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Jonata Sabbioni: quattro poesie

Creato il 24 maggio 2011 da Fabry2010
Jonata Sabbioni: quattro poesie

*

Quel nostro fatidico inverno

deve essere stato un blocco

di futuro.

Siamo esistiti una sola volta.

Se tutto deve ricominciare

come se in mezzo ci sia un respiro,

il nostro intervallo è parso un millennio.

*

 

Archeologie

C’è una fase fluida che la fabbrica attraversa

prima di ossificarsi. Con gli ex-laboratori zeppi di scarti

e ambienti morti dove tutto si accumula.

La fabbrica, uscita dall’economia, è priva di senso.

Era il luogo dove si facevano merci e valori: ora produce

il suo stesso sfasciume. E del silenzio e del disordine

assume volti mostruosi. Svaniti per sempre i tempi

del lavoro, la fabbrica resta un contenitore di roba

azzerata. Roba incarognita, deriva

verso forme bizzarre. Perché nelle cose, se abbandonate e libere

di evolversi, resta l’inorganicità selvaggia, l’inerzia senza scopo

delle trasformazioni ingestibili.

*

Sui nostri pianerottoli si trovano piante che non vedono il sole.

Nessuno le bagna mai, apparentemente.

Alcune, nel ruolo ambiguo di attore, s’appoggiano

come a sembrare morte. Ma tuttavia vivono

e vengono tenute lì. Testimoni di un’ostinazione particolare

del vivere, un eroismo silenzioso, da cui imparare

ogni volta che s’esce di casa.

Da questa serra immobile puoi guardare la porta

accostata dietro. A passi timidi, cammini una terra

di nessuno nel sospetto che non sia arca divina

la casa, né oasi inattaccata

il buio del muro.

*

Questa campagna non mi sfama.

Unisco, a ombre marchigiane, l’immagine

delle tue valli. Oltre il profilo a sinusoide c’è il sole,

e il sangue,

di un secolo vecchio.

La vita esclude la dimensione del maggese.

E noi, giù nel fondo:

salute alla nuova concimazione.

*

*

[Terzo paesaggio e non-luoghi in queste poesie di Jonata Sabbioni: la natura abbandonata dagli umani, pressochè non-natura, disabitata e laterale, inavvertita e rachitica, o i paesaggi industriali provinciali, dove la contemplazione poetica smette di essere immersione nelle forme dell'essere, coscienza e controllo dell'oikos, e diventa dispersione, spossessamento (a volte temuto), non controllo del sé (a volte sollievo). "Disordine" e "sospetto" in questi spazi, ma anche "silenzio" e "salute". E' una lirica classica in cui si rinvengono le tracce di nuove distanze: non solo quelle tra fisico e trascendente, ma anche vetri in plexiglass, separatori di ambienti che rendono 'ambiente' persino l'umano. RM]

*

Jonata Sabbioni nasce a Amandola (FM) nel 1985 e vive a Fermo. Le poesie qui pubblicate sono tratte da Al suo vero nome (L’arcolaio, Forlì, 2010), il suo primo libro.

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