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Il suo programma è la rivendicazione di quanto fatto dal predecessore, Sergio Chiamparino, molto amato in città grazie alle Olimpiadi del 2006, evento che avrebbe reso simpatico anche Borghezio. Purtroppo l’eredità olimpica oggi è lontana e la città langue tra la chiusura della Fiat e l’apertura di megastore che dovrebbero prenderne il posto. Questo è il desolante stato dell’arte. La destra ha presentato un volto nuovo, Michele Coppola, poco amato dalla Lega che non dà pensiero all’ultimo segretario dei Ds. Una coalizione, quella che sostiene Fassino, di cui non fa parte il Prc, che ieri ha ufficializzato la sua candidatura a primo cittadino: Juri Bossuto. Una candidatura non per esprimere il prossimo sindaco ovviamente, ma per essere nei prossimi cinque anni un argine alla deriva.
Torinese, quarantasei anni, laureato in giurisprudenza è stato presidente della Circoscrizione due Santa Rita-Mirafiori e consigliere regionale nella passata legislatura. Dopo il tormentone Airaudo sì Airaudo no il Prc ha scelto la carta della scommessa. Bossuto viene preferito a tenace Castronovo, compagno che ha ben lavorato alla presidenza del Consiglio comunale, dove per cinque anni ha tenuto testa alle mattane del sindaco Chiamaparino. Un volto meno noto quindi per un percorso da rifondare. Bossuto dovrebbe essere espressione di tutta la FdS, mentre l’adesione di Sinistra Critica e altre liste civiche è ancora oggetto di discussione. L’eventuale assenza della sinistr nel prossimo consiglio comunale sarà eventualmente figlia di visioni irresponsabili, basti pensare che se si votasse oggi sulla scheda elettorale sarebbero presenti quattro (4) simboli comunisti con falce e martello.
“Quella di Bossuto è una candidatura per unire la sinistra anticapitalista purtroppo ancora troppo frammentata.” Questo il commento di Renato Patrito al termine del consiglio federale che si è espresso a a favore di Juri Bossuto.
Bossuto, il suo primo pensiero da candidato sindaco.
Senza dubbio il lavoro e Mirafiori. Sono nato nel quartiere della Fiat e da sempre ho visto scorrere la vita della fabbrica. Oggi la marea di lavoratori è divenuta rigagnolo. Torino deve rivalutare questa storica risorsa, concentrarsi maggiormente sulla produzione industriale, sulla fabbrica e l’indotto.
Bello. Come?
Di sicuro l’idea di abbattere un pezzo di Fiat e trasformarlo in un mega centro commerciale non va in questa direzione. Lo sviluppo della città deve essere legato alla produzione e non al consumo. Prima o poi le rendite di posizione finiscono e un’economia basata solo sul commercio senza produzione non dura. Quanto gli enti pubblici comprarono nel 2005 settantamila metri quadri della Fiat, per salvarla, l’idea era ben diversa da cosa si vuole fare oggi. A Parigi questo sta accadendo. Anche da noi è possibile. Le risorse ci sono. Il problema è che le istituzioni devono resistere, come farei io se potessi, alle sirene di soluzione populiste. Noi dobbiamo tenere duro e puntare sulla ricerca, sui giovani laureati, sullo sviluppo di tecnologie che poi possano essere sportate in tutto il mondo.
E quindi cosa si fa? Si torna dal droghiere a fare la spesa?
E’ un passo controcorrente ma necessario. Le vie delle città non devono svuotarsi dei negozi, delle luci, del via vai legato al piccolo commercio. Io penso che la città sia percepita insicura proprio perché si sta svuotando. Al posto delle ronde e del poliziotto di quartiere la vita. E’ anche più bello, no? Certo che se il massimo progetto di sviluppo della città è un centro commerciale al posto della Fiat non potremo lamentarci poi che il problema sicurezza sia sempre più sentito: ma per il semplice fatto che la città diventa un deserto.
Primo punto del tuo programma.
La fiducia. E’ una risorsa immateriale, è vero. Ma senza non andiamo da nessuna parte. Secondo: lotta alla delocalizzazioni selvagge. Chi scappa per il mondo con il malloppo di soldi pubblici perché vuole maggiore profitti deve cacciare indietro i denari dei cittadini. E’ un rischio per molti aspetti, ma la misura ormai è colma, siamo di fronte ad esempi tremendi che dovrebbero essere sanzionati. Quarto: rilancio delle risorse legate al settore Gioventù, duramente tagliate negli ultimi anni. Progetti di quartiere e aiuto alle cooperative sociali che operano sul territorio devono essere potenziati. Quinto: inclusione. Torino dopo la seconda guerra mondiale era un quinto di quanto è adesso. Sono arrivati in tanti e hanno portato ricchezza materiale e culturale. Certo senza dimenticare il rispetto delle regole. Ma noi abbiamo bisogno di nuovi volti, nuove idee, nuovi valori. Ragazzi, se Torino è una città che langue è perché è mancato il coraggio delle idee nuove.
Molti no nel tuo programma…
Diciamo sempre ai nostri figli che sono i No che fanno crescere. Dire sì ad un megastore dentro la Fiat, anche di dimensioni ridotte come adesso sta tentando di rassicurare Chiamparino ed il Pd, è dire No ad un futuro industriale a Torino. Dire No alla Tav significa liberare risorse per le infrastrutture locali, per il trasporto pubblico. Bloccare l’espansione, anche nel pieno della città, di nuovi insediamenti commerciali significa rilanciare il commercio locale, la produzione locale, il consumo locale: significa stare meglio per tutti coloro che vivono un territorio. Ripeto, sono i no che fanno crescere tavolta.
Come sarà la tua campagna elettorale?
Sarà fuori, per strada. Vorrei che fosse anche allegra, fantasiosa, coordinata da giovani che hanno voglia di fare una esperienza nuova, di imparare qualcosa. Se qualcuno ci crede e vuole dare una mano è il benvenuto.
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