Di Consiglia Grande. Ieri Palazzo Madama ha ospitato la questione sulla fiducia in tema di riforma del lavoro. Il clima di base non è stato dei migliori, a causa dell’elevato numero di protese e del malcontento generale. L’ultima di queste si è tenuta in serata quando Grasso ha richiesto una votazione sulle variazioni del calendario: gli sono stati lanciati contro fogli e regolamenti, tra cui quello del Senato. A seguito M5S e Lega hanno occupato i banchi del governo. Si è poi accertato che i fogli siano stati lanciati da Gian Marco Centinaio, capogruppo della Lega Nord, che in un certo modo ha tentato di difendersi: E’ stato un momento di nervosismo. Grasso ha fatto carta straccia del regolamento, gliel’ho lanciato, è vero, ma non volevo fargli male, ho buona mira e sapevo che non l’avrei colpito.
Ma già in mattinata le cose non erano messe meglio: a pochi minuti dall’apertura della seduta, a Palazzo Madama, era esplosa una bagarre. Il Presidente Pietro Grasso ha difatti espulso dall’aula il capogruppo del M5s Vito Petrocelli; sospendendo a seguito la seduta a causa di disordini e proteste, soprattutto da parte dei grillini, che non smettevano di interrompere Poletti, al momento del suo intervento. Petrocelli intanto pubblica su twitter di essere stato espulso per aver presentato un foglio bianco.
Successivamente si è saputo che l’espulsione è stata giustificata dallo sventolio di monetine di fronte al ministro Poletti. Stessa condotta tenuta dalla Senatrice pentastellata Rosetta Enza Bundo.
La seduta è stata poi sospesa, intorno alle 20, per consentire alla Commissione Bilancio la possibilità di esprimere il parere sugli emendamenti proposti. Intorno alle 21 poi è stato dato il verdetto più atteso: la fiducia sul Jobs Act.
Intanto passiamo in rassegna gli avvenimenti della giornata odierna. Giuliano Poletti rilancia: Il governo intende modificare il regime del reintegro così come previsto dall’articolo 18, eliminandolo per i licenziamenti economici e sostituendolo con un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità. Il tutto sembra mirato alla creazione di 83mila nuovi posti di lavoro. D’altronde la reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato sarà possibile solo nel caso dei licenziamenti discriminatori o per gravi violazioni sui disciplinari.
A seguito il Ministro della Riforme Maria Elena Boschi, nel corso della seduta, ha richiesto la fiducia sul maxiemendamento al ddl delega, affinché il contratto a tutele crescenti si dimostri più convenevole per gli oneri diretti e indiretti.
Maria Cecilia Guerra, nella minoranza del Pd, in proposito tiene a far sapere: Abbiamo accolto con grande soddisfazione il fatto che alcune delle nostre proposte di miglioramento del ddl delega siano state accolte nel maxiemendamento. Ma non basta, altri temi non trovano accoglimento nella delega. Lo potranno fare nell’esame da parte della Camera.
Ovviamente c’è qualcuno che si dimostra contrario alla vicenda: ricordiamo che fino a pochi giorni fa gli stessi bersaniani della minoranza del Pd si scontravano apertamente contro ogni tipo di modifica all’articolo 18, da sempre garanzia per il lavoratore. Al termine della giornata odierna, gli stessi bersaniani si dicono favorevoli alla fiducia. Cos’è cambiato così velocemente? In merito Rosy Bindi: Non capisco come il governo possa annunciare modifiche all’articolo 18 con i decreti legislativi in totale assenza di oggetto, principi e criteri direttivi nell’articolato della legge delega e nello stesso emendamento sul quale intende porre la fiducia. Con il voto di fiducia di oggi il governo non può sentirsi autorizzato a violare un articolo della Costituzione.
C’è d’altronde da dire che la delega istituita non citi espressamente la questione sull’articolo 18 e quindi come si potrà in serata votare anche su quello? In merito Pippo Civati: Ma se la delega non cita l’articolo 18, come farà il governo a ‘decretare’ sull’articolo 18? Prima di presentare emendamenti (che non emendano granché) e di mettere la fiducia su una legge delega vaga e imprecisa, varrebbe la pena di rileggersi l’articolo 76 della Costituzione. Inoltre la fiducia sul jobs act crea un disagio profondo a qualche senatore Pd e alcuni di loro sono pronti a dimettersi. Uno di loro di sicuro, ma il nome non lo faccio, so per certo che in dichiarazione di voto annuncerà le sue dimissioni.
Sembra che il futuro dimissionario sia Walter Tucci, che nella giornata di ieri ha pronunciato una dichiarazione di voto in cui esprimeva a pieno la sua contrarietà al Jobs Act.