Magazine Sport

Jugoslavia 1992; gli altri. (by Teo85)

Creato il 19 agosto 2013 da Simo785

Jugoslavia 1992; gli altri. (by Teo85)

Dall’archivio del Bar Frankie, pubblicazione originale del Novembre 2012.

Il Campionato Europeo di calcio tenutosi in Svezia nell’estate del 1992 ha consegnato alla storia del calcio una delle sue favole più belle: il trionfo della Danimarca.
Gli appassionati di calcio ricorderanno sicuramente l’entusiasmante cavalcata della nazionale danese verso la conquista del titolo europeo, vivendo giornata per giornata una competizione che, fino a qualche settimana prima, i giocatori stessi avrebbero guardato in televisione da qualche paradiso tropicale.
Sì, perchè la partecipazione della Danimarca a Svezia ’92 è frutto di un ripescaggio, dovuto all’esclusione della Jugoslavia già dilaniata dal conflitto bellico.
Oggi guardiamo, per una volta, l’altra faccia della medaglia, quella che sta dall’altra parte rispetto alla felicità del trionfo inaspettato della compagine scandinava.
Lo facciamo per rendere onore ad una Nazionale composta da giocatori geniali, dotati di uno spessore tecnico secondo a nessun’altra nazionale in Europa. La decisione della UEFA di escludere i blu balcanici dall’Europeo troncò probabilmente quello che sarebbe stata la fioritura a livello di Nazionale di una corazzata.

Dopo la morte di Tito, colui che riuscì nell’impresa di fare da collante (spesso usando la forza) di varie etnie presenti sul suolo Balcanico, la situazione nella Jugoslavia si fece bollente: nel 1990 si tennero vari referendum per l’indipendenza dei vari Stati, e sarà proprio una partita di calcio, il sentitissimo derby tra la Dinamo Zagabria e la Stella Rossa di Belgrado a segnare l’inizio di una situazione che arriverà alla catastrofe negli anni successivi. Nel 1991 la Slovenia combattè la sua guerra in soli dieci giorni, ottendendo l’indipendenza senza subire perdite di grande rilievo numerico. Si dichiarò indipendente anche la Croazia, ma la parte jugoslava non ne volle sentir proprio parlare e mandò in massa le truppe dell’esercito nazionale (composto per lo più da gente di origine serba) ad invadare la nuova repubblica. Il conflitto fu sanguinoso e nel mentre la situazione degenerò anche nella regione della Bosnia Herzegovina, cuore dei Balcani, dove le etnie convivevano con gran difficoltà già dall’alba dei tempi.
In una situazione così grave riuscì, seppur per poco, a sopravvivere un ottimo calcio, e gran parte del merito fu dovuto all’abilità dei talenti messi in campo: la sopracitata Stella Rossa di Belgrado vinse la Coppa dei Campioni nel 1991, battendo in finale l’Olympique Marsiglia, nella stessa edizione in cui Galliani ritirò la squadra a causa fari spenti al Velodrome.
La Stella Rossa poteva contare su talenti del calibro di Vladimir Jugovic, Mihajlovic, del genio assoluto Savicevic e del bomber Darko Pancev, che all’epoca era seriamente un gran goleador.
Tutti questi talenti erano destinati a ripetere l’impresa anche con la maglia della nazionale, ma come avvenne la disgregazione delle varie nazioni, conseguentemente arrivò anche la separazione tra le varie Federazioni calcistiche. E così Slovenia e Croazia andarono per la loro strada lasciando Macedonia Bosnia Serbia e Montenegro al loro instabile destino.
Nonostante tutto la Jugoslavia vince il girone di qualificazione, con 14 punti su 8 partite, ruolino composto da 7 vittorie ed una sola sconfitta, chiudendo al primo posto avanti di un punto rispetto ai secondi, la Danimarca per l’appunto, vantando la migliore difesa e il miglior attacco del girone ed un biglietto da visita di tutto rispetto.
Ma i riflettori si spostarono dai campi da gioco per puntarsi sulle immagini drammatiche che ancora oggi abbiamo negli occhi: dal sanguinoso assedio di Vuckovar alle camionette fermate a Sebreniça.
I vincitori danesi devolvettero parte del premio vittoria ad un fondo di solidarietà per la guerra civile nell’ormai ex-jugoslavia. Iniziò inoltre un esodo, per chi come i calciatori, ad esempio, aveva possibilità di fuggire a quel massacro.
Ma lo sport fortunatamente non si può fermare del tutto, nemmeno con una guerra sanguinosa come fu quella dei balcani.

I talenti nascono ancora, anche se giocano oggi sotto bandiere diverse. C’è chi, come Asmir Begovic, portiere dello Stoke, trovatosi di fronte alla scelta di difendere la porta di addirittura tre nazionali ha optato per la meno nobile Bosnia. Stesso discorso va fatto per Miralem Pjanic, cittadino bosniaco con passaporto lussemburghese. Senza parlare dei vari Vucinic e Jovetic del Montenegro, Handanovic della Slovenia, Mandzuckic, Subotic, Vidic della Croazia, Pandev il macedone.
Vent’anni fa avrebbero giocato tutti con la stessa nazionale, ma in quella che è la polveriera d’Europa sembra che a volte il calcio venga drammaticamente accantonato ed usato più come giustificazione per dividersi, piuttosto che per compattarsi.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :