziali nel 62’, il modello francese permette una partecipazione al ballottaggio tutte le forze politiche che abbiano raggiunto un 12,5%dei voti. Ovviamente in caso di mancata vittoria assoluta di un candidato al primo turno. Peculiarità simile a quella contenuta in Italicus.
In Francia, in cui vige un sistema di governo semi-presidenziale, le elezioni portano a una predominanza dei grandi partiti politici a discapito dei piccoli. Questo per via delle suddivisione del territorio in collegi uninominali, con l’elezione di un solo candidato a seggio.

Andiamo oltre manica sbarcando a Londra. Il sistema elettorale britannico, poco menzionato da politici e media, attua un ruolo decisivo per il bipartitismo, tanto desiderato in passato nel Bel Paese, che caratterizza il Regno Unito.
Il meccanismo è abbastanza semplice. Viene diviso il territorio in tanti collegi quanti sono i seggi da attribuire, ossia 646; in ogni collegio ciascun partito presenta un solo candidato, vincerà chi avrà più voti, a prescindere dalla percentuale raggiunta. Il ruolo del Premier, figura importante e imponente nel Regno unito, sarà quasi automaticamente il leader del partito vincitore: Partito laburista o conservatore.

Passiamo ora al sistema odiato dal  Nuovo Centrodestra di Alfano, quello spagnolo. E´ stato una delle tre proposte che Renzi aveva proposto a  M5s, Forza Italia e Ncd, e pare essere molto apprezzata da Berlusconi.
La Spagna ha conosciuto la democrazia pochi anni fa. Dopo la dittatura di Franco, il 27 dicembre 1978, veniva promulgata dal sovrano, dopo un referendum popolare, la costituzione spagnola.
Le due camere hanno tipologie diverse di elezione: sistema proporzionale alla Camera (Congresso dei deputati) e maggioritario al Senato.
Viene nominato un sistema “corretto”, perché prevede meccanismo di correzioni nell’assegnazione dei seggi, i posti in parlamento. Le liste sono bloccate, e qui troviamo una somiglianza con “l’infante” italicum.
La corte costituzionale italiana ha bocciato le dinamiche di liste chiuse, ma non quelle corte (come Italicus), usate in molte democrazie del mondo.
Soglia di sbarramento fissata al 5%. L’obiettivo di tale sistema elettorale appare quello di creare coalizioni forti in grado di governare con una certa stabilità. I risultati però non sono stati sempre affini a tale prerogativa. Non sono stati rare alleanze dei partiti maggiori rivali, Partito popolare e Partito socialista con partiti di entità minore o locali.
Le dimensioni ridotte dei collegi innalza nella pratica lo sbarramento a quote molto più elevate. Gli esiti delle circoscrizioni limitate, 50 quanto le provincie, ha permesso più che altri risultati da sistema maggioritari
In parole povere il sistema spagnolo non garantisce a urne chiuse un partito vincitore saldo in grado di governare, senza il bisogno di ulteriori “larghe-intese”. Ma in teoria sì, dovrebbe farlo e questo fa paura ai partiti minori quali Scelta civica e Ncd che demonizzano tale sistema.

Concludiamo questo excursus riportando il modello di sistema elettorale del Paese che a settembre ha visto vincitrice Angela Merkel.
Si tratta di un sistema elettorale misto: proporzionale con tracce di maggioritario, simile al nostro vecchio Mattarellum. la metà dei deputati è eletta in collegi uninominali e l’altra metà sulla base di un sistema proporzionale con sbarramento (5%)
L’elezione riguarda solo una delle due camere del parlamento: il Bundestag, la camera ad elezioni popolare ogni 4 anni.
L’espressione del premier, il Cancelliere è spesso una questione di alleanze. Il partito di maggioranza relativa cerca di formare una maggioranza stabile alleandosi con uno o più partiti. Questo,  considerando il passato,  basterebbe a far tremare qualsiasi italiano.In Germania no, Il sistema elettorale e politico tedesco, garantisce governi stabili dal 1949. Solo due volte si è ricorso a elezioni anticipate, con legislature lunghe e autorevoli. L’Italia segue con 62 governi in 68 anni.

Aspettando le sorti e i risultati della legge elettorale di Renzi sorge una constatazione. Che i riferimenti a qualsiasi sistema elettorale europeo siano quasi fini a se stessi senza considerare il contesto circostante? Calcolando la “straordinarietà” del nostro Paese, ai posteri dell ‘Italicum ardua sentenza


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