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Judith Vanistendael: When David Lost His Voice – come l’attesa della morte cambia la quotidianità di una famiglia

Creato il 03 luglio 2013 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

coverL’immagine da cui partire si trova in coda al romanzo. Mostra David, il protagonista, visto di lato. Indossa un giubbotto blu. Si volta verso il lettore e sorride. Un sorriso gentile, che nasce dagli occhi grigi e si irradia da ogni ruga che solca il suo viso.
È giusto partire da qui non perché questo ritratto sintetizzi la storia, ma perché è talmente intenso da dare l’impressione di conoscere David, suscitando così l’empatia necessaria per immergersi nella lettura; leggendo scopriremo, fra l’altro, che quel giubbotto blu è quello che David usa nelle sue gite in barca. Comunque nemmeno questo particolare è importante. È semplicemente parte del personaggio.

David Lost His Voice è il secondo romanzo della belga Judith Vanistendael (il primo, Sofie e Abou, è disponibile in Italia presso Rizzoli-Lizard e racconta gli ultimi mesi di vita di David, malato terminale di cancro. Il racconto è diviso in sezioni, ognuna delle quali focalizzata su un membro della famiglia di David: Miriam, la figlia avuta dalla sua prima compagna Julia, che ha appena partorito Louise; Tamar, figlia di David e della seconda compagna Paula; Paula, la compagna attuale e, infine, David stesso. Vanistendael costruisce la narrazione in maniera lineare, accumulando piccoli episodi e raccontando con un linguaggio sobrio: l’effetto è quello di una malinconia come basso continuo dei giorni e un’efficace resa della difficoltà di realizzare la futura mancanza di David da parte dei familiari.

when david lost his voice

Tutto il racconto vive in una sorta di tempo sospeso in attesa dell’inevitabile: l’aggravarsi delle condizioni di David sono un filo rosso certo onnipresente, poiché tutti i personaggi tentano di confrontarsi con questo progresso/decadimento, ma mai plateale o patetico, grazie alla scelta dell’autrice di utilizzare silenzi e pause per i momenti in cui ne vengono mostrati gli indizi.
La trasmissione dell’intensità delle emozioni è demandata ai volti, in particolare ai grandi occhi dei personaggi femminili, e soprattutto al colore. Colori primari, densi, rare sfumature e mescolanze, che non solo definiscono nettamente le figure in un non realismo bidimensionale altamente espressivo, ma caricano ogni vignetta e tavola di energia.
È come se la ribellione contro la malattia e il destino, la voglia di vivere e di pretendere che David (amante, padre, nonno) viva, fossero trattenute, addirittura represse in una sorta di rimozione, di desiderio/bisogno di normalità, nel linguaggio e nella gestualità (soprattutto pubblica), ma trovasse la propria espressione per la via secondaria di questo caldo cromatismo che riscalda oggetti e personaggi.

tavola
L’altro strumento principe di costruzione del pathos è la definizione del ritmo della narrazione, verso cui la Vanistendael aveva già dimostrato grande sensibilità in Sophie e Abou. Il sapiente rallentamento all’interno delle scene, contrapposto alla discontinuità dei passaggi di scena. Queste due velocità (interna alle scene, lenta; di transizione, veloce) fa emergere il doppio tempo emotivo dato dal desiderio di prolungare/fermare il presente da una parte e l’inarrestabile progredire del tempo oggettivo, che è quello della malattia e della morte. In questo duplice ritmo si inseriscono momenti di crisi, di subitaneo straniamento, tentativi di razionalizzazione (i bambini che pensano di salvare l’anima di David) e di recupero della propria vita (Paula che accetta un incarico professionale in Svezia).
Tutti elementi che si succedono con estrema naturalezza, risultando in una composizione corale che, con minime eccezioni (la storia di Miriam all’inizio, per esempio, che fa pensare a un progetto policentrico, dove le storie individuali avessero ancora più spazio, delle quali David costituisse solo il file rosso, l’intersezione), rimane comunque focalizzata sulla linea narrativa principale.


Con When David Lost His Voice, che speriamo trovi un editore italiano disposto a pubblicarlo, Judith Vanistendael conferma le qualità di scrittura e sensibilità narrativa mostrate in Sophie e Abou, che si manifestano nella capacità di trasmettere intense emozioni attraverso toni equilibrati (che nel precedente lavori erano quelli della commedia) che evitano il patetismo e l’effetto dirompente, e piuttosto costruiscono atmosfera e contesto nei quali il lettore riesce ad immergersi pienamente.

Abbiamo parlato di:

When David Lost His Voice
Judith Vanistendael
Traduzione dal francese di Nora Mahony
SelfMadeHero, 2012
277 pagine, cartonato, colore – 16,99 £
ISBN: 9781906838546

Panel from When David Lost His Voice

 

NB: Questa recensione è condotta sull’edizione inglese, che traduce quella francese (Dargaud-Lombard, 2012) e non quella originale, scritta in olandese.

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